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I ponti uniscono idee, visioni del mondo, orizzonti, modi di fare. Ma allo stesso tempo preservano tutte queste cose. Darajart è il progetto dell’associazione Cherimus che costruisce ponti attraverso l’arte.
Daraja in kiswaili significa ponte. “Ponte” non è una parola facile. È stata spesso usata come fosse una moneta da niente, facile da spendere per unire universi distanti, facile per identificare un genuino desiderio di vicinanza, di umanità.
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Costruire ponti è un lavoro difficile, lungo, prevede uno studio approfondito del dove si vuole arrivare e del perché. Soprattutto serve conoscere bene quale sia l’ostacolo da superare. Non esiste ponte senza ostacolo: ponte e ostacolo sono complementari, coesistenti. Un fiume separa due terre, separa due popoli: il ponte li rimette in contatto, nonostante il fiume continui a scorrere impetuoso, senza più dividere. Per questa ragione il ponte è innanzitutto un dialogo costruttivo con l’ostacolo e con le due parti che collega.
Mettersi a fare ponti attraverso l’arte, apparentemente inafferrabile, sembra rendere il processo inconsistente, senza fondamenta solide.
Per Marco Colombaioni* l’arte è invece la chiave, la sua chiave per edificare ponti. La chiave naturale per un dialogo che va oltre la reciproca conoscenza o la condivisione, e che fa di tutti questi valori una visione, un’immagine, un oggetto prezioso, che aggiunge ad un dialogo in atto una terza voce inaspettata, nuova, che non è somma, che non è sottrazione, ma piuttosto moltiplicazione, qualcosa che cresce incontrollato, che si propaga, e che tende ad unire e a rimoltiplicare.
Idee, visioni del mondo, orizzonti, modi di fare: tutto, in pratica. In questo senso il progetto Darajart, scritto di getto per la prima volta da Marco Colombaioni nel 2010, non è una residenza d’arte, ma un incontro inaspettato, qualcosa che non sarebbe dovuto accadere, un incidente.
In Darajart c’è qualcosa d’altro in gioco. C’è un azzeramento, c’è un partire dal chilometro zero, da una realtà che non contiene addetti ai lavori, dove l’accrescimento passa per altre vie, meno logiche, se vogliamo. Si riparte dalle persone, dagli occhi, dalle mani, dagli sguardi. Si riparte dall’edificazione di ponti minuto dopo minuto, per ogni cosa, perché ogni cosa è un ostacolo da conoscere, così come ogni sguardo. Abbiamo l’ambizione di fare ponti, di lasciare il fiume lì dove sta, così come gli occhi e le mani.
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