Il “medico che ripara le donne” ha deciso di provare a riparare anche il suo paese natale, la Repubblica Democratica del Congo. Il dottor Denis Mukwege, premio Nobel per la Pace 2018, si è infatti candidato alle elezioni presidenziali che avranno luogo il 20 dicembre.
I candidati sono in totale 26, fra cui il presidente uscente Félix Tshisekedi; il suo sfidante nel 2018, Martin Fayulu; il ricco imprenditore Moïse Katumbi; due ex primi ministri del presidente Kabila, Adolphe Muzito e Matata Ponyo Mapon; e una sola donna, Marie-Josée Ifoku. La campagna elettorale inizierà formalmente il 19 novembre e l’Unione europea sarà presente con una missione di osservazione dello svolgimento democratico della consultazione.
Chi è Denis Mukwege
Anche senza il supporto di un partito strutturato, Mukwege può contare sull’affetto di moltissimi connazionali che l’hanno spinto a impegnarsi in politica e l’hanno aiutato a raccogliere la somma di centomila dollari necessaria per depositare la sua candidatura. Il medico è noto per aver fondato l’ospedale Panzi, a Bukavu, nel 1999. Dopo aver viaggiato a lungo con il padre e aver assistito alla morte di numerose madri durante il parto, ha sempre dedicato sé stesso alla cura delle donne.
Specializzato in ginecologia, è stato insignito del premio Nobel per i suoi sforzi contro l’uso della violenza sessuale come arma di guerra ed è considerato il massimo esperto a livello mondiale nella cura dei danni fisici causati da stupro. Il suo è un approccio olistico, basato sulla consapevolezza che le ferite sono anche piscologiche e che le vittime hanno bisogno di essere accompagnate in un percorso di riavvicinamento alle loro comunità, da cui spesso finiscono per essere isolate.
La Repubblica Democratica del Congo, un paese lacerato da conflitti e violenze
Nella Repubblica Democratica del Congo, i diritti umani continuano a essere calpestati, come riporta l’organizzazione Human rights watch. Il numero di sfollati interni è arrivato a 6,9 milioni di persone in tutto il paese, mentre nella regione orientale sono attivi oltre cento gruppi armati. Fra essi ci sono i ribelli del Movimento 23 marzo (M23) che, sostenuti dal governo ruandese, si sono macchiati di una serie di crimini di guerra.
Human rights watch ha documentato quattordici casi di stupro e otto esempi di uccisioni volontarie, avvenuti principalmente tra novembre 2022 e marzo 2023, ma è solo la punta dell’iceberg. Da marzo a maggio, l’organizzazione ha intervistato più di ottanta testimoni tra vittime, familiari, autorità locali, rappresentanti di organizzazioni non governative, diplomatici e funzionari delle Nazioni Unite. I sopravvissuti hanno fatto riferimento a stupri di gruppo e violenze perpetrate di fronte ai mariti e ai figli delle vittime.
Le questioni legate alle risorse naturali e alla transizione energetica
Sebbene alle origini del conflitto ci sia il genocidio del Ruanda, in gioco ci sono anche motivazioni di carattere economico. La Repubblica Democratica del Congo, infatti, è ricca di risorse naturali come diamanti, oro, rame, legname, zinco e coltan e soddisfa oltre il 70 per cento del fabbisogno mondiale di cobalto, impiegato nelle batterie degli smartphone e delle auto elettriche. Ecco perché le elezioni presidenziali del prossimo 20 dicembre dovranno essere seguite con attenzione anche dalla comunità internazionale: a rischio potrebbe esserci, oltre al futuro di una nazione e dei suoi abitanti, anche quello della transizione energetica.
Per far fonte alla crisi climatica dobbiamo certo guardare a fonti energetiche rinnovabili, ma questo non può significare ignorare i diritti umani. L'esempio della Repubblica Democratica del Congo https://t.co/SptB5R4YKO
Per non parlare, poi, del ruolo che lo Stato gioca nella lotta contro i cambiamenti climatici. La maggior parte del suo territorio si trova all’interno della seconda più grande area di foresta pluviale tropicale al mondo, dove è immagazzinato l’8 per cento delle riserve globali di carbonio a livello forestale. Il nuovo presidente sarà chiamato a preservare questo patrimonio e la straordinaria varietà di ecosistemi presenti. Dovrà lavorare anche sulla riduzione della povertà energetica e sull’aumento della sicurezza alimentare, adottando parallelamente strategie di adattamento al riscaldamento globale.
L’impatto della crisi climatica nel continente africano
In tutti gli scenari di emissione, secondo le analisi della Banca mondiale, le temperature congolesi continueranno a salire fino alla fine del secolo. L’aumento più significativo è previsto per il periodo compreso fra i mesi di ottobre e marzo. Si prevede che i giorni caldi aumenteranno del 13–58 per cento e le notti calde del 33–86 per cento, mentre quelli freddi diminuiranno del 6-10 per cento. Fenomeni come ondate di calore, siccità e inondazioni diventeranno sempre più frequenti e intensi, con implicazioni significative per la popolazione, l’economia e il capitale naturale.
Prima ancora delle elezioni, si terrà la ventottesima conferenza sul clima delle Nazioni Unite (Cop28), che si svolgerà negli Emirati Arabi Uniti dal 30 novembre al 12 dicembre. Un’occasione per riprendere il discorso iniziato all’Africa climate summit di settembre, quando le principali economie mondiali sono state chiamate a stanziare le risorse necessarie alla transizione ecologica dei Paesi in via di sviluppo.
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Basta con i “teatrini”. Qua si fa l’azione per il clima, o si muore. Dalla Cop29 arriva un chiaro messaggio a mettere da parte le strategie e gli individualismi.
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