Sono stati ufficialmente aperti lunedì 2 dicembre i lavori della Cop16, la Conferenza mondiale delle Nazioni Unite per la lotta contro la desertificazione, ospitata dall’Arabia Saudita e presieduta dal ministro dell’Ambiente nella nazione mediorientale Abdulrahman Abdulmohsen AlFadley. Obiettivo dell’incontro: adottare misure concrete per lottare contro un fenomeno che già oggi comporta perdite agricole, di biodiversità e di mezzi di sussistenza in tutto il mondo, ma che in futuro sarà esacerbato dagli effetti dei cambiamenti climatici.
“Clima, desertificazione e biodiversità: serve un approccio globale”
La Cop16 di Riad è organizzata dalla Convenzione Onu per la lotta alla desertificazione (Unccd), il cui segretario esecutivo Ibrahim Thiaw nel discorso di apertura dei lavori ha lanciato un appello affinché “si adotti un approccio globale che tenga conto degli stretti legami tra desertificazione, perdita di diversità biologica e riscaldamento globale”. Proprio l’intreccio esistente tra i tre fenomeni indica infatti la necessità di non affrontarli separatamente.
Il problema nasce dal fatto che le difficoltà nel mettere d’accordo i governi appaiono evidenti anche quando si tratta di lavorare sui singoli temi, come dimostrato dai faticosissimi negoziati sul clima che si sono conclusi soltanto due settimane fa a Baku, in Azerbaigian. Ciò nonostante, il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, ha ricordato come quello attuale sia “un momento cruciale” nella lotta contro le ondate di siccità e l’avanzamento della desertificazione.
Alla Cop15 sulla desertificazione si raggiunge un accordo per la bonifica delle terre degradate
L’ultima riunione sul tema si è tenuta due anni fa, in Costa d’Avorio, ed era terminata con un accordo che puntava a “accelerare la bonifica di un miliardo di ettari di terre degradate”, ovvero danneggiate dalle attività umane (dall’inquinamento alla deforestazione). Un obiettivo da raggiungere entro il 2030. Ma secondo la stessa Unccd per preservare la biodiversità ed evitare conseguenze catastrofiche per l’umanità intera, occorrerebbe arrivare almeno a 1,5 miliardi di ettari entro la fine del decennio: una sfida colossale su scala mondiale. I danni apportato dalle attività umane, d’altra parte, sono enormi.
Alla Cop16 di Riad si punta dunque a raggiungere un accordo per un’accelerazione del lavoro di bonifica: “Abbiamo già perso il 40 per cento delle nostre terre”, ha ricordato Thiaw. Secondo il quale “in gioco c’è la sicurezza mondiale, e non soltanto in Africa o in Medio Oriente”.
Per salvare le terre dalla desertificazione serve un miliardo al giorno
Un rapporto presentato dall’Unccd proprio subito prima dell’inizio della Cop16 ha spiegato a chiare lettere che “siamo sull’orlo di un precipizio e dobbiamo decidere se adottare delle misure di trasformazione o continuare sulla strada di modificazioni irreversibili del nostro ambiente”. Lo stesso studio spiega che il mondo “ha bisogno di un miliardo di dollari al giorno per lottare contro la desertificazione, il degrado dei suoli e la siccità, nel periodo tra il 2025 e il 2030”.
Global spotlight on protecting and restoring land at @UNCCD#COP16Riyadh, paving the way toward a more sustainable future for hundreds of millions of people.
C’è però da chiedersi quale sarà la reale posizione dell’Arabia Saudita, per la quale il problema della desertificazione è certamente di grande importanza, ma che al contempo è una nazione accusata di aver contribuito a bloccare i negoziati della Cop29 di Baku. In particolare rifiutandosi di accettare che fossero menzionate le fonti fossili nei documenti approvati. Riad di trova insomma stretta tra la vulnerabilità di fronte all’avanzata dei deserti e la produzione petrolifera alla quale non vuole rinunciare, e che alimenta proprio riscaldamento globale e conseguenti ondate di siccità.
I lavori della Cop16 si concluderanno il 13 dicembre, dopo due settimane di negoziati.
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