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Quando sette minuti sono troppi
Il portavoce di Amnesty International Italia ha voluto chiarire la posizione della sezione nazionale sulla questione delle misure per combattere la Covid-19. Da condividere solo dopo aver letto.
Questo commento nasce dopo la strumentalizzazione che molte persone hanno fatto, in particolare sui social network, della posizione di Amnesty International Italia sulle misure adottate dal governo per combattere la Covid-19. Per questo abbiamo chiesto al portavoce italiano se avesse voluto commentare ulteriormente una situazione che nulla aveva a che fare con le reali intenzioni dell’organizzazione. Il risultato lo trovate di seguito.
Dalla sera di venerdì 14 gennaio, Amnesty International Italia si è trovata circondata da nuovi, entusiasti “sostenitori”: persone che fino al giorno prima la definivano al servizio dell’agenda migratoria di Soros, pagata dalla Cia, appartenente al partito dell’anti-polizia, improvvisamente ne hanno elogiato il coraggio e l’impegno indefesso in favore dei diritti umani. E questi “sostenitori” continuano ad aumentare.
Cosa ha provocato questo cortocircuito? Una dichiarazione intitolata Posizione di Amnesty International Italia sulle misure adottate dal governo per combattere la Covid-19”.
Una dichiarazione lunga, complessa, articolata su più punti, piena di riferimenti normativi e di richiami agli standard internazionali sui diritti umani. Il suo difetto? Tempo di lettura stimato: sette minuti.
Troppi per i tempi della propaganda contemporanea, che cerca “parole chiave”, le isola dal contesto, scompone frasi e nel giro di pochi secondi pubblica “la verità”.
In quella dichiarazione c’è un costante richiamo ai principi di necessità, proporzionalità, temporaneità che dovrebbero essere sempre rispettati anche in uno stato di eccezione.
Abbiamo scritto che un prolungamento oltre marzo 2022 dello stato d’emergenza – una situazione che di per sé produce un infragilimento dei diritti – si collocherebbe al di là di quei principi; così come supererebbero quel limite obblighi generalizzati e duraturi nel tempo, riferiti tanto ai vaccini quanto agli attestati di non contagiosità.
Una risposta efficace a una crisi sanitaria globale senza precedenti come quella attuale non dovrebbe far entrare in conflitto diritti costituzionalmente garantiti, come la salute e il lavoro e, come ultima risorsa, quel conflitto dovrebbe avere una durata strettamente necessaria. Ci siamo permessi di scrivere questo.
Abbiamo richiamato l’obbligo dello stato a garantire cure mediche in modo imparziale, con particolare riferimento ai malati gravi non-Covid. Abbiamo criticato la direttiva n. 11001/110(32) del 10 novembre 2021 sul divieto di svolgere manifestazioni in luoghi centrali, un provvedimento già adottato in altri paesi per depotenziare l’impatto delle proteste confinandole in spazi periferici. Abbiamo preso le difese dei giornalisti, che più volte sono stati aggrediti, picchiati e minacciati solo perché svolgevano il loro lavoro.
Il nostro errore è di aver scritto tutto questo pretendendo che lettori e lettrici si prendessero sette minuti di tempo, o magari quattordici o persino ventuno se qualcosa non fosse stato chiaro. Troppo, vero?
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