L’Africa climate summit si è chiuso in Kenya il 6 settembre con la firma della dichiarazione di Nairobi.
Tale documento costituisce la base della posizione negoziale del continente africano alla Cop28 di Dubai.
Numerose le richieste, tra cui una carbon tax e un ripensamento dei finanziamenti per il clima.
Attivisti, membri della società civile ed esperti ritengono che la dichiarazione non sia abbastanza inclusiva e radicale.
L’Africa climate summit, la prima conferenza sul clima voluta dai paesi africani, si è chiuso in Kenya il 6 settembre con la firma della dichiarazione di Nairobi. I leader africani hanno preso questa decisione congiunta per evidenziare il potenziale del continente come importante hub mondiale di energia pulita e per incoraggiare gli altri leader mondiali a sostenere nuove tasse globali sulla CO2. “Questa dichiarazione servirà come base per la posizione comune dell’Africa nel processo globale sui cambiamenti climatici“, si legge nel documento finale. “Nessun paese dovrebbe mai dover scegliere tra le aspirazioni di sviluppo e l’azione per il clima”.
La dichiarazione costituirà la base della posizione negoziale dell’Africa al vertice Cop28che si terrà a Dubai il prossimo autunno. Il continente al momento conta circa 1,3 miliardi di persone, una popolazione destinata a raddoppiare entro il 2050. La posizione dei leader è abbastanza chiara. Come si legge nella dichiarazione, “la decarbonizzazione dell’economia globale è anche un’opportunità per contribuire all’uguaglianza e alla prosperità condivisa”.
La dichiarazione di Nairobi chiede una nuova carbon tax
Concordata all’unanimità dai leader durante il vertice di tre giorni, la dichiarazione invita i maggiori emettitori di gas serra del mondo e i paesi più ricchi a mantenere le promesse fatte. Ricordando in particolare l’impegno preso 14 anni fa (ma ancora non mantenuto) di stanziare cento miliardi di dollari in finanziamenti annuali per il clima ai paesi in via di sviluppo. Ancora più importante è far accettare dai leader del G20 la proposta di una nuova carbon tax sui combustibili fossili, sul trasporto aereo e marittimo da mettere sul tavolo.
Come potenziale modello, il presidente keniota William Ruto ha citato la proposta di una tassa sulle transazioni finanziarie (Ttf) che è stata avanzata nell’Unione europea già nel 2011, ma che non ha ottenuto l’approvazione unanime del Consiglio europeo, necessaria per diventare legge.
Kenya welcomes the addition of the African Union — the fastest growing continent in the world — to the G20. This will increase the voice of Africa, visibility, and influence on the global stage and provide a platform to advance the common interest of our people.
Inoltre, i paesi africani affermano di essere costretti a pagare costi di prestito da cinque a otto volte superiori a quelli dei paesi ricchi, portando a ricorrenti crisi del debito e impedendo loro di spendere di più per rispondere ai cambiamenti climatici.
Nella dichiarazione si chiede di ripensare tutta l’architettura del sistema finanziario globale che “risponda alle esigenze dell’Africa, compresa la ristrutturazione e l’alleggerimento del debito” e si esplicita la necessità della raccolta e lavorazione delle vaste risorse minerarie direttamente nel continente.
Le critiche da parte della società civile
La dichiarazione di Nairobi, tuttavia, ha ricevuto reazioni contrastanti, con attivisti, membri della società civile, esperti di energia e salute che l’hanno criticata per non essere abbastanza inclusiva e radicale.
La principale causa di malcontento sta nel fatto che i finanziamenti per il clima siano stati messi in primo piano durante l’evento, a scapito di questioni come l’adattamento e l’insicurezza climatica. Tutto questo, in un momento in cui gli eventi meteorologici estremi in tutto il continente hanno interrotto i mezzi di sussistenza, provocato sfollamenti e peggiorato l’insicurezza alimentare.
Molte comunità che subiscono il peso delle crescenti inondazioni e siccità, e che sono anche a rischio di conflitto, sono deluse dal fatto che non sia stata data maggiore enfasi alla garanzia che gli investimenti verdi arrivino fino a loro.
Gli attivisti si sono anche opposti ai piani dei leader di aumentare i progetti dei mercati della CO2 nel continente, attraverso l’African carbon markets initiative lanciata durante la Cop27 dello scorso anno. Alcuni leader africani infatti ritengono che essi abbiano un enorme potenziale economico, anche per aumentare i fondi per il clima a disposizione del continente. Esiste tuttavia un importante rischio di greenwashing, perché i paesi occidentali e le aziende potrebbero approfittare della compensazione per continuare a emettere grandi quantità di gas serra.
Secondo i gruppi di attivisti, il vertice è stato un’occasione mancata per affrontare le implicazioni sui diritti umani dei progetti di energia rinnovabile in Kenya e in altre aree del continente. Sono diverse, infatti, le denunce di violazioni dei diritti (anche dei popoli indigeni) e perdita di mezzi di sussistenza, secondo quanto riportato dal Business and human rights resource center.
La dichiarazione è, quindi, considerata debole e incentrata sugli interessi della finanza globale, ma sarà il biglietto da visita con cui l’Africa si presenterà a Dubai, nel tentativo di ottenere fondi per la crescita verde.
Finanza climatica, carbon credit, gender, mitigazione. La Cop29 si è chiusa risultati difficilmente catalogabili in maniera netta come positivi o negativi.
Si parla tanto di finanza climatica, di numeri, di cifre. Ma ogni dato ha un significato preciso, che non bisogna dimenticare in queste ore di negoziati cruciali alla Cop29 di Baku.
Basta con i “teatrini”. Qua si fa l’azione per il clima, o si muore. Dalla Cop29 arriva un chiaro messaggio a mettere da parte le strategie e gli individualismi.