In Russia si sono registrati nuovi reclutamenti di detenute donne, fatte uscire da un carcere vicino a San Pietroburgo per essere mandate al fronte.
“Non avevo mai tenuto in mano una mitragliatrice. Mi hanno presa come cecchino. E sono stata fortunata, perché altre donne della mia stessa colonia penale adesso sono morte”. A parlare è Alena (nome di fantasia), una delle ex detenute che l’estate scorsa è stata arruolata in un carcere nell’oblast’ di Lipetsk, dove stava scontando una condanna per droga, e spedita al fronte in Ucraina.
Sono sempre di più i casi di donne che vengono prelevate dalle carceri russe e mandate in guerra. Il più recente risale a poche settimane fa, come riporta il New York Times che cita come fonti due ex detenute che sarebbero ancora in contatto con le compagne di cella. Quest’ultimo caso di arruolamento sarebbe avvenuto alla fine di maggio 2024 in un carcere non lontano da San Pietroburgo e potrebbe far presagire l’inizio di una nuova ondata di reclutamenti di donne da spedire in guerra.
In guerra per soldi e libertà
La ricerca di nuove leve nelle carceri femminili russe non è una novità. Il primo caso registrato dagli attivisti per i diritti umani risale all’autunno 2022. Un altro sarebbe avvenuto nel settembre 2023: in quell’occasione, in cambio della grazia e di uno stipendio equivalente a duemila dollari al mese, circa dieci volte il salario minimo nazionale, alle detenute furono offerti dei contratti di un anno per prestare servizio come cecchino, personale medico e operatore radio in prima linea. Secondo quanto si apprende, in uno dei centri penitenziari di San Pietroburgo avrebbero accettato la proposta quaranta detenute su quattrocento: sarebbero dovute partire per il fronte nel giro di sei mesi, ma poi tutto è andato in fumo. Quelle donne sono rimaste in carcere senza ricevere una spiegazione ufficiale.
Secondo Olga Romanova, a capo della fondazione “Rus’ sidyaschaya” (Russia Behind Bars), ci sarebbero stati dei cambiamenti a livello legislativo che avrebbero interrotto l’iter per quelle detenute che avevano accettato i contratti per il fronte.
Ora, a quanto pare, i reclutatori militari stanno tornando all’attacco. E il rinnovato interesse verso le donne carcerate coincide curiosamente con un periodo in cui il governo russo cerca di attirare nuove leve soprattutto dai margini della società, ingaggiando immigrati, debitori e delinquenti, spesso con metodi ben poco ortodossi. L’impiego di queste persone e i reclutamenti nelle carceri sarebbero con ogni probabilità dei tentativi per rimpolpare l’esercito, in forte sofferenza, evitando una nuova mobilitazione forzata che causerebbe parecchio malcontento nella società.
Nelle ultime settimane la stampa russa indipendente ha parlato anche di “retate” per prelevare uomini che vengono fermati per strada e all’uscita della metropolitana, e da lì condotti negli uffici di arruolamento. Come scrive Novaya Gazeta (il giornale di Anna Politkovskaya), in molti casi vengono utilizzate le telecamere di sorveglianza per braccare uomini in età militare, che talvolta vengono assoldati nonostante siano affetti da patologie croniche e disturbi mentali.
Le vittime ideali della propaganda
Se l’arruolamento di massa dei carcerati uomini è cominciato all’inizio del 2023, da allora sono partite per il fronte decine di migliaia di detenuti e centinaia di loro hanno perso la vita nei combattimenti, nell’arco di pochi mesi l’interesse si è esteso anche alle detenute donne. Nell’estate 2023 almeno un centinaio di donne sarebbero state prelevate dalle colonie penali della Russia meridionale, e secondo gli attivisti per i diritti umani ci sarebbero stati dei reclutamenti anche nelle regioni ucraine occupate. Ad esempio, sarebbero state arruolate per il fronte circa cinquanta donne rinchiuse nel carcere della città di Snezhnoye, nella regione occupata di Donetsk.
