Nel decreto Asset ci sono due regali ai cacciatori: il parere dell’Ispra sui calendari non sarà vincolante, e via libera (o quasi) al piombo.
- Cosa c’entra il decreto Asset con la caccia? Assolutamente nulla.
- Eppure nel testo approvato dal Parlamento ci sono due regali alla lobby dei cacciatori.
- Il parere dell’Ispra sui calendari venatori non sarà vincolante, e via libera (o quasi) al piombo.
Il cosiddetto decreto Asset approvato definitivamente in Parlamento ha introdotto alcune novità che faranno sorridere la lobby dei cacciatori e arrabbiare non poco ambientalisti e animalisti. Due su tutte: la possibilità per le singole Regioni di stabilire autonomamente i propri calendari venatori (oggi vincolati al parere dell’Ispra, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), e l’annullamento de facto del divieto di caccia con i proiettili in piombo nelle zone umide.
Ma cosa c’entra la caccia con il decreto Asset?
E pensare che poteva andare perfino peggio. Un folto numero di associazioni, tra cui Enpa, Federazione Nazionale Pro Natura, Lac, Lav, Leidaa, Legambiente, Lipu Birdlife Italia, Lndc Protezione Animale, Oipa e Vwf Italia, il 27 settembre, alla vigilia dell’approvazione del decreto in commissione Ambiente, aveva scritto una lettera al presidente del Senato, Ignazio La Russa, chiedendo di dichiarare inammissibili i due emendamenti al decreto Asset, presentati da Lega e Fratelli d’Italia, che intervenivano sull’attività venatoria, all’interno di un decreto che con la caccia non c’entra assolutamente niente.
Proprio su questo puntavano le associazioni per eliminare i due emendamenti: il mancato rispetto del vincolo costituzionale dell’omogeneità rispetto al testo, che punta a salvaguardare alcune attività economiche strategiche per l’Italia (per esempio i prezzi dei voli aerei, il sostegno al made in Italy, i taxi…): in sostanza, non si potrebbero inserire in una legge emendamenti che non c’entrano niente con l’ambito che essa vuole disciplinare. Alla fine, invece, la Commissione ha approvato per intero l’emendamento sull’uso del piombo, e leggermente aggiustato l’altro, quello che eliminava del tutto il parere dell’Ispra.
Via libera, o quasi, al piombo altamente tossico
Il primo emendamento incriminato è quello di fatto aggira il regolamento europeo, entrato in vigore lo scorso 15 febbraio, che limita l’uso delle munizioni in piombo, altamente tossico per persone, animali e ambiente. La modifica aggiunta al decreto Asset introduce una sanzione amministrativa pecuniaria, del massimo di 300 euro, al posto di quella penale, “a carico di chiunque venga trovato in possesso di munizioni contenenti una concentrazione di piombo, espressa in metallo, uguale o superiore all’1 per cento in peso, nell’esercizio dell’attività di tiro, ovvero nel tempo e nel percorso necessario a recarvisi o rientrare dopo aver svolto tale attività, all’interno o a non oltre 100 metri di una zona umida”.
Praticamente, chi verrà sorpreso in possesso di munizioni in piombo all’interno o vicino a una zona umida se la caverà con una semplice multa. Non solo: “L’applicazione della sanzione è esclusa nel caso in cui il soggetto in possesso di munizioni, entro 100 metri dalle zone umide, dimostri di svolgere attività diversa da quella di tiro”. Anche se non si capisce esattamente quale altro scopo ci possa essere nell’avere con sé delle munizioni.
Il depotenziamento del parere dell’Ispra
Il secondo emendamento, nello stabilire i calendari venatori di anno in anno, mette sullo stesso piano l’Ispra, che è l’organo scientifico di riferimento dello Stato (e che inizialmente sembra poter essere del tutto escluso), nonché istituto autorevole nel campo della ricerca e ritenuto altamente affidabile dalla Commissione europea, e il Comitato tecnico faunistico venatorio, composto invece per la gran parte da rappresentati dei cacciatori o esponenti politici vicini al mondo venatorio. Il parere dell’Ispra d’ora in poi non sarà vincolante e potrà essere ribaltato dalle Regioni.
La stagione venatoria dovrà comunque concludersi il 31 gennaio ma, anche qui, c’è di più: la nuova norma non permette più ai giudici amministrativi di sospendere immediatamente i calendari venatori considerati illegittimi, anche in casi di straordinarietà ed urgenza, per intervenire solo successivamente, quando il danno ormai irrimediabilmente compiuto.
Gli emendamenti in questione, secondo le associazioni “puntano a cancellare ogni forma di tutela della biodiversità e degli ecosistemi, e sono il seguito di una campagna d’odio alimentata dalla politica al governo e dal mondo venatorio, che insieme ad alcuni esponenti dell’opposizione sono ormai diventati in gran parte la stessa cosa”. Un accanimento mediatico, dicono, “che sta già producendo effetti devastanti in termini di aumento di episodi di intolleranza e bracconaggio”. Basti pensare alle recenti uccisioni dell’orsa Amarena in Abruzzo e dell’orsa F36 in Trentino, sulla quale già pendeva una condanna a morte bloccata dal Tar di Trento: il frutto di una campagna sulla pericolosità (in realtà quasi nulla) degli orsi per l’uomo.
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