Se in settori come la moda l’usato è sdoganato, l’arredamento second hand è una novità, soprattutto nel segmento del lusso: un caso di successo è Deesup.
Deesup, la startup che dà una seconda vita alle icone di design autentiche
Nuova frontiera del design second-hand, Deesup è il primo marketplace che compra e vende arredi iconici di alta gamma nel nome dell’economia circolare.
Dare una seconda vita agli arredi iconici di alta gamma e democratizzare il design. Deesup sta rivoluzionando il mondo dell’arredamento con il primo marketplace dell’usato solo firmato. E lo fa con una vocazione: portare un settore con regole ancora molto rigide nella direzione dell’economia circolare, facendo del riuso il canale alternativo alla fast furniture per proteggere l’ambiente e valorizzare le cose belle.
“Produrre meno e godersi più a lungo il design, non una ma infinite volte”: è il motto attorno a cui Valentina Cerolini e Daniele Ena nel 2017 hanno fondato Deesup, che è entrata a far parte dell’ecosistema di LifeGate Way – la controllata del gruppo con l’obiettivo di creare un network di startup sostenibili con focus sull’open innovation – e che ha lanciato su Doorway una campagna di crowdfunding, che si concluderà il 30 giugno, parte di un round di investimenti più esteso che punta a raggiungere il milione di euro.
Valentina Cerolini: “Deesup consente di scoprire le icone senza tempo in modo sostenibile”
Deesup, ci ha raccontato Valentina Cerolini, amministratore delegato e co-fondatrice della startup, nasce in conseguenza di un’esperienza molto comune: l’acquisto di una nuova casa e la decisione di cosa fare degli arredi già presenti, che, seppur firmati, non rispecchiavano i gusti dei nuovi inquilini. Una situazione che ha sollevato diversi dubbi e ha portato i fondatori di Deesup a scontrarsi con un mercato molto oneroso e poco accessibile, oltre che tutt’altro che sostenibile. Realizzare e spedire un singolo arredo, infatti, “costa” circa 90 chilogrammi di CO2, come un Boeing 747 in volo per un’ora. Un altro aspetto che si tende a trascurare è poi il fine vita dei mobili.
Se nel settore moda il second hand è già stato da tempo sdoganato, fino a diventare addirittura cool – pensiamo alla quantità di mercatini vintage ormai esistenti –, nell’arredamento questa tendenza va un po’ a rilento, con milioni di tonnellate di mobili gettate via ogni anno. Ed è proprio qui che si inserisce Deesup, che si propone di allungare il ciclo di vita di pezzi iconici ed autentici del design, riducendo rifiuti e sprechi, in un’ottica di economia circolare.
Come nasce Deesup? Quale è l’idea che vi sta alle spalle?
Deesup nasce nel 2017 da un’esigenza personale: dopo aver acquistato casa, ci siamo trovati di fronte ad arredi firmati importanti che però non rispecchiavano le nostre preferenze. Allora ci siamo posti il problema di come rimuoverli, come valorizzarli, come venderli, a chi darli. Allo stesso tempo, volevamo arredare casa in un certo modo, con un certo tipo di mobili, ma ci siamo imbattuti in un mercato molto oneroso e poco accessibile. Da qui è nata l’idea di creare un canale che fosse dedicato a valorizzare l’arredo usato. Siamo stati i primi in Italia. Poi è cominciata una fase di studio del mercato: durante il Salone del mobile siamo andati in giro a intervistare le persone che frequentavano il Salone e il Fuorisalone, in modo tale che riuscissimo a fare una sorta di profilazione. Dal nostro campione era emerso che la nostra idea suscitava curiosità e interesse.
A cosa deve il suo nome Deesup?
Il nome Deesup nasce da un contest online che ha visto la partecipazione di creativi e designer: abbiamo dato loro delle guideline e dei parametri e abbiamo scelto un vincitore sulla base dell’originalità e della curiosità che il nome poteva suscitare. Deesup è la combinazione di “design” e “up”, che vuole significare “portare il design a un livello superiore”, che per noi significa una seconda vita. Il logo poi sono due “E” contrapposte che ricordano un arredo di design.
Qual è il problema che Deesup si propone di risolvere?
