Un’immunoterapia plant-based per l’artrite reumatoide: l’impegno della startup Diamante

Avvalendosi di organismi vegetali, Diamante propone un farmaco innovativo per l’artrite reumatoide. Ne abbiamo parlato con la Ceo, Valentina Garonzi.

  • Il trattamento delle malattie autoimmuni si basa su farmaci immunosoppressori, con effetti avversi non trascurabili.
  • La startup Diamante sviluppa uno strumento terapeutico plant-based, in grado di rieducare il sistema immunitario senza reprimerlo.
  • Rivolto ai pazienti con artrite reumatoide, il farmaco è sicuro per l’uomo, efficiente nel ridurre i sintomi e sostenibile.
  • Grazie alla sua flessibilità, la piattaforma può adattarsi, in futuro, anche alla gestione di altre patologie autoimmuni.

Le malattie autoimmuni compongono un insieme complesso ed eterogeneo di problematiche. Tuttavia, il fulcro caratterizzante è comune: il corpo identifica come estranei i propri componenti e li attacca, danneggiandosi. I tessuti potenzialmente colpiti sono vari, così come i sintomi cronici che ne derivano. Le cause esatte dell’autoimmunità non sono chiare, mentre le terapie mirano alla gestione dei sintomi, non senza effetti collaterali importanti. In tale contesto si inseriscono gli obiettivi della startup Diamante, che si colloca nell’ecosistema LifeGate Way. Con perizia scientifica e determinazione, il team di questa azienda sviluppa uno strumento innovativo e plant-based per il trattamento dell’artrite reumatoide. Gli aspetti da evidenziare riguardano sia il processo produttivo adottato sia il meccanismo d’azione di quello che sarà il farmaco. Ne abbiamo parlato con la dottoressa Valentina Garonzi, Ceo di Diamante.

team di Diamante
Il team di Diamante: da sinistra a destra, Linda Avesani, Valentina Garonzi e Roberta Zampieri © Diamante

 

“Molecular farming”: partire dalle piante per curare l’uomo

Quali sono i punti chiave della tecnologia impiegata? “Il processo di produzione si basa su una tecnologia nota come molecular farming, che prevede l’utilizzo delle piante come bio-reattori naturali. Quello che facciamo, in sostanza, è identificare un frammento proteico specifico per la malattia e inserirlo nel dna di un virus vegetale, ottenendo, di fatto, una nuova molecola. Impiegato per infettare una specifica pianta, il virus in questione andrà a riprodursi all’interno delle sue foglie, le quali verranno poi raccolte e processate per riestrarre le particelle di interesse. La pianta, in effetti, è lo strumento che ci consente di produrre il nostro farmaco”, spiega Valentina Garonzi.

Un nuovo farmaco che rieduca il sistema immunitario

La gestione dell’artrite reumatoide, così come di altre patologie autoimmuni, prevede l’utilizzo di farmaci immunosoppressori. Questi reprimono la risposta immunitaria, spegnendo l’attacco anomalo che il corpo attua contro i propri tessuti. Tuttavia, gli immunosoppressori agiscono anche sulle capacità difensive generali, impedendo all’organismo di combattere i patogeni esterni o, addirittura, le cellule tumorali. L’utilizzo continuativo di questi farmaci, dunque, si correla allo sviluppo di problematiche aggiuntive che, col tempo, risultano invalidanti. Ad alcuni anni dalla diagnosi, una parte dei soggetti con artrite reumatoide viene, di fatto, considerata disabile, pur assumendo tutti i farmaci previsti.

L’approccio proposto dalla startup si correla a diversi aspetti positivi, a partire da effetti terapeutici e conservazione ottimale delle difese immunitarie. Diamante propone uno strumento terapeutico diverso. “Si tratta di un meccanismo nuovo, perché non si basa, come gli attuali trattamenti, sulla soppressione generale del sistema immunitario, ma sulla sua rieducazione”, afferma Garonzi. “Nelle fasi di studio, abbiamo dimostrato la capacità del farmaco di indurre la tolleranza immunitaria verso i componenti che, nella malattia, vengono erroneamente attaccati. Il nostro farmaco innesca un meccanismo di bilanciamento e di riduzione dell’infiammazione. Si verifica, in effetti, una riduzione dei sintomi, nel contesto di un sistema immunitario che resta efficiente”.

Sicurezza e sostenibilità: i vantaggi della tecnologia

I farmaci disponibili non sono scevri da conseguenze avverse. E non solo. La produzione farmaceutica è una fonte di inquinamento ambientale. Sempre più, sono necessarie soluzioni efficaci e meno rischiose per il paziente, ma anche sostenibili per l’ambiente.

Le differenze sostanziali che intercorrono tra il mondo vegetale e quello animale garantiscono risorse rilevanti. Sfruttate nella tecnologia di Diamante, tali differenze determinano la sicurezza dello strumento proposto. Perché la tecnologia di Diamante si avvale di organismi vegetali? “I virus delle piante (utilizzati per la produzione del farmaco) non sono in grado di infettare l’uomo, tanto che, senza rendercene conto, possiamo introdurli ogni giorno con la normale alimentazione e il contatto con l’ambiente. Questo fa sì che il nostro farmaco sia più sicuro”, spiega la dottoressa.

“Si tratta di un procedimento sostenibile, poiché non basato sull’utilizzo di reagenti chimici inquinanti per ambiente. In più è scalabile, dal momento che, per aumentare la capacità produttiva, basta produrre più piante”, aggiunge Garonzi. Tra i vantaggi correlati alla biotecnologia applicata si collocano, dunque, anche il rispetto per l’ambiente e una produttività meno problematica, se rapportata alla realizzazione dei farmaci convenzionali.

Biotecnologia
La biotecnologia ha un minore impatto ambientale rispetto alla realizzazione dei farmaci convenzionali © Diamante

Le fasi di sviluppo del farmaco per l’artrite reumatoide

La disponibilità concreta di un nuovo farmaco richiede un preciso iter di sperimentazione, partendo da indagini di laboratorio, fino agli studi clinici sull’uomo. “Attraverso tre studi pre-clinici, abbiamo dimostrato l’efficacia del trattamento in vivo, identificando la modalità di somministrazione più corretta per l’uomo e altre variabili di interesse. Al momento, ci prepariamo per gli studi di tossicologia, volti a confermare in vivo la sicurezza del farmaco (uno step per il quale riteniamo di non riscontrare problematiche, data l’innocuità delle particelle utilizzate). Terminati gli studi di tossicologia, otterremo l’approvazione per iniziare la fase clinica, e quindi un primo studio sull’uomo”, spiega la dottoressa Garonzi.

Attualmente il farmaco è indirizzato al trattamento dell’artrite reumatoide, ma il campo di applicazione è, potenzialmente, molto più ampio. Previsioni per il prossimo futuro? “Stiamo attivando nuove linee di ricerca per altre patologie, quali lupus eritematoso sistemico e sclerosi multipla. La tecnologia in uso è infatti molto flessibile”, conclude Valentina Garonzi. Piccoli passi, supportati da studio, capacità e concretezza, portano dunque a grandi traguardi, funzionali alla salute comune e alla sostenibilità.

 

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