Desertificazione, dalla Cop16 di Riad passi avanti ma senza un accordo vincolante

Alla Cop16 si sperava in un protocollo per fronteggiare siccità e desertificazione, ma la decisione è stata rimandata.

La sedicesima conferenza delle Nazioni Unite sulla desertificazione (Cop16) si è conclusa con un risultato a metà. Al termine di due settimane di negoziati, ospitati dall’Arabia Saudita a Riad, i delegati dei 196 paesi presenti non sono riusciti a raggiunge un accordo. Le discussioni si sono protratte fino alla mattinata di sabato 14 dicembre (la conclusione era prevista per il giorno precedente), ma ciò non è bastato per trovare un consenso sufficiente per raggiungere il principale obiettivo atteso: l’approvazione di un protocollo vincolante per lottare in modo efficace contro la desertificazione e, più in generale, il degrado delle terre emerse del nostro Pianeta.

Si spera in un accordo alla Cop17 sulla desertificazione in Mongolia

L’idea, infatti, era quella di raggiungere un accordo simile a quello che fu, per il clima, il Protocollo di Kyoto del 1997. Prima dell’inizio della Cop16, il segretario esecutivo della Convenzione delle Nazioni Unite per la lotta contro la desertificazione (Unccd), Ibrahim Thiaw, aveva lanciato un appello alle nazioni partecipanti, affinché adottassero “una decisione audace, per invertire la tendenza verso la catastrofe ambientale più diffusa e più grave: la siccità”. Lo stesso dirigente mauritano ha poi concluso la conferenza ammettendo che “le parti hanno bisogno di altro tempo per trovare un accordo sul modo migliore per andare avanti”.

Nel comunicato finale diffuso dall’Unccd, si afferma che sono stati effettuati “progressi significativi, che gettano le basi per un futuro quadro globale per la lotta contro la siccità, che si ha intenzione di raggiungere in occasione della Cop17 che si terrà in Mongolia nel 2026”. Secondo l’Istituto internazionale per lo sviluppo sostenibile (Iisd), la realtà è che i delegati si sono trovati in un’impasse tale da “non avere altra scelta se non quella di accontentarsi di una decisione puramente procedurale, con la quale si accetta di proseguire i negoziati nell’ottica di raggiungere un accordo il prossimo anno”.

La Cop16 di Riad sulla desertificazione1
La Cop17 sulla desertificazione si terrà nel 2026 in Mongolia © Anastasia Rodopoulou/Iisd/Enb

Desertificazione e crisi climatica sono strettamente correlate

“Il nostro lavoro non finisce con la chiusura della Cop16 – ha dichiarato la vicesegretaria generale delle Nazioni Unite Amina J. Mohammed –. Dobbiamo continuare a contrastare la crisi climatica, abbracciando inclusività, innovazione e resilienza. I giovani e i popoli indigeni devono essere ascoltati in questo. Le loro testimonianze, le loro voci e la loro creatività sono indispensabili per costruire un futuro sostenibile con rinnovate speranze per le prossime generazioni”.

La questione della desertificazione, infatti, è strettamente collegata a quella climatica. La crescita della temperatura media globale, e i conseguenti cambiamenti climatici, stanno provocando un aumento della frequenza e dell’intensità dei fenomeni meteorologici estremi. Compresa la siccità. Ma non è tutto: il degrado dei suoli non è il solo problema ambientale legato al processo di inaridimento delle terre.

La Cop16 di Riad sulla desertificazione1
Un momento dei negoziati alla Cop16 di Riad © Anastasia Rodopoulou/Iisd/Enb

Degradata in pochi anni una superficie grande il doppio della Groenlandia

L’Iisd sottolinea il lungo elenco di problemi connessi a tale fenomeno, che “aumenta i rischi sanitari e la diffusione di nuove malattie, rappresenta un volano per le migrazioni forzate, genera conflitti per l’accaparramento delle scarse risorse”. E, innescando un circolo vizioso, “contribuisce ad esacerbare i cambiamenti climatici, la perdita di biodiversità, la povertà, e l’insicurezza alimentare”. La situazione è d’altra parte drammatica: circa il 40 per cento delle terre emerse è già degradato. Tra il 2015 e il 2019, non meno di 100 milioni di ettari di terre produttive sono stati degradati ogni anno (per un totale di un’area grande come due volte la Groenlandia).

