80 anni fa, con lo sbarco in Normandia iniziava la riconquista della Francia da parte degli Alleati, dopo quattro anni di occupazione nazista.
Si trattò della più imponente flotta mai costituita nella storia, e di un’operazione che impiegherà nel corso dei mesi più di 3,5 milioni di soldati alleati e tedeschi.
La scelta del D-day, il 6 giugno 1944, fu fino all’ultimo in forse, per via delle cattive condizioni meteorologiche.
La difesa tedesca, soprattutto nella zona della spiaggia battezzata Omaha, fu strenua.
Un ruolo importante fu giocato dai sabotaggi operati dalla resistenza francese, avvertita attraverso Radio Londra.
Sulle spiagge e nell’entroterra della Francia settentrionale caddero più di 100mila soldati nei due schieramenti.
Il 6 giugno del 1944, poco dopo la mezzanotte, le prime truppe aviotrasportate che diedero vita allo sbarco in Normandia furono paracadutate oltre la linea della costa francese. Centinaia di uomini, le prime di decine di migliaia. Mischiati a migliaia di pupazzi, lanciati per confondere i soldati della Germania nazista, che presidiavano il territorio al maggio del 1940. Il loro compito era di preparare il terreno alle truppe – principalmente americane, inglesi, canadesi e francesi – che sarebbero sbarcate a partire dalle prime luci dell’alba. E che in quel momento attraversavano la Manica a bordo di 6.939 tra navi, incrociatori, mezzi da sbarco e di altro genere. Era l’inizio della fine della Seconda guerra mondiale, il conflitto più mortifero e drammatico della storia dell’umanità.
Le celebrazioni nelle cinque spiagge dello sbarco in Normandia
Il 6 giugno di quest’anno si celebra l’80esimo anniversario dello storico evento, che vide contrapporsi oltre 200mila militari: da una parte i 156mila delle forze alleate dirette dal generale americano Dwight Eisenhower e, dall’altra i circa 50mila della Germania di Adolf Hitler, già impegnata su un primo fronte, quello russo. In particolare, proprio nel giugno del ’44 il Gruppo d’armate tedesco “Centro” veniva sbaragliato da un attacco sovietico, che sfondò le linee naziste, cominciando così a stringere la Wehrmacht in una grande tenaglia alleata.
Lungo le cinque spiagge dello sbarco in Normandia, ribattezzate all’epoca Omaha, Juno, Utah, Sword e Gold, sono state organizzate rievocazioni, celebrazioni, illustrazioni di quanto accadde 80 anni fa. Numerose le autorità militari e civili invitate, in particolare saranno presenti quelle di Stati Uniti, Francia, Regno Unito, Canada, ma anche della Germania. Arriveranno sulle coste della Manica il presidente americano Joe Biden, quello transalpino Emmanuel Macron, e il re d’Inghilterra Carlo III.
Non sarà presente, come facilmente immaginabile, il presidente russo Vladimir Putin. “Tuttavia – ha spiegato la Mission Libération, incaricata di organizzare le celebrazioni degli 80 anni – la Russia sarà invitata a essere rappresentanza, in ragione dell’importanza dell’impegno e del sacrificio dei popoli sovietici, per far sì che il loro contributo alla vittoria del 1945 sia onorato”. Si tratta in ogni caso di un elemento che segna la disgregazione provocata dalla guerra in Ucraina: in occasione del 70esimo anniversario, nel 2014, malgrado l’annessione della Crimea Putin fu invitato, e fu la prima occasione in cui il presidente russo e il suo omologo ucraino dell’epoca, Petro Prochenko, si parlarono.
La commemorazione dell’80esimo anniversario dello sbarco in Normandia, dunque, non può che essere segnata dal ritorno della guerra in piena Europa. Con la Francia di Macron che da tempo non esclude neppure l’invio di truppe di terra in Ucraina.
Certo, la situazione resta estremamente diversa da quella di otto decenni fa. Mai nella storia una guerra è stata chiaramente una contrapposizione tra il bene e il male come fu la Seconda guerra mondiale. L’operazione Overlord (il nome in codice dello sbarco) rappresentò il primo autentico momento di speranza per i francesi, che da quattro anni subivano una violenta occupazione militare in tutta la porzione settentrionale del loro territorio, mentre il Sud era affidato al governo di Vichy, una sorta di stato-satellite della Germania hitleriana.
Lo sbarco consentì infatti di aprire il secondo fronte contro i nazisti (assieme appunto a quello che, ad Est, li contrapponeva all’Unione sovietica), stringendo Hitler in una morsa che gli sarà fatale. La storia volle che lo stesso dittatore nazista contribuì in modo determinante alla riuscita dello sbarco. La sera del 5 giugno decise infatti di prendere un sonnifero e di coricarsi dando ordine a tutti i suoi collaboratori di non disturbarlo per alcuna ragione.
