Ancora oggi c’è chi paga l’attivismo con la vita. Nel 2021 sono stati uccisi 358 difensori dei diritti umani; molti altri sono stati incarcerati o spiati.
358 difensori dei diritti umani sono stati uccisi nel corso del 2021 in 35 diversi paesi. Le cifre sono diffuse dalla ong irlandese Front line defenders.
Il report censisce gli attentati contro gli attivisti che difendono l’ambiente e il territorio, i popoli indigeni, i diritti umani, la libertà di espressione e i diritti di donne e persone lgbt+.
Molti altri difensori dei diritti umani subiscono minacce, intimidazioni, arresti arbitrari, oppure vengono sorvegliati attraverso mezzi informatici.
Fernando dos Santos Araújo, classe 1982, era un lavoratore senza terra. Viveva nell’Amazzonia brasiliana, dove per anni si era battuto perché venisse finalmente messa in pratica la riforma agraria che destina le terre improduttive ai piccoli agricoltori come lui. Nel 2017 aveva anche occupato il latifondo di Santa Lúcia insieme a un gruppo di famiglie, per per fare pressione sull’amministrazione locale. C’era anche lui la mattina del 24 maggio 2017, quando un gruppo di agenti di polizia ha fatto irruzione e ha sterminato dieci persone. È riuscito a sopravvivere al massacro di Pau d’Arco restando nascosto sotto il corpo senza vita del suo fidanzato. Da allora è stato incluso in un programma di protezione delle vittime e dei testimoni, con l’assistenza delle ong locali. Nemmeno questo però è bastato, perché il 26 gennaio 2021 è stato raggiunto da un colpo di pistola. Fernando dos Santos Araújo è uno dei 358 difensori dei diritti umani che sono stati uccisi nel corso del 2021 in 35 diversi paesi, spesso nell’impunità. Le cifre sono diffuse dalla ong irlandese Front line defenders.
🇧🇷 Press Release: Land rights defender Fernando dos Santos Araújo, a survivor and witness of Pau D'Arco massacre, killed. Other defenders continue to be threatened.
Urgent steps must be taken to better protect #HRDs and end impunity in #Brazil.
— Mary Lawlor UN Special Rapporteur HRDs (@MaryLawlorhrds) February 22, 2021
Quanti difensori dei diritti umani sono stati uccisi nel 2021
Ancora oggi, c’è chi paga con la vita il suo attivismo. La ong Global witness indaga sugli omicidi di ambientalisti; nel 2020 (l’ultimo anno per cui ci sono dati disponibili) ne sono stati accertati 227, per una media di oltre quattro alla settimana. Anche Front line defenders rendiconta il numero di attentati contro chi si spende per l’ambiente, i popoli indigeni e contro i grandi progetti infrastrutturali che deturpano il territorio; il report però si occupa anche dei difensori dei diritti umani, della libertà di espressione e dei diritti di donne e persone lgbt+.
Nel 2021 ne sono stati uccisi 358, di cui più della metà in America latina: spicca la Colombia con addirittura 138 omicidi accertati, ma preoccupano anche Messico e Brasile (rispettivamente a quota 42 e 27). Gli altri contesti rivelatisi pericolosi sono India (23), Afghanistan (19), Filippine (16), Guatemala (11), Nicaragua (10), Repubblica Democratica del Congo (9). Nel 26 per cento dei casi, la vittima era una persona indigena.
Sorveglianza e arresti, così si intralcia il lavoro degli attivisti
Gli attentati letali inoltre raccontano soltanto una parte della storia. Perché, come sottolinea Front line defenders, i difensori dei diritti umani vengono intralciati anche in molti altri modi. Lo sanno bene coloro a cui sono stati installati di nascosto nello smartphone spyware come l’israeliano Pegasus, capace di estrarre i dati (email, password, messaggi di testo, localizzazione gps…) e addirittura di attivare da remoto il microfono e la camera.
Fortissima testimonianza sui diritti indigeni in India dell’attivista #Adivasi@AliceBarwa, registrata durante la COP26 a Glasgow. 10mesi fa, Hidme Markam è stata incarcerata per aver protestato VS l’estrazione mineraria. Continuiamo a lottare per la sua liberazione.#FreeHidmeNowpic.twitter.com/6sx7sLaTsM
— Survival International Italia (@survivalitalia) January 9, 2022
Una decina, inoltre, gli attivisti che nel 2021 sono stati accusati di terrorismo, uno dei metodi più comuni usati da alcuni governi per intimorirli. Tra loro c’è per esempio Hidme Markam, donna aborigena adivasi che fa la sua parte per proteggere i territori indigeni dello stato indiano del Chhattisgarh. Nello specifico, si è fatta portavoce delle proteste contro il colosso minerario Adani che aveva l’intenzione di distruggere una collina ritenuta sacra dalla comunità locale. Il 9 marzo 2021 è stata arrestata durante una manifestazione sulla violenza contro le donne.
Profilazione razziale, xenofobia nel dibattito politico e omofobia nel report dell’Ecri. Tra le sue richieste c’è quella di rendere indipendente l’Unar.
La “liana delle anime” è un decotto della medicina indigena dell’Amazzonia che può alterare lo stato psichico di chi la assume, e per questo affascina milioni di persone nel mondo.
Presente al corteo l’attivista svedese ha detto: “Non puoi dire di lottare per la giustizia climatica se si ignora la sofferenza dei popoli emarginati”.