Circa 40.000 persone hanno sostenuto le richieste indigene, che si oppongono a un progetto di revisione del trattato fondativo della Nuova Zelanda.
Il tempo sospeso della crisi ucraina
La possibilità di un’invasione russa ha sconvolto i piani dei suoi abitanti. La crisi ucraina raccontata da uomini, donne e soldati.
Karlivka è un villaggio di poco più di 400 persone a circa 12 chilometri da Donetsk. Ci si arriva dalla capitale Kiev con una traversata in treno di 8 ore e, una volta arrivati a Dnipro, con circa 5 ore di macchina. Le strade per arrivare al villaggio sono completamente martoriate dai cingoli dei mezzi militari, dai colpi di mortai e razzi, dal peso di 8 anni di crisi ucraina “a bassa intensità”. Tutto intorno domina il grigio, tra neve e nebbia, che rende il viaggio uniforme ad un’estetica che combacia con lo stato di tensione di queste settimane. A Pisky, periferia dell’autoproclamata repubblica di Donetsk troviamo la brigata dei cecchini “Smile” facenti parte della cinquantottesima brigata motorizzata dell’esercito ucraino.
Uno sguardo sulla brigata ucraina
L’accoglienza è fatta in cucina, con un borsch (la popolare zuppa ucraina) e le parole del comandante Sergej Varakin che vengono scandite nell’attenzione generale del gruppo di soldati, uomini e donne, che hanno scelto di difendere il loro paese volontariamente, mettendo a disposizione parte del loro stipendio per l’ammodernamento delle loro armi e attrezzature. All’interno della brigata troviamo Andrew, un soldato di 26 anni che dopo i tre mesi di addestramento è ora un cecchino professionista: “Quando ci vedono, sono già morti”. Il suo sguardo nasconde una malinconia profonda sorretta dalla sua determinazione e dalla speranza che il conflitto finisca quanto prima.
Nella camera del sergente Nataliya Borisovska, 33 anni, ci si muove tra i peluche e i poster attaccati al muro con l’impressione di entrare in una stanza di un’adolescente. Sprofonda nella sua memoria con parole che raccontano di come abbia deciso a soli vent’anni di entrare nell’esercito regolare e, successivamente all’annessione della Crimea da parte della Russia, abbia preso la decisione di voler andare a combattere i separatisti e le milizie filo-russe in prima linea.
Ha con sé un gatto affettuoso, e mentre si trucca racconta storie di centinaia di soldati uccisi o feriti ammettendo di scegliere di non ricordare gli anniversari di quelle morti, di far uso di calmanti per spingere dentro il suo dolore e continuare a lavorare in brigata senza permettere ai suoi sentimenti di avere la meglio sul suo lavoro. “È rimasto tutto dentro di me, dipingo e scrivo poesie per far uscire un po’ del dolore che ho dentro”, racconta mentre accarezza un gatto forse inconsapevole del suo importante ruolo come compagno di viaggio.
La crisi ucraina vista da Kiev
Mentre il fronte continua ad essere imbiancato, a Kiev la neve delle ultime settimane cerca timidamente di sciogliersi nelle strade. I civili hanno a disposizione su Google Maps le posizioni di tutti i bunker antiaerei messi a disposizione dalla municipalità, alcuni dei quali di chiara origine sovietica, dei veri e propri musei della guerra sotterranei. Uliana accende il giradischi che ha posizionato all’interno della sua artgallery e sceglie un 33 giri di Domenico Modugno come colonna sonora per la sua intervista: ha poco più di 30 anni e ha scelto di non arruolarsi per stare vicino a sua madre.
Anche se la situazione di tensione dura ormai da 8 anni, il clima delle ultime settimane la preoccupa non poco, la sua abitazione si trova vicino a una caserma e sta cercando un posto dove spostarsi finché l’allarme di un possibile bombardamento sulla capitale non si sia completamente placato. Uliana lavora inoltre come traduttrice, aiutando i giornalisti a capire cosa succede nel paese e le associazioni non governative ad occuparsi dei veterani che fanno ritorno dal fronte, molte volte feriti o mutilati.
