La Cop16 sulla biodiversità si conclude con pochi passi avanti. Cosa resta, al di là della speranza?
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La celebre statua, simbolo di Copenaghen, è stata coperta di vernice rossa per protestare contro l’annuale mattanza delle balene pilota delle isole Faroe.
La sirenetta di Copenaghen, che dal 1913 accoglie le navi che attraccano nella capitale danese e che simboleggia la città, è stata ricoperta di vernice rossa. Rossa come il sangue che ogni anno tinge in maniera inquietante le acque circostanti alle isole Faroe, teatro della mattanza di migliaia di globicefali (Globicephala melas), cetacei conosciuti anche come balene pilota, da parte degli isolani, rito antico e violento, chiamato grindagrap.
La sirenetta è stata imbrattata proprio per protestare contro lo sterminio di questi animali, che vengono circondati dalle barche e spinti verso l’acqua bassa, in direzione di piccole baie prestabilite dove uomini e bambini li fanno a pezzi con uncini, ganci e coltelli. “Danimarca, difendi le balene delle isole Faroe”, si legge infatti, scritto in rosso e in inglese, sul camminamento nei pressi della statua.
L’Unione europea è contraria alla caccia ai cetacei e le sue leggi vietano questo tipo di pratiche. Tuttavia le isole Faroe, arcipelago del nord Atlantico, non fanno parte dell’Ue, si tratta di una regione autonoma. Le Faroe sono però un protettorato della Danimarca la quale, essendo membro dell’Ue, è soggetta alle leggi che vietano la caccia dei cetacei, non dovrebbe pertanto schierarsi dalla parte dei cacciatori di balene. Eppure continua a mostrare il suo sostegno alle Faroe, proteggendo le imbarcazioni dei pescatori dalle azioni di disturbo delle associazioni conservazioniste come Sea Shepherd.
Nelle isole Faroe vengono cacciate, secondo le autorità locali, ottocento balene pilota ogni anno, mentre la popolazione complessiva della specie nell’Atlantico settentrionale conta circa 778mila esemplari. Secondo Sea Shepherd i numeri della mattanza sono invece maggiori, sarebbero tra i duemila e i 3.500 i cetacei massacrati ogni anno. Quest’anno durante la prima sessione di caccia, svoltasi lo scorso 21 maggio, sarebbero stati uccisi circa quaranta globicefali.
L’uccisione annuale di queste creature dotate di grande intelligenza e spiccata socialità, viene perpetuata in quanto “caccia tradizionale” (anche se dubitiamo che barche a motore e sonar possano andare d’accordo con la tradizione). Si tratta di una caccia non commerciale e non è neppure dettata da esigenze alimentari, la carne dei cetacei non è infatti necessaria per sostenere la popolazione locale e spesso le carcasse degli animali vengono gettate in mare inutilizzate.
Il grindagrap non è ben visto, per usare un eufemismo, dall’opinione pubblica internazionale e da molte associazioni ambientaliste, le quali cercano ogni anno di far rispettare una legge europea che impedisce l’uccisione dei cetacei. Tra le più attive c’è Sea Shepherd, organizzazione fondata nel 1977 da Paul Watson per proteggere gli oceani e le specie selvatiche che li abitano. L’organizzazione ha lanciato da anni la campagna Grindstop, nata per proteggere i cetacei al largo delle isole Faroe. Lo scorso 8 maggio Sea Shepherd Paesi Bassi ha inoltre denunciato la Danimarca alla Commissione europea, per il supporto logistico e la protezione offerta ai cacciatori di balene.
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