In Normandia fu aperto il secondo fronte contro la Germania nazista
In Normandia il tempo nel giorno del D-Day (formula con la quale gli anglofoni indicano il “giorno cruciale”) era pessimo: onde alte parecchi metri, pioggia e vento spazzavano la costa. Nessuno – neanche i più avveduti tra i generali nazisti, come Erwin Rommel e Gerd Von Rundstedt – immaginava che sarebbe stato quello il giorno dell’invasione. Inoltre, la Germania aveva fatto edificare un’immensa linea di fortificazioni, denominata Vallo Atlantico, che andava dalla Norvegia fino alla Spagna. L’Atlantikwall era costituito da una serie di bunker, nidi di mitragliatrice, ostruzioni minate anti-sbarco, posti di vedetta e di comando. Molte di tali costruzioni, edificate in cemento armato, sono ancora presenti in Normandia.
La zona era giudicata invalicabile soprattutto in alcuni punti, come nel caso di Pas de Calais, a pochissima distanza in linea d’aria dalle coste dell’Inghilterra. Anche per questo fu scelta la Normandia: più lontana ma relativamente meno fortificata. Nei giorni precedenti, migliaia di giovani e giovanissimi furono ammassati nei porti inglesi meridionali, nonostante la tempesta in atto. Attesero a lungo sapendo di dover partire per la Francia, ma per ragioni di sicurezza anche a loro la destinazione fu comunicata all’ultimo minuto.
D’altra parte, fu lo stesso Shaef – Supreme Headquarters Allied Expeditionary Force, Quartier generale supremo delle forze di spedizione alleate – a rimanere indeciso fino alla sera precedente sul da farsi. Sebbene infatti il piano fosse stato minuziosamente preparato, sebbene fossero già stati avviati intensi bombardamenti nelle aree dello sbarco (e non solo, per non fornire troppi indizi ai generali nazisti) e sebbene migliaia di uomini, aerei, navi, paracadutisti e mezzi da sbarco fossero pronti, a preoccupare era proprio la situazione meteorologica.
In capo allo Shaef, e in particolare al suo comandante supremo Eisenhower, spettava una decisione di capitale importanza. Un fallimento dell’invasione avrebbe potuto comportare un grave ritardo, con tutto ciò che questo avrebbe comportato, anche per un’eventuale riorganizzazione da parte nazista. La sera del 5 giugno fu per questo lunghissima. Infiniti i rapporti presentati dal servizio meteo militare britannico al gruppo di generali che componeva il Quartier generale: oltre ad Eisenhower, anche il generale Omar Bradley, l’ammiraglio Bertram Ramsay, il maresciallo Arthur Tedder, il generale Bernard Montgomery, il maresciallo Trafford Leigh-Mallory e il generale Walter Bedell Smith.
Durante quella infinita riunione, il maresciallo Leigh-Mallory propose di riportare l’intera operazione Overlord al 19 giugno. Eisenhower tentennava, e decise di consultare gli atltri generali. La maggior parte dei quali decise di partire ugualmente, sfruttando una breve finestra di miglioramento nel quadro della situazione autunnale in cui versava la Manica. Così, alle 21:45 arrivò l’ordine definitivo. L’ammiraglio Ramsay inviò il messaggio alla flotta – la più grande mai organizzata fino a quel momento in un conflitto. Le truppe aviotrasportate furono allertate e salirono sugli alianti che li portarono ad essere i primi a sbarcare sul territorio francese (dietro le linee, per preparare le teste di ponte).
L’avviso alla resistenza francese con la poesia di Paul Verlaine
Contemporaneamente, venne dato il celebra annuncio alla resistenza francese. A Radio Londra, ascoltata clandestinamente dai cittadini sotto l’occupazione, fu trasmessa la seconda parte della poesia “Chanson d’automne” di Paul Verlaine. La prima metà “I lamenti dei violini d’autunno”, era stata ripetuta nei giorni precedenti, e indicava che occorreva cominciare ad effettuare azioni di sabotaggio, in particolare di reti telefoniche e ferroviarie. La seconda metà “mi feriscono il cuore con un monotono languore”, venne trasmessa, appunto, nella serata del 5. Indicava che la resistenza doveva attendersi l’invasione entro 48 ore.
Anche i tedeschi erano però venuti a conoscenza del significato del poema di Verlaine. Tuttavia, i generali nazisti pensarono ad un errore. Non credevano possibile un’invasione in quelle condizioni meteo. E continuavano ad attendersi l’operazione a Pas de Calais, ritenendo troppo azzardato dal punto di vista militare il raggiungimento della Normandia, che necessitava di un tempo di navigazione ben più lungo. Si pensò perciò a un diversivo. E, così, soltanto la 15esima armata del generale von Salmuth fu posta in allerta, nonostante l’informazione venne trasferita all’Oberbefehlshaber West, l’Alto comando tedesco per l’Occidente europeo.
