Depeche Mode, canzoni di fede e devozione

Reduci dal successo internazionale dello straordinario Violator (Mute, 1990), i Depeche Mode si affidano nuovamente al produttore del momento Flood (Nine Inch Nails, U2) per la lavorazione dell’ottavo album in studio della band, Songs of faith and devotion (Mute, 1993). Ne uscirà un lavoro spiccatamente rock, figlio dell’angoscia e dell’aggressività tipica, in quel periodo, delle band di Seattle.  

Reduci dal successo internazionale dello straordinario Violator (Mute, 1990), i Depeche Mode si affidano nuovamente al produttore del momento Flood (Nine Inch Nails, U2) per la lavorazione dell’ottavo album in studio della band, Songs of faith and devotion (Mute, 1993). Ne uscirà un lavoro spiccatamente rock, figlio dell’angoscia e dell’aggressività tipica, in quel periodo, delle band di Seattle.

 

 

Registrato nel corso di otto mesi  in una vecchia casa a Madrid, Songs of faith and devotion è anche l’ultimo album con Alan Wilder: le tensioni accumulate nel periodo di lavorazione – e nel seguente tour mondiale – finiranno per creare forti tensioni e malumori all’interno della band. Detto ciò, da un punto di vista qualitativo si tratta indubbiamente di uno degli apici creativi della carriera dei Depeche Mode, un viaggio nell’abisso nel quale spiccano le stupefacenti I Fell you, Walking in my shoes e In your room.

 

Il 3 aprile 1993 l’album si piazza al primo posto delle classifiche inglesi, e lo stesso accadrà negli Stati uniti, in Germania, in Francia. (In Italia arriverà al sesto posto). Ma sono anni duri, fatti di eccessi (eroina) e depressione, soprattutto per il frontman Dave Gahan: nell’agosto del 1995 tenta per la prima volta il suicidio mentre nell’agosto del 1996 va in overdose di speedball, dove viene salvato per miracolo. Gli spettri di questo periodo tumultuoso e difficile verranno raccontanti nel successivo album Ultra (Mute, 1997).

 

Roberto Vivaldelli

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