L’anno che sta per concludersi fa ben sperare per il futuro dell’energia solare. I dati globali sul fotovoltaico crescono, gli esempi positivi si moltiplicano. Sebbene resti molto lavoro da fare, seguire il sole ci manterrà sulla strada giusta.
Cos’è la carbon tax
Spieghiamo la carbon tax, il meccanismo di funzionamento e le basi economiche e di politica ambientale su cui poggia. Con un riassunto delle principali esperienze estere e le potenzialità.
Alla luce del della recente delibera al CIPE torna
d’attualità il possibile ricorso a strumenti di
fiscalità (green taxes) al fine di preservare e garantire
l’equilibrio ambientale.
La carbon tax è la tassa sulle risorse
energetiche che emettono biossido di carbonio in atmosfera.
È un’ecotassa volta ad incorporare i costi intrinseci degli
effetti dei gas serra sull’ambiente che, secondo gli economisti,
dovrebbe portare ad un’automatica regolamentazione del mercato.
Dato che è indirizzata contro un comportamento negativo,
è classificata come tassa Pigouviana (dal nome di Arthur
Cecil Pigou che per primo propose una soluzione al problema dei
costi pubblici).
L’UE ha discusso una Carbon Tax per i suoi stati membri, oltre ad
una Emission Trading sul Carbonio che è iniziata nel
2005.
Tuttavia i sistemi di Emissions Trading si discostano dalla Carbon
Tax poiché:
• il pagamento per le emissioni non è riscosso da un
organo di governo
• il prezzo per unità di emissione non è fissato
come nei sistemi si tassazione, ma piuttosto come un prezzo di
mercato che fluttua.
Nella teoria economica, l’inquinamento è considerato
un’esternalità negativa che rappresenta parte del
costo sociale di produzione che non è compreso nel costo
privato dei produttori. Come risultato le aziende considererebbero
meno costoso inquinare che trovare altri mezzi di produzione
perché non tutti i costi di produzione sono stati
“internalizzati”. Per risolvere questo problema, Pigou propose una
tassa sulla merce, la cui produzione era la causa delle
esternalità negative che riflettevano i costi di produzione
sulla società, quindi internalizzando tutti i costi legati
alla produzione di merci. La carbon tax è una tassa
indiretta in opposizione alle tasse dirette, come le entrate
fiscali. Le esternalità sono la causa del fallimento del
mercato poiché ostacolano l’uso efficiente del bene pubblico
(risorse ambientali) facendo cadere sulla società il costo
ambientale “generato” dall’inquinatore.
Gli strumenti di politica ambientale sono il
meccanismo volto a far si che il soggetto inquinatore osservi le
richieste fatte dalle autorità di controllo. Esse si
dividono in 3 categorie:
• Strumenti volontari (es. Emas, Iso 14000)
• Standard regolativi. Sono in genere suddivisibili in 4
tipologie standard di emissione, di processo, di qualità e
di prodotto. Pur regolando standard di efficienza i limiti sono
legati al fatto che non diversificano le diverse realtà e
non costituiscono un incentivo all’attuazione di meccanismi
virtuosi
• Strumenti economici. Rappresentano la modifica dei prezzi di
beni e servizi per mezzo di azioni governative che impattano sui
costi di produzione e consumo. Si distinguono 2 tipologie di
strumenti: gli incentivi/sovvenzioni/sussidi e le tasse, preferite
dagli economisti perché sono più eque e riducono le
barriere all’entrata favorendo l’elasticità alla domanda. A
questa categoria appartiene anche la Carbon Tax Lo scopo di una
Carbon Tax è quindi sia finanziario che ambientale.
Tipologie speciali di Carbon Taxes
includono:
• Carbon Tax ottimale
• Carbon Tax sul valore a rischio
Propositi economici
Assumendo le
esternalità negative associate alla produzione di biossido
di carbonio, una tassa globale sulle emissioni di anidride
carbonica provocherebbe miglioramenti sull’efficienza economica in
proporzione al non spreco delle entrate. Il raggiungimento degli
obiettivi desiderati con l’introduzione di una Carbon Tax impone
che questa venga applicata a livello macro e associata ad altri
meccanismi virtuosi quali l’Emission Trading. Per esempio, se gli
USA imponessero una Carbon Tax, molte industrie ad alto consumo
energetico migrerebbero semplicemente in nazioni senza Carbon Tax,
e molte di queste sarebbero Stati in via di sviluppo che sono
drammaticamente meno efficienti dal punto di vista energetico.
