Pubblicate nella notte le nuove bozze di lavoro alla Cop29 di Baku, compresa quella sulla finanza climatica. Strada ancora in salita.
Costa Rica e Australia, buoni e cattivi dei cambiamenti climatici
Il futuro del nostro pianeta dipende dalle azioni che i paesi, grandi e piccoli, intraprendono per ridurre le emissioni. Ci sono stati virtuosi ma anche chi è rimasto indietro.
Costa Rica e Australia sono agli antipodi, non solo geograficamente, ma anche per quanto riguarda l’impatto ambientale. Il piccolo stato centroamericano, famoso per le spiagge paradisiache e le foreste lussureggianti e ricche di biodiversità, si alimenta in prevalenza con energie rinnovabili e influisce in maniera irrisoria ai cambiamenti climatici.
Nonostante l’impatto minimo che un piccolo paese come la Costa Rica potrebbe avere sul clima globale, il governo considera una priorità la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra. Nel primo trimestre del 2015 la Costa Rica ha generato interamente la sua energia da fonti rinnovabili con la combinazione di geotermico e idroelettrico.
L’Australia, al contrario, è la nazione che genera più emissioni di CO2 pro capite al mondo, arrivando quasi al livello degli Stati Uniti. È evidente che risulta difficile paragonare una piccola nazione come la Costa Rica all’Australia, il sesto paese più vasto del globo, eppure vengono imputate al governo australiano la mancanza di ambizione della Costa Rica e una politica di riduzione delle emissioni poco efficace.
Nel 2011 i costaricani hanno prodotto un decimo delle emissioni di CO2 pro capite (1,7 tonnellate) degli australiani (16,5 tonnellate). Anziché crogiolarsi nei notevoli risultati conseguiti la Costa Rica mira a ridurre ulteriormente il proprio impatto, l’obiettivo da raggiungere entro il 2021 è di essere il primo dell’emisfero sud “carbon neutral”, in grado di compensare il totale delle emissioni di CO2.
L’Australia invece non sta riducendo le emissioni e l’ormai ex primo ministro Tony Abbott, lo scorso anno, ha abrogato la carbon tax. L’Australia è un paese ricco di grandi giacimenti di carbone, il quale ha un grosso impatto sull’economia e sulla politica, mentre la Costa Rica, che vanta la più alta densità di biodiversità del mondo, è all’avanguardia nella tutela dell’ambiente e nelle battaglie ambientali.
Costa Rica e Australia sono dunque le due facce della lotta ai cambiamenti climatici e ci ricordano che questa è una sfida che tutte le nazioni devono raccogliere, non solo Stati Uniti, Cina e India, i tre paesi che generano le maggiori quantità di emissioni inquinanti.
La Cop 21, la Conferenza sul clima che si svolgerà a Parigi dal 30 novembre all’11 dicembre 2015, è ormai alle porte e l’obiettivo di fissare l’innalzamento della temperatura globale sotto i 2 gradi sembra ancora lontano. In questa corsa contro il tempo per ridurre le emissioni mondiali anche i paesi più piccoli, come la Costa Rica, possono ricoprire in ruolo fondamentale.
Possono dimostrare agli altri piccoli stati che la strada della sostenibilità è percorribile e possono essere di esempio alle grandi nazioni, inducendole a fare di più. “L’argomento che i piccoli paesi non possono fare nulla per il clima non regge – ha dichiarato Niklas Hohne, socio fondatore del NewClimate Institute della Germania. – Se fanno la cosa giusta, possono fare una grande differenza”.
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