Rispetto a suo nonno, un bambino nato nel 2020 è più esposto a caldo estremo, incendi, alluvioni. L’appello di Save the children in vista della Cop 26.
La crisi climatica è la logica conseguenza di un modello di sviluppo che, da secoli, sottrae risorse al Pianeta senza curarsi delle conseguenze. È la logica conseguenza dei nostri consumi smodati, della nostra dipendenza dai combustibili fossili, dei miliardi elargiti ai colossi petroliferi. A pagare il prezzo più alto però saranno le future generazioni. Cioè coloro che, di tutto questo, non hanno alcuna colpa. A dirlo è la ong Save the children con un nuovo report in titolato Nati in crisi climatica: perché dobbiamo agire subito per proteggere i diritti dei bambini, realizzato in collaborazione con un team di ricercatori coordinato dall’università Vrije di Bruxelles e pubblicato anche da Science.
I bambini sono più esposti alla crisi climatica
Gli studiosi hanno fatto alcune proiezioni basandosi sulle Nationally determined contributions (Ndc), cioè sulle promesse di riduzione delle emissioni sottoposte alle Nazioni Unite dai governi di tutto il mondo a seguito della firma dell’Accordo di Parigi. Promesse drammaticamente inadeguate, come la stessa Onu ha già ribadito più volte. Save the children lo dimostra ipotizzando le vite di due persone diverse, un bambino nato nel 2020 e suo nonno nato nel 1960. Tra i due, il bambino rischia di subire ondate di calore quasi 7 volte più spesso. Non solo: rischia di assistere al doppio degli incendi devastanti, di subire 2,6 volte in più le ondate di siccità e quasi tre volte in più le piene dei fiumi e la perdita dei raccolti agricoli.
FEATURED: @washingtonpost "The Save the Children report calls for communities, countries and global institutions like the U.N. to give young people a greater role in setting climate policy." https://t.co/6uVm3LWSDS
Questi per giunta sono soltanto dati medi, ma nei cambiamenti climatici non c’è nessuna equità. Se mettiamo in ordine gli Stati sulla base della loro ricchezza, scopriamo che quelli nella prima metà della classifica sono responsabili dell’86 per cento delle emissioni di CO2 cumulative. Nonostante ciò, è chi abita nei paesi più poveri a patire le conseguenze più pesanti.
Qualche esempio? Dopo le inondazioni del 2010 in Pakistan, il 24 per cento delle bambine al sesto anno di studi ha abbandonato la scuola, contro il 6 per cento dei bambini. Nell’Africa orientale e meridionale, già in questi anni 33 milioni di persone si sono trovate in una situazione di emergenza per la scarsità di cibo. Di questi, oltre 16 milioni sono bambini. Chi è nato nel 2020 nell’Africa subsahariana ha 2,6 volte le probabilità di subire la perdita dei raccolti rispetto a chi è nato nel 1960. Un probabilità che arriva a 9,9 volte in un paese come il Mali, dove i progressi fatti nel contrasto al rachitismo (meno 36 per cento dal 2000) rischiano già di essere vanificati dall’impatto del clima.
L’appello di Save the children in occasione della Cop 26
Il report è stato pubblicato alla vigilia di Youth4Climate: drive ambition, il summit che vedrà riuniti a Milano quattrocento ragazzi, seguito a sua volta dalla pre-Cop 26. E non è un caso, perché proprio i delegati presenti alla Cop 26 hanno l’immensa responsabilità di prendere decisioni serie e immediate contro i cambiamenti climatici. “Possiamo ribaltare la situazione, ma dobbiamo ascoltare i bambini e passare all’azione per limitare l’aumento della temperatura globale a 1,5 gradi e dare molta più speranza ai bambini che non sono ancora nati” ha dichiarato Inger Ashing, Ceo di Save the Children International.
Non tutto è perduto, sottolinea il report. Restare entro la soglia degli 1,5 gradi centigradi significa ridurre del 45 per cento la probabilità che i bimbi di oggi subiscano ondate di calore, del 39 per cento la probabilità di siccità, del 38 per cento quella di piene dei fiumi, del 28 per cento di perdita dei raccolti e del 10 per cento di incendi.
La comunità energetica nata all’inizio degli anni Duemila è diventata un porto sicuro nella Florida esposta alla minaccia degli uragani, grazie a una pianificazione efficiente basata su innovazione e fonti rinnovabili.
Attorno alle 2:30 di notte ora italiana l’uragano Milton ha raggiunto il territorio della Florida, negli Stati Uniti, preceduto da una raffica di tornado.