La storia dei manichini “Rupert” lanciati per confondere i tedeschi in Normandia
Un ulteriore elemento di confusione arrivò poi da una scelta particolarmente innovativa e astuta da parte degli alleati. Assieme ai paracadutisti in carne ed ossa gli americani decisero di lanciare dei manichini, che presero il nome inglese di paradummy (fallschirmpuppen in tedesco). L’intento era chiaro: confondere i comandi nazisti rispetto alle zone di sbarco. E anche impegnarli in ipotetici scontri a fuoco: quando i pupazzi – soprannominati “Rupert” – toccavano terra, infatti, sparavano una serie di colpi, il che faceva pensare che si trattasse davvero di truppe paracadutate. Le taglia più piccola rispetto a quella di uomini veri non costituivano un problema, poiché osservando un corpo senza punti di riferimento (lo sfondo era ovviamente il cielo, e in più in mancanza di luce solare) l’occhio umano non può comprendere le dimensioni reali.
L’esercito statunitense aveva sviluppato il modello di Rupert in gomma. Il loro utilizzo fu concepito nell’ambito di un’operazione ad hoc, nome in codice Titanic, condotta nella notte tra il 5 e il 6 dalla Royal Air Force britannica. In totale furono lanciato 500 manichini, tutti in zona lontane da quelle reali di atterraggio dei paracadutisti. Una volta esauriti i colpi, una piccola carica faceva esplodere i pupazzi, al fine di evitare che i tedeschi scoprissero troppo in fretta lo stratagemma.
Ciò nonostante, il giorno dello sbarco la resistenza tedesca fu durissima. Decisivo fu proprio il sonnifero ingoiato da Hitler, che lo lasciò dormire fino a mattinata inoltrata. E che fece sì che le divisioni Panzer (i blindati di riserva), che rispondevano unicamente a ordini diretti del Führer, rimasero fino a quel momento nelle retrovie. Attivandosi solo quando la situazione era ormai compromessa. Soltanto alla metà della mattinata del 6 giugno, infatti, l’Oberbefehlshaber West comprese che non si trattava di un diversivo: l’invasione era effettivamente in atto, ed effettivamente partiva dalla Normandia.
Furono dunque schierati i Panzer dalle retrovie, e disposto un piano di difesa. Ciò che però aveva previsto Rommel si avverò: il feld-maresciallo tedesco era convinto della necessità di fermare l’invasione direttamente sulle spiagge. Sapeva che uno sfondamento delle linee avrebbe comportato difficoltà enormi per i reparti nazisti. Il che puntualmente si avverò. Il tentativo di respingimento da parte delle forze schierate lungo il Vallo atlantico ebbe possibilità concrete di vittoria solamente nel settore di Omaha. Qui le divisioni americane si trovarono di fatto a lungo bloccate, con pesantissime perdite.
La liberazione di Parigi, la battaglia delle Ardenne e la caduta di Hitler
Malgrado le difficoltà, le difficoltà della Wehrmacht e la scarsissima disponibilità di mezzi da parte della Luftwaffe (l’aeronautica tedesca) consentirono agli alleati di penetrare nell’entroterra e di stabilire una serie di teste di ponte. L’avanzata era tuttavia lenta e difficile, e necessitava di enormi rifornimenti: cibo, acqua, munizioni, staffette, medicinali, carburante. I bombardamenti aerei avevano però danneggiato fortemente la costa della Normandia, e puntare a conquistare il grande porto di Cherbourg già nelle prime ore dell’invasione appariva impensabile.
Così, lo sbarco in Normandia rimane famoso anche per la scelta di costruire quello che è passato alla storia come il porto Mulberry: una struttura prefabbricata, costituita da enormi cassoni galleggianti che furono trainati dall’Inghilterra alla Normandia e installati di fronte alla spiagge del Calvados: uno ad Arromanches, un altro al largo di Omaha beach. Solo il primo sarà tuttavia operativo poiché un’altra tempesta, il 19 giugno, distrusse il secondo. Gli storici considerano la scelta dei porti artificiali come determinante per l’esito dell’intera operazione militare alleata.
Da un punto di vista della storia militare, l’operazione Overlord, avviata attorno alla mezzanotte del 6 giugno, si concluse il 25 agosto, dopo la liberazione tra le altre città di Parigi. Complessivamente, le forze presenti nello sbarco e successivamente nella Battaglia di Normandia furono pari ad 2,87 milioni di uomini da parte alleata e circa un milione da parte tedesca. Il bilancio per le forze terrestri alleate parla di 209mila tra morti (36mila), feriti e dispersi. Ad essi si aggiungono le 16.700 vittime registrate tra le forze aeree. Per i nazisti, i morti in battaglia furono 50mila; altre 150mila persone furono ferite o disperse e 200mila soldati furono fatti prigionieri. Tra i civili, i morti furono 33mila.
Seguiranno mesi di dure battaglie in tutta la Francia. Fino alla, nell’agosto del 1944. Occorrerà attendere la primavera successiva per giungere al termine della Seconda guerra mondiale in Europa, con la caduta di Hitler e del suo regime, tra i mesi di aprile e maggio del 1945.
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