Tutto ciò è aggravato dall’insufficiente azione dei governi per tutelare i territori. E, secondo il Global land outlook dell’Unccd, senza un cambiamento di rotta profondo, il processo di degrado delle terre porterà 700 milioni di persone a dover abbandonare le loro case di qui al 2050, per mancanza di mezzi di sussistenza sufficienti o di un adeguato accesso alle risorse idriche.

La Cop16 di Riad sulla desertificazione1
Il segretario esecutivo dell’Unccd, Ibrahim Thiaw © Anastasia Rodopoulou/Iisd/Enb

La siccità colpirà il 75% della popolazione mondiale nel 2050

Ma cosa significa cambiare rotta? La risposta è molteplice ed è una delle ragioni del fallimento sostanziale della Cop16 di Riad. Per contrastare efficacemente il processo di desertificazione, occorre modificare i metodi di produzione agricola, evitare uno sfruttamento insensato delle risorse naturali, tutelare la vegetazione naturale, utilizzare metodi di irrigazione appropriati, limitare l’uso dei pesticidi, la cementificazione, l’inquinamento, rinunciare in molti casi allo sfruttamento minerario, combattere seriamente la deforestazione. E, ovviamente, agire contro il riscaldamento climatico (problema affrontato, con scarsi risultati, alla Cop29 sul clima di Baku e che per questo non è stato oggetto di discussione anche in Arabia Saudita).

Appare evidente come tutto ciò implichi ingenti investimenti. E non a caso uno dei problemi che hanno bloccato le discussioni a Riad è stato proprio quello finanziario. Le ondate di siccità “alimentate dalla distruzione dell’ambiente provocata dall’uomo”, secondo l’Onu, costano già più di 300 miliardi di dollari all’anno. E colpiranno il 75 per cento della popolazione mondiale alla metà del prossimo secolo.

I paesi ricchi non vogliono un protocollo e spingono per un semplice “quadro”

Secondo un delegato di una nazione africana, che ha preferito mantenere l’anonimato, di fronte ad un tale scenario “per la prima volta l’Africa ha parlato con una voce unica, chiedendo un protocollo contro la siccità”. Il continente è, d’altra parte, il più esposto di fronte al problema della desertificazione. Ma altri delegati hanno fatto sapere che il mondo sviluppato si sta opponendo all’idea di un protocollo, troppo vincolante ai loro occhi. I paesi ricchi spingono invece perché si approvi un semplice “quadro”. Ma le delegazioni africane, spinte ai gruppi dei popoli autoctoni, lo giudicano a loro volta inadeguato.

La Cop16 di Riad sulla desertificazione1
Il presidente della Cop16 di Riad Abdulrahman Abdulmohsen AlFadley © Anastasia Rodopoulou/Iisd/Enb

Che il tempo a disposizione sia ormai poco è confermato d’altra parte anche dai numeri: l’Unccd ha stimato che 1,5 miliardi di ettari di terre dovrebbero essere bonificati di qui alla fine del decennio per invertire la tendenza alla desertificazione. Per farlo, serviranno almeno 2.600 miliardi di dollari. A Riad ne sono stati promessi 12 dal Gruppo di coordinamento arabo, nella speranza che ciò aiuti a mobilitare fondi pubblici e privati. Per ora, si tratta di una goccia nel mare. O, meglio, di una piccola oasi nel deserto.

Siamo anche su WhatsApp. Segui il canale ufficiale LifeGate per restare aggiornata, aggiornato sulle ultime notizie e sulle nostre attività.

Licenza Creative Commons
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.

L'autenticità di questa notizia è certificata in blockchain. Scopri di più
Articoli correlati