Sette idee per vivere l’atmosfera natalizia tra lo shopping nei mercatini, passeggiate in borghi vestiti a festa e mirabili opere d’arte.
David Zinn e l’arte dello stupore che svanisce con la pioggia
Per David Zinn, street artist del Michigan, la tela è il marciapiede e il gesso lo strumento per realizzare disegni effimeri e sorprendenti.
I fan sui social aspettano il suo prossimo post con la stessa emozione della notte di Natale. Sospesi, in attesa che si compia la magia. David Zinn, street artist del Michigan, è capace di cambiarci lo sguardo, o meglio, di restituirci quello che avevamo da bambini. La sua tela è la strada e il gesso lo strumento di un’arte effimera che la pioggia farà scomparire. Per Zinn, l’impermanenza è una componente importante dello stupore.
L’intervista a David Zinn
Cammini e vedi la coniglietta Tess, in tutù verde acceso e concentrazione massima, mentre esercita il suo talento funambolico su un cavo, che poi è la fuga tra le lastre di cemento del marciapiede. Quando nevica, puoi incontrare Marla appena uscita da un cumulo di neve quasi marciando, noncurante del freddo. Abbiamo intervistato l’artista per capire com’è che arriva a vedere in due ciuffi d’erba la nuova acconciatura estiva del mostriciattolo Fran.
Quando le chiedono quando ha iniziato a disegnare, spesso risponde: “Quand’è che lei ha smesso di farlo invece?”.
Uso la domanda che mi fanno abitualmente in senso un po’ provocatorio, per ricordare che tutti noi iniziamo la nostra vita come artisti fiduciosi, ma dopo l’infanzia perdiamo gradualmente l’interesse o, più frequentemente, perdiamo la fiducia nelle nostre capacità creative. Ci dimentichiamo anche di quanto fossimo “bravi”, non tanto per la qualità del risultato, ma per la gioia che provavamo nel realizzarlo. Lo scopo quindi è di riportare alla mente il periodo in cui disegnare era un atto creativo che ci dava felicità. Credo fermamente che in ognuno di noi viva ancora un bambino creativo e fiducioso, in grado di esprimersi in forme diverse.
Dice di essere arrivato a disegnare sui marciapiedi perché aveva positivamente fallito in tutti gli altri tentativi artistici. Quand’è che dal fallimento si è aperta invece la via?
Crescendo, ero diventato sempre meno sicuro della mia capacità di creare arte, quella che ambisce a diventare notoriamente tale. Le tele bianche, i pennelli, gli inchiostri e tutti gli altri strumenti costosi mi creavano un’aspettativa intimidatoria, mettendomi di fronte ad abilità che credevo di non avere.
Quindi, invece di dedicarmi a un’attenta pratica e allo studio costante – cosa che probabilmente sarebbe stato più saggio fare –, ho reindirizzato i miei sforzi creativi a scarabocchi casuali e spensierati fatti in circostanze irrilevanti, disegnando ad esempio immagini sulle tovagliette del ristorante e sul retro delle buste.
Erano atti giocosi, che non avevano alcuna ambizione, se non quella di trascorrere il tempo in modo piacevole, sollevandomi l’animo. Poi, qualche anno fa, ho scoperto che disegnare con il gesso per strada ha benefici quasi identici: gli strumenti sono umili e poco costosi, il marciapiede è già vissuto, rovinato e macchiato e non posso conservare nulla di ciò che creo. È un ambiente perfetto per fare arte senza aspettative.
Quando osserviamo il mondo in modo attento, ci accorgiamo che non c’è nulla di banale sulla Terra. Spesso invece perdiamo la capacità di stupirci, mentre i suoi disegni sono un allenamento alla meraviglia.
Fortunatamente, vedere il potenziale immaginativo nelle cose ordinarie è un’abilità che tutti abbiamo da bambini e che perdiamo quando, da adulti, ci ritroviamo completamente immersi nella routine. Non c’è nulla di intrinsecamente sbagliato nell’elaborare ciò che ci circonda in un’ottica di efficienza, ma consiglio vivamente di rompere ogni tanto questo schema, anche solo per divertirsi un po’. Il nostro bambino interiore è ancora in grado di vedere gli animali tra le nuvole e le montagne sotto i piedi. Fermarsi anche solo qualche secondo è spesso sufficiente per riportare tutto questo alla nostra vista.
Qual è stata la reazione che è riuscito a provocare nel pubblico che l’ha colpita di più?
L’interazione più sorprendente è stata con una persona che non ho incontrato. Avevo disegnato un piccolo mostro sul marciapiede con un buco rotondo vuoto al centro del suo corpo. Quando mi capitò di ripassare davanti al disegno, diverse ore dopo, qualcuno aveva riempito il vuoto del suo stomaco con una piccola pila di caramelle.
Ha mai avuto la tentazione di usare la pittura, invece del gesso?
Per alcune installazioni ho usato la vernice, come nello stato dell’Indiana, a Taiwan e in Svezia. Ma preferisco il gesso per diversi motivi. La pittura è un tecnica che richiede più regole, anche solo per la pulizia dei pennelli e per i tempi di asciugatura. Tutti elementi che, rispetto al disegno casuale con il gesso, complicano l’esperienza togliendole tempo. La necessità poi di ottenere i permessi si traduce di fatto nella possibilità di fare meno installazioni. Inoltre, l’arte effimera ha un impatto potenzialmente più profondo perché l’interazione è inaspettata e l’esperienza non può essere replicata.
Non è detto poi che, in strada, la vernice sia significativamente più permanente del gesso. Dipende dalle condizioni atmosferiche. In molti casi l’immagine dipinta, sbiadendo, svanisce lentamente come un fantasma. Preferisco allora che i miei amici immaginari scompaiano del tutto, per poi riemergere da qualche altra parte, perché è quello che fanno le persone reali. Pochissime cose diventano più preziose solo perché sono più durevoli.
Qual è il rapporto tra lei e i personaggi che crea?
Alcuni sono compagni intimi. In generale li considero tutti amici, anche se la maggior parte di loro li ho incontrati una sola volta. Altri, lo ammetto, vengono da racconti ammonitori.
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