Il problema è doppio: da un lato il poter dare accesso al mercato del design, con una sorta di democratizzazione di arredi spesso poco accessibili per motivi di prezzo e di markup; dall’altro il poter offrire al venditore potenziale un canale sicuro per valorizzare i propri prodotti, con un servizio end-to-end che va dalla valutazione dell’arredo alla sua promozione, dal ritiro fisico del prodotto dopo la vendita alla consegna. Questi due problemi si mettono insieme all’interno di una tendenza del mercato in cui operiamo, che è quella del resale. Tendenza che ha preso molto piede soprattutto nel 2020 con la pandemia, quando la casa è diventata “the place to be”. C’è dunque un senso di valorizzazione degli oggetti, sicuramente anche di risparmio, ma soprattutto di minor impatto ambientale.
In che modo il design può contribuire alla sostenibilità?
Può contribuire tantissimo. Recentemente abbiamo fatto un piccolo studio ed è emerso che per produrre un divano oggi si stima vengano emessi circa 250 chilogrammi di CO2. Abbiamo fatto una simulazione, immaginando che tutti i prodotti venduti sul nostro shop online fossero divani o arredi più o meno simili. Ebbene, risparmieremmo migliaia di tonnellate di CO2. Far durare i prodotti più a lungo – e gli arredi di alta qualità possono effettivamente durare a lungo – significa produrre meno. Se si produce meno, si impatta meno sull’ambiente, e si può trarre vantaggio da un punto di vista reputazionale. Noi ci consideriamo dei generatori di liquidità, nel senso che il privato viene da noi, vende un pezzo usato e utilizza quello che guadagna per comprare magari la poltrona della nuova collezione uscita di recente. Quindi è davvero un’economia circolare: l’usato diventa nuovo e il nuovo diventa usato. Come noi, anche le aziende produttrici stanno sposando questa causa, dimostrando che il comparto arredo ha un potenziale altissimo.
Da dove arrivano i vostri prodotti?
Siamo partiti creando una community di venditori privati, poi nel tempo abbiamo capito che poteva essere un canale molto efficace anche per gli showroom, per i distributori, per gli stessi produttori che hanno campionatura, prodotti da esposizione, fallati, fine serie, prodotti spaiati, rientrati da shooting fotografici. Sia i produttori che i retailer spesso si trovano ad avere magazzini più o meno grandi pieni di prodotti, che non riescono ad avere uno sbocco. Quindi da un punto di vista economico per loro è un costo, da un punto di vista ambientale è dannoso, perché si produce e poi non si utilizza. Diciamo che abbiamo un 40 per cento di prodotti provenienti da privati e un 60 per cento di prodotti provenienti da professionali.
Dietro Deesup c’è un preciso e rigoroso processo di selezione dei mobili. Come avviene?
La selezione è il nostro valore aggiunto. Solitamente chiediamo a tutti i venditori privati o professionali, con delle guideline che forniamo molto precise, del materiale fotografico che mostri l’oggetto nella sua attuale collocazione sotto varie angolature, in particolare una di queste foto deve avere il marchio in evidenza. Qualora questo non ci fosse, magari perché il produttore ha scelto di non porlo, chiediamo certificati di autenticità e fatture di acquisto. Su questo siamo molto rigorosi, perché per noi pubblicare un prodotto di dubbia provenienza non è assolutamente vantaggioso. Quindi capita che rinunciamo a dei prodotti belli, selezionati, a cui però manca il dettaglio distintivo del prodotto iconico.
Quanto a guidare l’acquisto di un mobile usato è il desiderio di un prodotto unico e quanto invece quello di sostenibilità?
Questa è una bellissima domanda ed è quella che ci poniamo tutti i giorni. Oggi ciò che spinge l’utente ad acquistare un prodotto usato è sicuramente un mix di fattori che guidano un sentiment, ma di base c’è il desiderio di avere l’icona di design che si è sempre sognata. Sicuramente è cresciuto il senso di responsabilità nei confronti di acquisti che abbiano un minore impatto ambientale. Quello che abbiamo notato – perché abbiamo fatto delle survey – è che il primo driver è il desiderio di un prodotto di design; questo però attiva l’intenzione di cercare un certo prodotto e, nel momento in cui il cliente trova e scopre Deesup, che è un canale che agisce responsabilmente, il processo decisionale si accorcia e quindi c’è più motivazione a convertire l’intenzione in acquisto. Noi da sempre abbiamo sposato la causa del riuso e della sostenibilità ma ormai ne abbiamo fatto la nostra mission: il nostro statement è quello di consentire agli appassionati di design di scoprire le icone senza tempo in un modo sostenibile.
