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Si producono sempre più dati, per questo servono nuovi prefissi per indicarne la quantità
Nuovi prefissi da usare per qualsiasi unità di misura. L’enorme quantità di dati prodotta ogni giorno rende necessaria la scelta di nuovi termini ufficiali.
Ogni giorno produciamo circa 2,5 quintilioni di byte di dati. Una cifra enorme che possiamo indicare con un uno seguito da 30 zeri (10×10^30), ed è in continua crescita. Secondo alcune stime, entro il prossimo decennio la produzione quotidiana di dati globale basterà a riempire una numeri di Dvd sufficienti a lastricare la distanza tra la Terra e Marte. Ovvero, in media, circa 225 milioni di chilometri.
È questo il problema dei numeri così grandi. Non riusciamo a comprenderli e siamo costretti a fare paragoni assurdi come quello appena fatto. Il fatto è che altrimenti è difficile capirsi, anche perché mancano le parole. Letteralmente. Per molti anni, infatti, non ci sono stati termini tecnici con cui indicare con semplicità una quantità tale di dati. Per questo, la Conferenza generale dei pesi e delle misure di Parigi, l’ente che gestisce le unità di misura universali, si è riunito recentemente col fine di trovare nuovi prefissi con cui indicare questi numeri.
Nuovi prefissi per dati e unità di misura
Il pretesto era quello dei i dati ma questi nuovi prefissi possono essere usati con qualsiasi unità di misura, dai byte ai grammi. Così, come dal kilobyte siamo passati al megabyte, e poi dal gigabyte al terabyte, l’aumento spropositato della nostra produzione digitale verrà descritto con i termini appena coniati dalla Conferenza. Le ultime aggiunte sono ronna e quetta, prefissi con cui si può indicare il ronnabyte (dieci alla 27esima byte) e il quettabyte (10 alla 30esima byte). Esistono anche il loro contraltare per le quantità minuscole, ovviamente: sono i prefissi ronto e quecto, che possono essere usati per indicare masse minuscole (dai dieci alla meno 27 grammi ai dieci alla meno 30). Secondo la rivista Nature, ad esempio, il pianeta Terra, in tutto, pesa proprio un ronnagrammo, mentre un singolo elettrone ha una massa di un quectogrammo.
La scelta di questi termini non è stata casuale. A guidare il team è stato il metrologo inglese Richard Brown, che per cinque anni ha sostenuto l’esigenza di nuovi prefissi. L’ultima volta che la Conferenza aveva aggiornato il suo sistema di prefissi, nel 1991, era stata spinta dal settore della chimica, mentre prefissi come peta ed exa risalgono addirittura agli anni Settanta. L’urgenza di Brown si doveva anche al fatto che, in assenza di prefissi ufficiali, alcune realtà stavano facendo da sole, proponendo termini a piacere. Il convertitore di Google, ad esempio, traduceva mille yottabyte in un hellabyte, termine molto colloquiale, quasi slang, che si è diffuso insieme a “brontobyte” per indicare quantità enormi. “Da un punto di vista metrologo, la cosa mi ha riempito d’orrore perché sono termini del tutto non ufficiali” ha spiegato Brown, in grado di generare confusione in un contesto globale. È per questo che ha cercato delle alternative migliori usando parole che iniziano con lettere poco usate dai prefissi, come la r o la q. Un altro fattore è l’assonanza con i numeri in latino o in greco antico: ronna e quetta ricordano infatti ennea e deka, il nove e il dieci greco. Seguendo questo criterio, Brown aveva proposto anche il prefisso quecca, presto ritirato perché troppo simile a una parolaccia portoghese.
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