La Camera ha approvato il cosiddetto decreto ong che regola i salvataggi in mare.
Non sono più vietati esplicitamente i salvataggi multipli, ma si deve comunque rientrare “senza ritardi”.
In questo momento tutte le navi di soccorso navigano verso terra: oggi sarebbe impossibile un soccorso.
Se oggi una delle tante imbarcazioni di fortuna cariche di migranti si ritrovasse alla deriva nel mezzo del Mediterraneo centrale, non ci sarebbe nessuna nave di alcuna organizzazioni non governativa in grado di soccorrere le persone in difficoltà. E forse la storia finirebbe come è finita il 15 febbraio, quando l’Organizzazione internazionale per le migrazioni ha segnalato 73 nuovi dispersi a seguito di un naufragio davanti alla Libia, per un totale di 130 dall’inizio dell’anno.
Mentre il parlamento italiano discute del decreto legge contro le Ong. https://t.co/z0SZSloAbu
È il primo effetto del decreto varato dal governo l’ultimo giorno dello scorso anno, definito decreto ong, e appena approvato dalla Camera, che spinge le navi a richiedere subito un porto in cui sbarcare non appena effettuato un salvataggio di migranti in difficoltà: così, ad oggi, dopo Ocean Viking e Geo Barents, dirette rispettivamente a Ravenna e Ancona, e la Sea Watch sbarcata a Napoli da qualche giorno, anche Life Support di Emergency sta rientrato a terra dopo aver salvato 156 persone, in due diversi interventi.
Il racconto dei salvataggi svolti nelle scorse ore dalla #LifeSupport: una barca di legno e un gommone che si trovavano in condizioni critiche e da cui siamo riusciti a salvare 124 adulti e 32 minori che adesso sono al sicuro nel ponte coperto della nave. https://t.co/1FtIixbkugpic.twitter.com/SZZ4f17SFX
Due diversi interventi, è bene sottolinearlo. Il primo intorno alla mezzanotte: “La barca di legno, di circa 7 metri, è comparsa improvvisamente sul radar. Si è avvicinata spontaneamente alla nostra nave: in un primo momento i naufraghi hanno tentato di salire direttamente a bordo, pratica che rischiava di compromettere la loro incolumità. L’imbarcazione era sovraffollata e quindi molto instabile. Si sono tranquillizzati solo quando hanno visto attivarsi il team” ha raccontato Emanuele Nannini, Capo missione ricerca e soccorso di Emergency. Sulla barca c’erano 46 uomini. Il secondo intervento c’è stato verso le ore 8,30 del mattino: un’ora dopo aver ricevuto indicazione di dirigersi verso il porto di Civitavecchia, la Life Support ha individuato un’altra imbarcazione in difficoltà: un gommone grigio di una decina di metri con a bordo 110 persone. Il secondo salvataggio è avvenuto in coordinamento con il Centro di coordinamento marittimo di ricerca e soccorso (Mrcc), dunque apparentemente in un contesto di assoluta legalità.
187 voti favorevoli, 139 contrari. Sì della Camera alle disposizioni urgenti per la gestione dei flussi migratori; il #decretoflussi passa ora all'esame del Senato.
Ma è proprio qui che entra in gioco il cosiddetto decreto ong e l’aleatorietà di quanto vi è contenuto, che pone le navi delle organizzazioni non governative in un clima di incertezza riguardo all’effettiva liceità del proprio lavoro. Rispetto al testo originario del decreto, infatti, il testo approvato alla Camera non prevede più esplicitamente il divieto di effettuare salvataggi multipli, che era stato molto contestato in prima battuta perché in palese violazione della Convenzione delle Nazioni unite sul diritto del mare, firmato nel 1982. Rimangono però, nel nuovo codice di condotta, gli altri obblighi:
richiedere, nell’immediatezza dell’evento, l’assegnazione del porto di sbarco
raggiungere il porto di sbarco indicato dalle autorità “senza ritardi” per completare il soccorso
fare in modo che le operazioni di soccorso non aggravino le situazioni di pericolo a bordo e non impediscano il raggiungimento del porto di sbarco.
La domanda nasce spontanea: effettuare ulteriori salvataggi, con il tempo e le possibili deviazioni sul tragitto che ciò comporta, contrasta o meno con quel “senza ritardi”? Contrasta o meno con quel “non aggravino le situazioni di pericolo a bordo” (per esempio rischi di sovraffollamento)?. Di fatto, le ong sono obbligate a trascorrere buona parte del tempo in mare navigando verso porti sempre più lontani (gli ultimi porti assegnati sono stati Ancona, 100 chilometri di navigazione, Livorno, addirittura La Spezia, nel nord Italia, e mai in Sicilia): tempo che invece era prima impiegato per approdare in porti decisamente più vicini per poi tornare al più presto operativi.
“È un decreto subdolo, ma se ci ritroveremo nelle stesse condizioni rifaremo dei salvataggi multipli, perché la priorità è quella di salvare vite” spiega senza giri di parole Rossella Miccio, presidente di Emergency, in occasione di un evento organizzato dal Tavolo asilo e immigrazione (che riunisce ong del mare e associazioni del terzo settore come l’Arci, a Buon Diritto, Amnesty Italia e molte altre) per manifestare il dissenso contro il decreto proprio nel giorno della sua approvazione alla Camera. “Noi sicuramente non molliamo, continueremo a fare il nostro lavoro in mare e a sensibilizzare e informare l’opinione pubblica su un tema che per noi è fondamentale. Si tratta di salvare vite, di rispettare i diritti umani”.
A proposito di diritti umani, molto chiaro è stato anche Riccardo Noury, portavoce di Amnesty Italia, che ha aderito all’iniziativa dal titolo-hashtag significativo, #iononsonodaccordo: “Questo decreto ong produrrà ulteriori morti in mare, perché si decide deliberatamente di non salvarli. Sono persone cui viene negato il diritto di trovare riparo e un futuro, è un accanimento contro di loro e un accanimento contro le ong”: l’obiettivo, secondo Amnesty, “è toglierle di mezzo con la tattica dei porti lontani, con i procedimenti giudiziari e facendo in modo che la loro attività non venga svolta”.
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