I reclutamenti di massa tra le detenute sono iniziati nel settembre 2023. Si tratta di donne condannate per i reati più svariati, alcune soffrono di epatite, molte di loro hanno figli.
Olga Romanova
Stando a quello che raccontano gli attivisti, non viene fatta alcuna distinzione in base all’età, al tipo di reato commesso e alle condizioni di salute. Qualche mese fa il giornale indipendente Sota ha parlato di almeno trenta detenute prelevate dalla colonia penale IK-7, nell’oblast’ russa di Lipetsk, dove si registrano moltissimi casi di Hiv.
“Io non avevo nessuna esperienza”, ha raccontato Alena, ex detenuta rimessa in libertà dopo aver combattuto in Ucraina. “Al momento del reclutamento non mi hanno chiesto nulla, hanno guardato solo la mia età e il mio stato di salute. Non ho un’istruzione particolare, ho lavorato come commessa per qualche anno, tutto qui. Ho accettato perché avevo ancora cinque anni di carcere da scontare”.
Ma cosa spinge esattamente le carcerate a voler partire per la guerra? In primis i soldi, le terribili condizioni di detenzione e la speranza di una vita fuori dalla cella. “Pensano che alla fine della guerra verranno rimesse in libertà”, spiega Olga Romanova. “Chissà perché i detenuti, così come buona parte della popolazione russa, credono che questa guerra finirà presto, e che non sia qualcosa di così terribile. Ma da quel che ci risulta, i detenuti al fronte si massacrano a vicenda, bevono e fanno uso di droghe, e diventa difficile comandarli. E come se non bastasse, vogliono mandare là in mezzo anche le donne…”.
Secondo i dati ufficiali, sarebbero circa 35mila le donne detenute nelle carceri russe, pari al nove per cento della popolazione carceraria. “Le detenute sono le vittime ideali della propaganda, dice Olga Romanova. A differenza degli uomini che spesso riescono in qualche modo a raggiungere degli accordi per avere accesso al cellulare e a internet, alle donne non arriva nessuna informazione diversa da quella della propaganda. E così, molte di loro credono davvero di dover morire per la patria”.
Un invito aperto a tutte le detenute in Russia
Ma non sono solo le detenute a finire nel mirino dei reclutatori dell’esercito. Le donne infatti sono apparse su diversi manifesti pubblicitari che invitano chiunque tra i civili ad arruolarsi. Uno di questi manifesti, datato marzo 2024, ritrae una ragazza in mimetica e col fucile in mano. E la scritta “Entra a far parte dell’esercito della vittoria”. L’annuncio promette un bonus di circa quattromila dollari per l’iscrizione, e non è richiesta nessuna esperienza pregressa né formazione militare. “Abbiamo un solo obiettivo: la vittoria”, recita l’annuncio.
La presenza delle soldatesse russe al fronte non è cosa nuova: alcune di loro si sono unite a un’unità paramilitare russa, chiamata Española, che nel settembre 2022 ha pubblicato un video di reclutamento.
Anche l’esercito di Kiev ha iniziato a reclutare le donne. Secondo il New York Times, il numero di donne in servizio nelle forze armate ucraine è aumentato del quaranta per cento dopo l’invasione, ed è arrivato a 43mila soldatesse alla fine dell’anno scorso. Prima della guerra, l’esercito russo, molto più numeroso, contava circa quarantamila donne in servizio, impiegate perlopiù in mansioni amministrative.
Ora ci si domanda se questi nuovi reclutamenti siano solo dei casi isolati, se facciano parte di un progetto pilota più ampio o se debbano essere interpretati come l’inizio di arruolamenti di massa tra le detenute. Una politica che in ogni caso contraddice la retorica del Cremlino che punta a rafforzare l’idea della figura femminile come madre e moglie, che deve occuparsi in primo luogo della crescita e della cura dei figli.
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