Mercoledì 19 luglio è stato approvato in Senato il disegno di legge presentato dal Ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida che vieta la produzione e la vendita di carne coltivata, e si tratta di una delle misure bandiera di questo Governo in campo agricolo e alimentare.
All’interno della proposta, oltre al divieto che – di fatto – impedisce la produzione e la ricerca scientifica sulla carne coltivata in Italia, è stato inserito articolo specifico che vieta anche l’utilizzo di termini come “burger” e “cotoletta” per tutti quei prodotti completamente vegetali. Una proposta blindatissima che la maggioranza ha inserito (e approvato, almeno per ora) su pressione delle due principali associazioni di categoria degli allevatori e dei produttori di carne, per ostacolare potenziali concorrenti.
Cos’è la carne coltivata
Ma che cos’è la carne coltivata che tanto spaventa le associazioni come Coldiretti, Confagricoltura e tante altre? La carne coltivata si ottiene prelevando cellule da un animale vivo e sano. Si tratta di una tecnica già utilizzata da anni nella medicina rigenerativa, prelevando cellule da un muscolo vivente che vengono fatte proliferare –appunto, coltivate – in un bioreattore che riproduce le stesse condizioni del corpo animale (temperatura, acidità, ph, etc.), e alimentate con una miscela di nutrienti (glucosio, vitamine, minerali). Per intenderci, si tratta degli stessi bioreattori utilizzati per la produzione di yogurt, birra e vino.
Per diverso tempo, coloro che sono contrari (o spaventati) alla carne coltivata, hanno spesso volutamente utilizzato il termine “sintetico” per definirla. Un termine erroneo e ingannevole, in quanto la carne coltivata deriva da un prelievo effettuato da animali già vivi ed è a tutti gli effetti vera e propria carne.
Posto quindi che non vi è nulla di sintetico, quanto c’è di vero nelle molte critiche mosse alla carne coltivata sui presunti impatti negativi in termini ambientali e di salute?
I pareri delle associazioni
Coldiretti, così come il Ministero dell’agricoltura, per bocca del suo attuale titolare Francesco Lollobrigida, ha rilanciato più volte la notizia dello studio che attribuirebbe alla carne sintetica un’impronta ecologica da quattro a 25 volte maggiore di quella allevata con metodo convenzionale. Tuttavia questo dato si basa su una ricerca – Environmental impacts of cultured meat – realizzata da cinque ricercatori della University of California e depositata in pre-print sull’archivio online BioRxiv, prima cioè di essere sottoposta alla procedura di peer review. Dunque, non stiamo parlando di uno studio verificato e pubblicato su una rivista scientifica, ma per il momento solo su un portale online. Gli stessi autori, oltretutto, hanno specificato nel testo come si tratti di misure molto preliminari, calcolate su impianti di piccola scala, e con ingredienti e macchinari non ottimizzati per produzioni su larga scala. Per questo motivo gli stessi ricercatori hanno suggerito di investire proprio nella ricerca per migliorare le attuali tecnologie con cui è prodotta la carne coltivata, per evitare di riprodurre su larga scala meccanismi con un impatto ambientale eccessivo.
La produzione
La produzione di carne coltivata è, sì, ancora oggi dispendiosa dal punto di vista energetico, ma diversi studi hanno dimostrato come la produzione di carne coltivata in laboratorio con l’utilizzo di energia rinnovabile avrebbe un’impronta di carbonio significativamente inferiore rispetto anche ai prodotti tradizionali a base di carne “allevata in modo sostenibile”. In ogni caso l’aspetto energivoro è solo uno dei tanti. Quando si parla di impatto ambientale infatti non vi è solo l’energia consumata, ma anche altri fattori, come il consumo di suolo, la deforestazione o il consumo di acqua, tutti elementi che sono fortemente associati alla produzione e al consumo di carne convenzionale. Per dare quindi una risposta completa, non è corretto tenere in considerazione solo un elemento dell’impatto ambientale, ma considerare tutti i fattori: in questo senso, risulta evidente come gli allevamenti convenzionali rimangono tra i principali responsabili del riscaldamento globale e di tutta una serie di impatti ambientali molto pesanti sul Pianeta.