Questo provocherebbe semplicemente una sostanziale stagnazione
economica degli Stati Uniti senza miglioramenti nelle emissioni di
biossido di carbonio.
Molti economisti ritengono che una Carbon Tax imposta su una base
meno che globale avrebbe tuttalpiù un impatto nullo sulle
emissioni inquinanti mondiali e causerebbe semplicemente la
stagnazione economica dei Paesi che la imponessero.
Esperienze all’estero
Il 1 gennaio 1991, la
Svezia ha imposto una Carbon Tax di 25 SEK/kg ($100 per tonnellata)
sull’uso di petrolio, carbone, gas naturale e altri combustibili
inquinanti. Gli utenti industriali pagano la metà del tasso,
ed alcune industrie ad alto consumo come l’orticultura commerciale,
la manifattura ed le cartiere furono totalmente esentate da queste
nuove tasse. Nel 1997 il tasso fu incrementato a 365 SEK/kg ($150
per tonnellata) di CO2 emesso.
Finlandia, Paesi Bassi e Norvegia introdussero anch’esse Carbon
Taxes negli anni ’90.
Nel 2005 la Nuova Zelanda propose una Carbon Tax, stabilendo un
prezzo di emissione di NZ$15 per tonnellata equivalente di CO2.
Essa doveva entrare in vigore dall’aprile 2007 e fu applicata ai
maggiori settori economici ma concesse un’esenzione per le
emissioni di metano da parte dei contadini e previde esenzioni
speciali per i grandi consumatori di carbone a patto che
adottassero gli standards di emissione previsti dal
world’s-best-practice. Dopo le elezioni politiche del 2005, i
partiti minori che appoggiavano il Governo si opposero alla tassa
che fu abbandonata nel dicembre 2005. Il governo sostenne che la
tassa non sarebbe servita a ridurre le emissioni.
Il Presidente degli stati Uniti, Bill Clinton propose una BTU Tax
che non fu mai adottata. Il suo Vice Presidente, Al Gore, ha
fortemente sostenuto l’imposizione di una Carbon Tax nel suo libro
Earth in the Balance, messaggio non colto dagli avversari
Repubblicani.
Stato dell’arte in Italia e possibili dinamiche
d’applicazione
In Italia la Carbon Tax è stata
introdotta (ma mai applicata) con l’art. 8 della legge n. 448 del
23 dicembre 1998, secondo le conclusioni della Conferenza di Kyoto
svoltasi dall’1 all’11 dicembre 1997. Il 16 aprile 2012 il
Consiglio dei Ministri ha approvato il disegno di legge sulla
delega fiscale, diviso in 3 diverse aree di cui una dedicata al
riordino della tassazione ambientale al fine di promuovere la
crescita e l’internalizzazione dei costi ambientali nei costi di
produzione. Le intenzioni del Ministero dell’Ambiente sono quelle
di destinare il gettito fiscale conseguente l’introduzione della
Carbon Tax al sistema di finanziamento delle fonti rinnovabili.
E’ particolarmente interessante non solo l’approccio di
ridistribuzione del carico della tassazione per la promozioni delle
fonti energetiche rinnovabili, ma anche il fatto che questo
processo non comporterà un aumento della pressione fiscale
in quanto la delega verrà attuata a parità di gettito
e porterà ad un riordino della fiscalità al fine di
preservare e garantire l’equilibrio ambientale.
Dalla Carbon Tax saranno esclusi settori già
compresi nell’Emission Trading Scheme, mentre gli altri
settori saranno coinvolti nella logica “chi inquina paga”. I
proventi della Carbon Tax andranno destinati al sostegno degli
investimenti pubblici e privati nella riduzione
dell’intensità di Carbonio nell’economia, anche attraverso
il potenziamento del ” Fondo Rotativo del Protocollo di Kyoto”.
Tale meccanismo rappresenterà un valido incentivo per il
raggiungimento del Piano 20-20-20, rappresentante l’obiettivo
europeo per il post Kyoto.
La roadmap europea è volta all’affermazione
del ruolo trainante del Vecchio Continente in tema di economia
ambientale e punta al superamento degli obiettivi standard elevando
l’obiettivo al 2020 ad una riduzione di CO2 del 25%, del 40% al
2030, del 60% al 2040 e dell’80% al 2050 rispetto ai livelli del
1990.
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