196 difensori dell’ambiente sono stati uccisi nel 2023 per il loro attivismo

Anche nel 2023 il centro e il sud America sono state le zone del mondo più pericolose per i difensori dell’ambiente, conferma la ong Global witness.

  • A partire dal 2012, più di duemila difensori dell’ambiente sono stati uccisi. 196 soltanto nel 2023.
  • È quanto emerge dall’ultimo report annuale dell’organizzazione non governativa Global witness.
  • Il record negativo spetta alla Colombia, con 79 omicidi nel 2023.

Nonhle Mbuthuma la sua battaglia l’ha vinta. Con il supporto della comunità, ha trascinato in tribunale la multinazionale petrolifera Shell e il governo del suo paese, il Sudafrica. Riuscendo, alla fine, a fermare i test sismici per la ricerca di petrolio e gas sotto i fondali al largo della Wild coast, ricchissima di biodiversità. Il Goldman environmental prize che le è stato conferito nel 2024 testimonia questo grande traguardo, ma non può cancellare tutto ciò che le è costato. “Il ruolo di difensori dell’ambiente non è privo di sacrifici personali. Decenni di lavoro per proteggere il nostro pianeta hanno avuto per me un peso, a livello fisico ed emotivo. Il nostro attivismo ha un costo nascosto. Per anni ho affrontato minacce di morte, atti di violenza, criminalizzazioni e molestie”, scrive. Più di duemila difensori dell’ambiente non sono più qui per raccontare la loro storia, perché a partire dal 2012 sono stati uccisi. Di cui 196 solo lo scorso anno. È quanto si legge nell’ultimo report annuale della ong Global witness, di cui Nonhle Mbuthuma firma la prefazione.

La Colombia si conferma il paese più pericoloso per i difensori dell’ambiente

I 196 difensori dell’ambiente uccisi nel 2023 sono soltanto i casi che Global witness è riuscita a documentare, ma è lecito supporre che molti altri siano passati sotto silenzio. Il 43 per cento delle vittime apparteneva a un popolo indigeno, mentre le donne sono il 12 per cento.

Come di consueto, quasi tutti gli omicidi – per la precisione l’85 per cento – sono avvenuti in America Latina e nei Caraibi. La Colombia batte ogni record negativo, con 79 omicidi nel 2023 (dal 2012, quando Global witness ha iniziato questo conteggio, nessun paese aveva mai registrato un totale così alto) e 461 nell’arco degli undici anni monitorati. Accende un barlume di speranza il fatto che la Corte costituzionale abbia appena dato il via libera alla ratifica dell’Accordo di Escazú, il cui obiettivo è proprio quello di tutelare gli attivisti ambientali.

Il Brasile è al secondo posto in questa preoccupante classifica, con 25 omicidi accertati nel 2023 e un totale di 401 dal 2012 in poi. Ma lo stato con il maggior numero di delitti pro capite è l’Honduras: tra il 2012 e il 2023 sono stati 149, cioè più di 15.700 per milione di abitanti. Per il 2024, con 18 omicidi accertati, l’Honduras è alla pari del Messico: uno stato, quest’ultimo, in cui sono a rischio soprattutto gli indigeni e coloro che si oppongono ai progetti minerari.

Le mire dell’industria sulle risorse naturali del centro America

Il report dedica un approfondimento all’America centrale, cioè a Belize, Costa Rica, El Salvador, Guatemala, Honduras, Nicaragua e Panama. Lì infatti la situazione appare esplosiva, con 36 difensori dell’ambiente uccisi nel 2023: un quinto del totale globale, nonostante la regione ospiti appena l’1 per cento della popolazione e occupi una superficie paragonabile a quella della Thailandia. Dal 2012 in poi, gli omicidi documentati sono 314, più della metà dei quali ai danni di persone indigene. Oltre novemila le attiviste che sono state oggetto di attacchi negli undici anni monitorati.

In termini di patrimonio naturale, il centro America ha un valore inestimabile: ospita il 12 per cento della biodiversità del pianeta. Ma è anche al centro delle mire dell’industria, in particolare dell’agribusiness: l’80 per cento della vegetazione è già stato convertito in terreni agricoli. Secondo Global witness, se così tanti attivisti pagano con la vita il loro impegno è anche perché i governi (spesso autoritari) finiscono per tutelare i gruppi di potere economici. È il caso del Nicaragua, dove le proteste vengono sedate nel sangue e migliaia di ong sono state sciolte, impedendo così alla popolazione di organizzarsi per difendere i propri diritti. O del Guatemala, dove i gruppi criminali spadroneggiano. Negli ultimi quattro anni, più di cinquanta attivisti per i diritti umani, giornalisti e giudici sono stati costretti a scappare, per difendersi da processi intimidatori e infondati.

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