Nella stessa struttura che accoglie la galleria d’arte di Uliana si trova lo studio di pittura di Anna, una ragazza di 21 anni che canalizza tutta la sua energia nei suoi quadri, il suo sorriso unito a una splendida giornata di sole rende ancora più ingiusto pensare ad un possibile conflitto in larga scala.
Molti di questi ragazzi hanno vissuto sulla loro pelle le proteste di Maidan, dopo la fuga del l’ex presidente Viktor Janukovyč nel marzo 2014 e il massacro di Odessa, il sentimento popolare si è reso ancora più unito e combattivo. Lungo le mura della cattedrale di Santa Sofia, più di duemila fotografie ricordano i caduti di questa guerra. Tanti sono i civili che passeggiano lungo questa interminabile fila di fotografie, fermandosi lì dove lo sguardo riconosce un volto e il dolore aumenta.
In uno dei palazzetti dello sport della capitale, Тарас sprona la sua squadra di basket a giocare al meglio. Tutti gli atleti sono veterani che hanno subito l’amputazione di una o più gambe e si gioca in carrozzina spostando il gioco da una parte all’altra del campo tra il rumore delle gomme e le urla di gioco. Tra gli uomini e le donne, soldati e volontari rimasti gravemente feriti in questi lunghi anni di combattimenti si cerca di ritornare alla vita attraverso lo sport.
Una sportiva presente da tempo a tutti gli allenamenti è Yana Zinkevych, ex medico volontario, comandante a soli venti anni di un team di medici tutti uomini e poi di un battaglione medico. Una eroina di guerra pluridecorata che ha salvato più di duecento soldati feriti al fronte. Nel 2015 ha perso una gamba in seguito a un incidente stradale. Oggi è una deputata nel parlamento ucraino e con la sua squadra parteciperà agli Invictus games, un evento sportivo internazionale che prevede la competizione tra veterani di guerra con disabilità permanenti.
Crisi ucraina, l’unica speranza è che vinca la pace
Le informazioni che arrivano a Kiev dal fronte sembrano parlare di un conflitto imminente. A Schastya nella regione del Luhans’k la prima linea dei militari ucraini si trova faccia a faccia con i cosiddetti separatisti russi, a 500 metri l’uno dall’altro. Per arrivare nella postazione più avanzata è necessario navigare un fiume attraverso una piccola imbarcazione militare spostata da un silenzioso motore elettrico, a terra, due militari armati controllano continuamente la presenza di nemici mentre con il piccolo scafo ci si avvicina alla terraferma in una tempesta di neve che copre solo momentaneamente i colori militari delle divise indossate dai soldati.
Il responsabile dell’ufficio stampa ha 23 anni, la fotocamera mimetica al collo è l’arma meno pericolosa che può utilizzare, il suo corpo minuto parla come un uomo mentre mostra con orgoglio una sorta di sauna auto-costruita dal battaglione per ricreare un ambiente di svago e relax durante i lunghi periodi al fronte. La sauna, insieme al cibo e ai numerosi cani randagi presenti sembrano delicati appigli morali e psicologici dove aggrapparsi nei momenti più difficili.
Ognuno dei soldati presenti nelle prime linee sa di essere tra i primi a cadere in caso che il conflitto si intensifichi, uno di loro chiede una ritratto sorridente per la mamma che vive in Italia, ad Ancona. “Ti prego dille che sto bene”, sussurra mentre fa il cenno di vittoria con le dita rosse dal freddo. Nel ristorante “Il siciliano” a Kiev, lo chef Michele cerca di avere informazioni sulla crisi ucraina in atto, ha aperto il suo ristorante a dicembre sperando nella fine della pandemia e si ritrova a fare i conti con lo spettro della guerra. “Finché non bombardano non me ne vado” dice con la voce di chi ha fatto della fatalità uno stile di vita, “Cosa vogliono fare? Bombardare? Ammazzarci tutti? Sarebbe una strage… non è possibile”.
La seconda parte del reportage realizzato da Michele Cirillo sulla crisi ucraina verrà pubblicata lunedì prossimo e racconterà la storia del primo centro di riabilitazione mentale per veterani in Ucraina.
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