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Il diritto di curare la propria salute mentale
Prendersi cura della propria salute mentale è un diritto di tutti. Emergency si impegna a garantire supporto psicologico anche a chi è più in difficoltà.
Respirare, bere, mangiare e dormire fanno parte dei bisogni primari dell’uomo, imprescindibili per la sua sopravvivenza. L’essere umano riconosce quando deve nutrirsi, quando ha necessità di riposarsi e di dissetarsi, risulta più difficile capire, invece, quando c’è bisogno di prendersi cura della propria salute, in particolare della propria salute mentale.
L’importanza di migliorare la propria salute mentale
Laura Serri, psicoterapeuta e coordinatrice dello sportello di supporto psicologico dei progetti Emergency, spiega bene questo gap: “A volte si dà la priorità ad altre cose ma in realtà se io non funziono bene dal punto di vista psichico, oltre a pensare di non avere il diritto di stare bene mi abituo a vivere in una condizione di continuo malessere pensando che questo sia normale” – continua la psicoterapeuta – “Il disagio psicologico può essere molto limitante perché condiziona tutte le aree della nostra vita, da quella individuale a quelle socio-relazionale, impedendoci inoltre di avere la capacità di progettare il futuro. Usando una metafora è come se si vivesse perennemente con il freno a mano tirato”. Negli ultimi anni, soprattutto con il trauma post pandemico, la salute mentale ha smesso di essere un tabù e ha iniziato a farsi spazio nella coscienza comune l’importanza di curare non solo il proprio corpo ma anche la propria mente.
Emergency nel suo concetto di diritto alla cura per ogni essere umano, ha sempre compreso l’importanza di garantire il benessere delle persone, anche dal punto di vista psicologico, rimanendo fedele a quei principi di eguaglianza, qualità delle cure e responsabilità sociale perseguiti fin dalla sua nascita. A partire dal 2015, infatti, ha maturato questo tipo di sensibilità e ha introdotto la figura dello psicoterapeuta in affiancamento a medici, infermieri e mediatori culturali che lavoravano nelle zone calde dell’accoglienza ai migranti, come la Sicilia Orientale. L’input iniziale era arrivato direttamente da parte dei medici che avevano notato come l’aspetto di vulnerabilità psicologica fosse uno dei punti in comune per la maggior parte delle persone che venivano visitate e che una delle necessità più frequenti si muoveva sempre di più verso il supporto psicologico. Per questo nel 2016, nei progetti di Emergency in Sicilia si è iniziato a creare un servizio di psicologia più strutturato, direttamente in banchina, con un iter molto più preciso: la persona accolta aveva un primo incontro con il mediatore culturale, passava poi dall’ambulatorio medico e successivamente arrivava dallo psicologo. Laura Serri racconta come in quegli anni l’arrivo di minori stranieri non accompagnati fosse di un numero ingente e che, data la frequenza degli sbarchi: “iniziano a nascere nei territori siciliani, ma non solo, comunità di accoglienza grazie alle quali è stato possibile svolgere delle attività di follow up, non solo per assicurarsi che i minori fossero in luoghi sicuri ma anche per assicurarsi che venissero presi in carico dal punto di vista psicologico, come previsto dalla normativa dell’epoca. In alcuni casi si continuava con il lavoro di supporto psicologico”.
Gli sportelli di supporto psicologico
L’evidente necessità fa sì che si inizi a delineare, dopo l’esperienza siciliana, un percorso di sostegno di questo tipo per le fasce più vulnerabili della popolazione in cura da Emergency che non verrà più abbandonato. Si aprono così – all’interno del più ampio Programma Italia di Emergency – degli sportelli di supporto psicologico, fissi o mobili, che vengono supportati anche grazie allo sforzo di psicologi volontari dell’Associazione. In Italia le persone che ne hanno bisogno vengono accolte, aiutate e ascoltate da professionisti. Ragusa, Napoli, Marghera, Milano sono questi alcuni dei luoghi nei quali operano gli psicoterapeuti di Emergency: in diversi anni più di 5800 prestazioni psicologiche sono state rese alle persone che hanno chiesto aiuto all’Ong italiana. Un picco notevole si è registrato nei territori del centro Italia colpiti dal terremoto del 2016: come spiega Laura Serri “in quel caso abbiamo dedicato due psicologi-psicoterapeuti esperti in emergenza per far fronte al trauma post sisma. Siamo arrivati nelle zone più difficilmente raggiungibili, località rurali e montane, diventate ancora più impervie dopo il terremoto e a causa anche delle importanti nevicate avvenute in quel periodo. Molti gli interventi nelle scuole dove ci recavamo per parlare con i ragazzi e gli insegnanti e ascoltare le loro necessità e procedere in attività di psicoeducazione sul trauma”. Con il progetto sisma, in quattro anni più di 13.000 persone sono state aiutate tra colloqui psicologici e assistenza infermieristica.
Emergency, non solo in Italia
Anche all’estero Emergency è presente con uno sportello di supporto psicologico. Da marzo 2022, infatti, l’Ong italiana è arrivata anche in Moldavia con il suo team di medici, infermieri, mediatori e psicoterapeuti. Da quando il 24 febbraio è iniziato il conflitto in Ucraina l’associazione si è attiva per portare assistenza tramite il suo Politruck, ai rifugiati in uscita dal Paese: secondo i dati sono quasi 300 le persone che sono state ascoltate dagli psicologi sul posto. Indifferentemente dalle condizioni sociali, culturali e dalla provenienza geografica, il supporto psicologico di Emergency, come spiega Laura Serri: “si pone come un fattore di cura e protezione, un nodo della grande rete che è il diritto alla salute”. Perché curare la salute mentale significa poter rivendicare il diritto a esistere.
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