È stata superata la reticenza nei confronti di un acquisto luxury online oppure ci sono ancora delle difficoltà da parte del pubblico a fidarsi?
La fiducia è qualcosa che va conquistato. Oggi in generale c’è più familiarità con il web. Deesup, in quanto marketplace, dà sia l’opportunità di acquistare che di vendere. Sono tanti gli utenti che arrivano, acquistano e poi dopo qualche mese rivendono e acquistano altre cose. Alla gente piace cambiare e, agevolando questo processo, gli acquisti vengono fatti più a cuor leggero. Certo, si tratta sempre di un acquisto importante, un bene durevole, luxury, ma in generale sembra essersi superata quella paura di comprare online. Naturalmente questo varia anche da paese a paese. È fondamentale instaurare un rapporto di fiducia: la cosa più efficace per noi è stata creare un rapporto diretto sia con il venditore sia con l’acquirente.
Qual è l’approccio di Deesup nei confronti del mercato estero?
Siamo partiti in Italia creando un canale per venditori e acquirenti però da subito abbiamo testato il mercato europeo. È capitato un po’ per caso perché ci contattavano dei clienti da Germania, Francia, Spagna, chiedendo informazioni su dei prodotti. Abbiamo capito che attraverso il motore di ricerca arrivavano a noi in maniera spontanea, così abbiamo fatto un test attraverso campagne digitali, ma che hanno ottenuto una risposta positiva. Gli stranieri hanno dimostrato da subito una significativa predisposizione all’acquisto anche multiplo di pezzi d’arredo e, facendo poi una serie di approfondimenti, abbiamo capito che il Made in Italy è sicuramente un driver. L’altro aspetto importante nell’ambito arredamento è la scarsità di prodotti: fatto cento il numero dei retailer in Italia, in Germania ce ne sono dieci; quindi per uno straniero è più difficile acquistare la poltrona di design che magari è ancora in produzione. Deesup offre l’opportunità di acquistare quella stessa poltrona, o una di una collezione precedente, usata. Quindi Made in Italy + scarsità = straniero che apprezza molto questa proposta.
Obiettivi per il futuro?
Nel 2020 abbiamo vissuto una fase di forte crescita, il mercato è stato molto attivo, le persone hanno cambiato le loro abitudini: predisposizione agli acquisti online, fiducia verso canali di intermediazione come il nostro, voglia di avere una casa bella, ordinata o con degli oggetti che piacciono, maggiore sensibilità verso la sostenibilità. Per poter rispondere a questo boom e per agevolare la nostra crescita, abbiamo aperto un round di investimento per raccogliere ulteriori risorse, per allargare il team – oggi siamo in 12 –, per espanderci in altri mercati, ma anche per consolidare la nostra presenza nel mercato europeo, diventando il player di riferimento per il canale luxury dell’arredamento dell’usato. Un altro aspetto su cui stiamo lavorando è la sofisticazione della tecnologia che utilizziamo.
Oggi abbiamo una piattaforma digitale, abilitata per vendere e per acquistare, che vogliamo rendere ancora più efficiente, velocizzando le pratiche di messa in vendita dei prodotti, automatizzando ulteriormente la fase di selezione che è il nostro core business. Vogliamo investire sulla realtà aumentata, sull’image recognition. Di progetti ne abbiamo tanti e per farlo abbiamo aperto un round di investimento che punta al milione di euro, di cui la campagna di crowdfunding su Doorway che si chiude il 30 giugno è parte. La scelta di Doorway, piattaforma di equity investing online autorizzata da Consob, nella quale investitori istituzionali, business angel, fondi di private equity, possono investire in selezionate startup e Pmi ad alta scalabilità, è stata guidata dalla valorizzazione dell’impatto sull’ambiente che accomuna noi e la piattaforma. L’internazionalità poi va approcciata in modo strutturato e noi prima vogliamo esaurire il potenziale europeo, che è enorme. Se inizialmente la nostra community era composta da venditori solo italiani, da poco abbiamo abilitato la piattaforma a ospitare venditori stranieri, che stanno iniziando ad arrivare dalla Francia, dalla Germania, dal Benelux.
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