Perché il decreto sul retrofit potrebbe rilanciare l’auto elettrica in Italia

Con l’approvazione del decreto sarà possibile convertire un’auto a motore in una elettrica e poter circolare liberamente. Ecco perché si tratta di una piccola rivoluzione.

È finalmente stato approvato e pubblicato in Gazzetta Ufficiale il regolamento per convertire i veicoli tradizionali in elettrici, il cosiddetto retrofit. È dal 2013 che se ne parlava. Grazie a questo provvedimento sarà possibile trasformare la propria auto con motore termico, benzina o diesel, in elettrica.

 

Il nuovo decreto legislativo ha l’obiettivo di stabilire le procedure tecniche e amministrative per l’omologazione dei  sistemi “destinati ad equipaggiare autovetture, autobus e autocarri, dotati in origine di motore tradizionale, consentendone la conversione in trazione esclusiva elettrica”, fa sapere il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.

La riconversione elettrica di questa Trabant la fa viaggiare fino a 95 km/h.
La riconversione elettrica di questa Trabant la fa viaggiare fino a 95 km/h.

Potranno essere riconvertiti tutti i veicoli a quattro ruote destinati al trasporto di persone e beni (quindi compresi autobus e autocarri sotto le 3,5 tonnellate) tramite i kit composti da un motore elettrico, un pacco batterie, un’interfaccia con la rete per la ricarica delle batterie. È molto probabile però che i maggiori fruitori dei kit saranno i possessori di auto d’epoca, euro 0, 1, 2, e di vecchi furgoni.

 

“Si tratta di un decreto rivoluzionario, il migliore in tutta Europa”, spiega Camillo Piazza, presidente di EcoCarbon e di Class Onlus. “Inoltre non è stata affatto modificata la legge n.134 del 2012 definita ‘sostegno e sviluppo della riqualificazione elettrica’, e quindi non è prevista alcuna richiesta di nullaosta alla casa costruttrice”. Nessun passo indietro quindi.

 

Retrofit: una spinta alla mobilità elettrica

La regolamentazione del retrofit porterà indubbiamente dei benefici e spingerà lo sviluppo della mobilità elettrica nel nostro Paese. Prima di tutto saranno gli stessi cittadini che potranno beneficiarne, ma anche aziende di trasporto pubblico e amministrazioni. Convertire un veicolo da termico in elettrico costerà meno, ovviamente, dell’acquisto di un nuovo veicolo a batterie.

 

In seconda battuta si incentiveranno le imprese produttrici dei componenti, come batterie, motori elettrici e sistemi elettronici. Si dovrebbe così sviluppare un’intera filiera della riqualificazione elettrica, che comprenderà i produttori del kit, nonchè gli installatori che provedderanno anche alla successiva omologazione.

Questo non farà che aumentare il numero di veicoli elettrici in circolazione, e di conseguenza farà crescere la domanda di colonnine e di una rete di ricarica ramificata. Ad oggi sono operative 743 colonnine disponibili sull’intero territorio italiano, mentre dovrebbero arrivare a 90 mila entro il 2020, secondo le disposizioni europee per lo sviluppo di una rete capillare di ricarica.

 

Ci vorrà del tempo

Non sarà un cambio immediato. “Prima di tutto si dovrà formare un Comitato tecnico che omologhi i kit di conversione, che dovranno essere corredati da precise istruzioni di montaggio – spiega Piazza – Infine si dovrà creare una rete di installatori certificati”. L’obiettivo è di arrivare ad una procedura simile a quella per l’installazione del gancio traino per i veicoli.

Sul retrofit l'Italia è in ritardo. Mentre in Nord America il dibattito attualmente è incentrato sullo smaltimento delle batterie a fine vita, qui si sta ancora discutendo dell’inadeguatezza delle infrastrutture di ricarica.
Sul retrofit l’Italia è in ritardo. Mentre in Nord America il dibattito attualmente è incentrato sullo smaltimento delle batterie a fine vita, qui si sta ancora discutendo dell’inadeguatezza delle infrastrutture di ricarica.

Quel che è certo è che si tratta di un primo vero passo verso l’elettrificazione della parco auto esistente, in particolare per quello più inquinante e che, assieme alle altre tecnologie oggi disponibili (idrogeno, ibride) e al parallelo sviluppo della mobilità a due ruote, potrebbe cambiare il modo in cui ci muoveremo, riducendo di conseguenza emissioni e inquinamento da polveri fini.

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