Nell’arco di dodici mesi sono andati distrutti 13.235 chilometri quadrati di foresta amazzonica, poco meno dell’estensione del Trentino-Alto Adige.
Secondo alcune ong, il governo brasiliano avrebbe volutamente aspettato la fine della Cop26 per rendere note queste informazioni.
Anche l’amministrazione di Jair Bolsonaro si è impegnata a porre fine alla deforestazione entro il 2030. Un traguardo che appare lontanissimo.
Tra i motivi per cui la Cop26 di Glasgow verrà ricordata a lungo c’è senza dubbio lo storico impegno, da parte di cento governi, a porre fine alla deforestazione entro il 2030. Con un implacabile tempismo, solo dopo la fine dei negoziati sono state pubblicate le stime ufficiali sulla deforestazione in Amazzonia nel corso dell’ultimo anno. Numeri che parlano da soli: tra il 1° agosto 2020 e il 31 luglio 2021 è stata distrutta una superficie forestale di 13.235 chilometriquadrati, il 22 per cento in più rispetto a un anno prima.
La deforestazione in Amazzonia è ai massimi dal 2006
Ci sono due agenzie che monitorano la distruzione della foresta amazzonica, adottando metodologie diverse: Inpe(l’Istituto nazionale di ricerche spaziali) è pubblico, mentre Imazon (Instituto do homem e meio ambiente da Amazônia) è una ong indipendente. Il primo sostiene che nel mese di ottobre 2021 siano andati distrutti 877 kmq di foresta, il 5 per cento in più rispetto allo stesso mese del 2020.
Imazonparla invece di 803 kmq di foresta amazzonica distrutti a ottobre. Di per sé quindi la stima è più bassa, ma a destare preoccupazione è il totale raggiunto da gennaio in poi: 9.724 kmq, l’equivalente dell’estensione delle Marche. Si tratta del 33 per cento in più rispetto al 2020, un anno che si era già rivelato estremamente critico per la salute dell’Amazzonia.
📍Com isso, o acumulado desde janeiro de 2021 também ficou como o pior da década: 8.939 km², 39% a mais do que no mesmo período em 2020. pic.twitter.com/MohJNos9G0
A pochi giorni di distanza, il 18 novembre, anche Inpe ha reso nota l’analisi preliminare sul monitoraggio da satellite effettuato tra il 1° agosto 2020 e il 31 luglio 2021. Numeri che sembrano confermare le ipotesi più nere. Nell’arco di dodici mesi sono infatti andati distrutti 13.235 chilometriquadrati di foresta amazzonica, poco meno dell’estensione del Trentino-Alto Adige. È dal 2012 che la deforestazione in Amazzonia aumenta anno dopo anno, ma stavolta ha segnato un balzo in avanti addirittura del 22 per cento rispetto ai 10.851 chilometri quadrati dell’anno precedente. Un dato così grave non si registrava addirittura dal 2006.
Hanno suscitato parecchie polemiche anche le tempistiche dell’amministrazione brasiliana. Il comunicato di Inpe, fa notare la ong Observatório do clima, è datato 27 ottobre 2021. Sono passate più di tre settimane prima che venisse reso noto al pubblico; la scelta di attendere la fine della Cop26, secondo la ong, non sarebbe causale.
Reparem na data da nota do Inpe. O governo foi para a #COP26 SABENDO DO DADO DE DESMATAMENTO e o ESCONDEU.
C’è anche Bolsonaro tra i firmatari del patto contro la deforestazione
Già durante il summit sul clima organizzato dal presidente americano Joe Biden per l’Earth Day 2021, il presidente del Brasile Jair Bolsonaro aveva promesso di porre fine alla deforestazione non autorizzata entro il 2030. Alla Cop26 Bolsonaro non c’era, ma la sua delegazione ha ribadito questa posizione unendosi alla coalizione dei cento stati impegnatisi a interrompere i processi di deforestazione e di degrado del suolo entro la fine del decennio.
Obiettivi guardati con un certo scetticismo dagli ambientalisti, perché arrivano da un’amministrazione che finora non si è certo distinta per la tutela del polmone verde del Pianeta né dei popoli indigeni che lo abitano, come dimostrano i dati in continuo peggioramento. “Siamo in uno scenario ancora molto lontano dal raggiungimento degli obiettivi prefissati”, avverte Antônio Fonseca, ricercatore di Imazon.
Articolo pubblicato il 17 novembre 2021 e aggiornato il 19 novembre 2021
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