Per quanto riguarda la salute, poi, in Italia abbiamo assistito a una vera e propria manipolazione di dati scientifici della Fao, l’organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura. All’interno del rapporto Fao – Oms “Food safety aspects of cell-based food” – l’agenzia ha infatti individuato alcuni rischi per la salute che sono del tutto sovrapponibili a quelli della carne rossa convenzionale. Nel suo manifesto, Coldiretti ha usato i 53 punti della Fao per spaventare i potenziali consumatori dando a intendere che questi siano rischi esclusivi del cibo a base cellulare. Nel rapporto è invece evidenziato come gli stessi medesimi rischi siano riscontrabili nei prodotti convenzionali a base di carne e nei comuni processi alimentari. Non solo: a differenza degli allevamenti intensivi dove è prassi l’uso massiccio di antibiotici utilizzati a scopo preventivo e l’insorgenza di epidemie letali – come l’aviaria nel caso degli allevamenti avicoli – la carne coltivata è antibiotic-free e azzera il rischio di antibiotico resistenza e di insorgenza e diffusione di patologie potenzialmente trasmissibili ad altri animali e all’uomo.
Vi è comunque un indiscusso e fondamentale beneficio che la carne coltivata porta con sé: l’azzeramento delle violenze e delle crudeltà sugli animali che ancora oggi sono confinati negli allevamenti.
La posizione dell’Italia
Coldiretti ha più volte cercato di sconfessare anche questa indiscussa verità, sostenendo come la carne coltivata sia in verità poco rispettosa del benessere animale poiché richiede l’utilizzo di siero fetale animale. Rispetto al passato, tuttavia, quando effettivamente per produrre questa carne era necessario utilizzare il siero fetale animale come terreno di coltura cellulare, oggi sono state sviluppate alternative vegetali completamente cruelty-free. Un singolo frammento di carne delle dimensioni di un grano di pepe sarebbe sufficiente per produrre migliaia di hamburger, tali e quali quelli prodotti con carne da veri animali da allevamento.
NO AL CIBO SINTETICO
La diffusione del #cibosintetico è un problema gravissimo. Contrasterò in ogni sede la produzione di cibo artificiale. Finché saremo al governo, sulle tavole degli italiani non arriveranno alimenti creati in laboratorio. pic.twitter.com/9azEh6nBoy
Come se non bastasse, la proposta del Governo – che arriverà presto alla Camera dei Deputati per il voto finale – è anche fortemente anti-economica: a fronte di tutti questi benefici per ambiente, salute e animali, l’Italia vuole infatti impedire alle proprie imprese di investire nel nostro Paese per questa produzione, lasciando così di fatto il mercato alle aziende straniere. In caso di approvazione a livello europeo infatti non sarà possibile per l’Italia vietare la commercializzazione di carne coltivata prodotta all’estero, favorendo quindi la produzione straniera. Invece di lavorare per una produzione Made in Italy, quindi, con questa legge si andrà a sfavorire e impoverire il comparto economico del food italiano.
La carne coltivata all’estero
E mentre in Italia si discute su carne coltivata sì o carne coltivata no, all’estero si stanno già muovendo tante aziende. Da tempo, in diversi paesi come Stati Uniti, Israele e Singapore, è già possibile assaggiare la carne coltivata. Inoltre, nelle ultimissime settimane sono arrivate importanti ratifiche al consumo e richieste di approvazione: il 21 giugno il Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti (USDA) ha per la prima volta approvato la vendita e il consumo di carne coltivata prodotta da due aziende, GOOD Meat e UPSIDE Foods, mentre il 21 luglio l’azienda israeliana Aleph Farms, attiva nell’agricoltura cellulare, ha presentato alla Fsa, la Food standards agency, l’agenzia governativa responsabile della sicurezza e dell’igiene alimentare in Inghilterra, Galles e Irlanda del Nord, un dossier di autorizzazione preliminare all’immissione sul mercato di bistecche di manzo coltivate nel Regno Unito. Pochi giorni dopo (ndr, 26 luglio), la stessa azienda ha poi annunciato di aver presentato alle autorità competenti una richiesta di approvazione per la commercializzazione di carne coltivata anche in Svizzera.
Con “buona pace” quindi dei detrattori, la carne coltivata si sta facendo strada e farà parte del futuro del cibo, un cibo più rispettoso di ambiente e animali che anche in Italia dovrebbe essere tutelato e incentivato. Ci auguriamo che i nostri Deputati, quando saranno chiamati a votare questo sciagurato provvedimento, tengano conto del futuro del nostro Pianeta, degli animali e della nostra economia.
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