Una centrale idroelettrica da 90 megawatt è in costruzione a Rucalhue, sul fiume Bio Bio in Cile.
A rischio le terre e la cultura delle comunità indigene Mapuche-Pehuenche.
Dagli anni ’90 si sono moltiplicate dighe di questo genere, che hanno costretti molti a fuggire.
Basta centrali idroelettriche sul Bio Bio: le comunità indigene Mapuche-Pehuenche nel Cile centro-meridionale, lungo il secondo fiume più grande del Cile, dopo decenni di afflizione e costruzioni di mega impianti hanno deciso di ribellarsi all’ultimo scempio, la centrale idroelettrica di Rucalhue da 90 megawatt, situata vicino alla città di Santa Bárbara. La costruzione dell’impianto sta causando polemiche tra le comunità locali, che si dicono stanche di combattere progetti infrastrutturali che non rispettano la loro cultura e tradizioni.
Trent’anni di megaimpianti
Da giorni ormai, come riporta il sito Mongabay, una piattaforma di notizie sulla conservazione e la scienza ambientale senza scopo di lucro con sede negli Stati Uniti, nel luogo dove dovrebbe sorgere la centrale idroelettrica si stanno organizzando sit-in di protesta, si organizzano petizioni alle agenzie governative statali e internazionali e perfino un referendum da svolgersi a livello locale.
Jose Marihuan Ancanao, president of the Ayin Mapu La Peña community, spoke to Mongabay’s Maxwell Radwin about the impact of hydropower plants in parts of the Chilean Andes that are home to Indigenous people. https://t.co/PnaimsrlwE
Una centrale idroelettrica, sebbene meno inquinante di molte altre forme di generazione di energia, richiede comunque l’abbattimento degli alberi e l’interruzione dei flussi fluviali, che possono avere un impatto significativo sugli ecosistemi circostanti. Senza contare che le comunità indigene, a causa dell’inondazione delle loro terre, sono spesso costrette a trasferirsi altrove, e si dicono stufe “di mega progetti infrastrutturali e di aziende straniere che fanno false promesse su posti di lavoro e risarcimenti” come ha spiegato a Mongabay Aurelia Marihuan Mora, un’attivista Pehuenche che ha combattuto contro una delle prime dighe costruite nella zona. “Perché non lasciare che noi indigeni viviamo in pace, con le nostre famiglie e con quel poco che ci è rimasto?”.
An NGO collective focused on Chinese foreign investments published a report, claiming the owner of the Rucalhue hydroelectric dam in south Chile is ignoring environmental threats and violating human rights. #Rucalhuehttps://t.co/o4hO6UpiFApic.twitter.com/VHWfbf3qlJ
L’ondata di sviluppo, ricorda Mongabay, è arrivata nella regione all’inizio degli anni ’90, quando la società elettrica spagnola Endesa ha cercato di lanciare un piano a lungo termine per la costruzione di sei centrali idroelettriche lungo il fiume e le sue propaggini. Sin da allora, molti Pehuenche erano scettici sull’idea perché comportava l’inondazione della terra ancestrale, ma poiché molti di loro non sapevano né leggere né scrivere, accettarono gli accordi offerti senza comprendere appieno i loro diritti. Altri pensavano che sarebbero stati adeguatamente compensati dalla società e dal governo.
Denuncian que #Endesa, la empresa más contaminante de Chile, ha comprado las portadas de casi todos los diarios en circulación, para lavar su imagen, de cara a la #COP25pic.twitter.com/Of3TO1Rrot
La prima delle dighe, la centrale idroelettrica Pangue da 450 MW, è stata completata tra il 1996 e il 1997, allagando l’area interessata. Negli anni Duemila è stata la volta della centrale Ralco da 690 MW, costruita a circa 18 chilometri a sud di Pangue, che ha costretto molti residenti a trasferirsi.
In risposta alle polemiche sulla costruzione di Ralco, il governo cileno ha firmato un accordo con la Commissione interamericana per i diritti umani, promettendo “la non installazione di futuri megaprogetti, in particolare progetti idroelettrici, sulle terre indigene nell’Alto Bio Bio”.
Tuttavia, un’altra centrale elettrica, chiamata Angostura, ha iniziato a funzionare nel 2014, inondando nuovamente la terra indigena. Anche se la nuova diga in costruzione a Rucalhue non dovrebbe comportare un trasferimento di persone, inonderà i territori occupati dagli indigeni e, secondo i residenti, accelererà ulteriormente la perdita delle tradizioni Pehuenche.
I Mapuche-Pehuenche contro un danno ambientale e culturale
Alterare il flusso del fiume e il livello dell’acqua – secondo le comunità locali – è una minaccia diretta alle loro tradizioni culturali, e rende anche più difficile per la comunità sviluppare progetti di ecoturismo che potrebbero aiutare a conservare l’area.
Feña Purran, presidente del Collettivo femminile di Malen Leubü, ammonisce che “gli stranieri che vengono a costruire non conoscono la vita che i Mapuche fanno intorno alla natura, non sanno che noi comprendiamo il fiume in un modo diverso rispetto ad altre persone che non sono Mapuche, persone che non hanno la stessa connessione spirituale con la natura”.
I Pehuenche hanno anche un legame spirituale con diverse specie di alberi, tra cui la citronella cilena (Citronella mucronata), che sono stati abbattuti durante la fase iniziale della costruzione a Rucalhue. Poiché sono protetti a livello nazionale, gli alberi possono essere abbattuti solo con un permesso. Gli sviluppatori della diga non hanno però ancora ottenuto tutti i permessi necessari per continuare la costruzione, motivo per il quale al momento il progetto è stato attualmente sospeso: l’area appare al momento come un campo disboscato, circondato da un recinto di filo spinato e pattugliato da guardie di sicurezza.
L’anno che sta per concludersi fa ben sperare per il futuro dell’energia solare. I dati globali sul fotovoltaico crescono, gli esempi positivi si moltiplicano. Sebbene resti molto lavoro da fare, seguire il sole ci manterrà sulla strada giusta.
Climathon 2024 è l’hackaton che ha riunito giovani talenti a Courmayeur per sviluppare idee innovative e sostenibili, affrontando le sfide ambientali della montagna.
Dopo Milano, il progetto PiantiAmo il futuro di Nescafé arriva a Ferrara: piantato presso la Nuova Darsena il primo dei duecento nuovi alberi in città.
Sull’arcipelago di Mayotte, territorio d’oltremare dipendente dal governo francese, per ora si contano 15 morti e centinaia di feriti. I servizi essenziali sono al collasso.