L’inflazione, la guerra in Ucraina e la pandemia hanno accelerato il passaggio dei gruppi editoriali al digitale.
In un contesto in cui la fiducia del pubblico verso i mezzi d’informazione è crollata, a indirizzare il nostro consumo di news sono sempre più algoritmi e influencer.
I “vecchi” social come Facebook sono in caduta libera dal punto di vista della rilevanza.
Tiktok, Instagram e Youtube segnalano un’attitudine ai network video che sta ridisegnando il nostro rapporto con le notizie.
In Italia il mainstream inizia a investire in modo più diffuso e importante nelle imprese completamente digitali.
La luna di miele con l’algoritmo è finita, ma il matrimonio è appena iniziato. Il Reuters institute of journalism di Oxford presenta ogni anno uno dei più rilevanti e attesi report sul consumo di notizie online e lo stato dell’arte del giornalismo attorno al mondo: Il Digital news report. Quello di quest’anno è basato su un campione di 93mila fruitori di notizie, raccolto da YouGov e proveniente da 46 mercati di ogni latitudine, che tutti insieme coprono metà della popolazione mondiale in sei continenti.
Il rapporto esplora i cambiamenti di paradigma del settore del giornalismo e dell’editoria, in un’epoca in cui il costo della vita è ai massimi e, di ritorno, le famiglie e i singoli individui hanno sempre meno budget da dedicare agli abbonamenti a giornali e riviste. Alcuni gruppi e testate hanno reagito accelerando la loro transizione strategica dalla carta stampata al web, ma tutti i publisher del mondo si trovano a fare i conti con uno scenario di sfiducia generalizzata del pubblico nei confronti dei mezzi d’informazione. E questo non ha fatto che accelerare l’ascesa delle piattaforme, pur in un momento storico in cui le persone iniziano a riflettere sulle loro controindicazioni.
Social media in crescita nonostante la preoccupazione verso le fake news
Uno dei punti centrali del 2023 Digital news report è che mentre l’engagement delle piattaforme che hanno segnato l’avvento dei social network – un nome su tutti: Facebook – è in forte declino, realtà come Tiktok e altre piattaforme dominate dai contenuti video sono sempre più egemoni. In particolare, scrive il Reuters institute, nonostante la preoccupazione nei confronti della disinformazione e degli algoritmi sia ai livelli più alti di sempre, la nostra dipendenza dai social media è in crescita.
Il ruolo degli influencer rispetto ai giornalisti
Nella morsa fatale in cui siamo costretti, a trainare la tendenza sono le abitudini al consumo di news delle generazioni più giovani, quelle che sono cresciute nell’epoca degli algoritmi e – scrive il Reuters – “spesso prestano maggiore attenzione alle celebrità e agli influencer che ai giornalisti, anche quando si parla di notizie”.
Per informarsi, si parte dai social media
L’ultimo anno ha fatto registrare un’accelerazione esponenziale nel cambio di paradigma “mobile first” delle testate giornalistiche. Fattori come la guerra in Ucraina e l’eredità della pandemia sono stati fattori decisivi, ma a segnare profonde rivisitazioni dei modelli di business è soprattutto un dato eloquente: appena il 22 per cento dei partecipanti al rilevamento dice di iniziare la sua dieta mediatica col sito di una testata o un’app di un giornale; il 10 per cento in meno di quanto registrato nel 2018.
Questo avviene perché il pubblico più giovane è sempre meno legato ai marchi storici dei media mainstream, e di conseguenza anche alle loro homepage, mentre si dichiara abituato a leggere le notizie sulle piattaforme dei social media o tramite aggregatori per smartphone.
(05) Despite the overall decline in time spent using the internet, we're spending more time than ever using social media. But you may be surprised by which platforms are capturing the most attention: https://t.co/28Gm2dtLMV
La crescita di Tiktok, Facebook verso il sipario. E Instagram?
Nella fascia tra i 18 e i 24 anni d’età c’è un nome che stravince, e che ormai – chi più, chi meno – conosciamo tutti: i contenuti di Tiktok raggiungono il 44 per cento dell’utenza passata al setaccio dal Reuters institute of journalism, e soprattutto un giovane su cinque dichiara che il centro della sua dieta mediatica è Tiktok, prodotta dalla cinese ByteDance.
Su Tiktok – ma anche sulle altre piattaforme del pivot to video, da Instagram a Snapchat – a farla da padrone sono gli influencer e le celebrità, che si tratti di vip tradizionali o personaggi “creati” dai social: queste figure hanno ormai sopravanzato i giornalisti e le testate, anche laddove si tratta di reperire e valutare le notizie del giorno.
Uno spartiacque che segna un confine importante tra le suddette piattaforme e i social network più “anziani”, capitanati da Facebook e Twitter, dove invece le figure dei professionisti delle informazioni secondo i risultati del sondaggio hanno ancora importanza. Facebook rimane uno dei siti più utilizzati del mondo, ma il suo utilizzo – specie fra le generazioni più giovani – è in netto calo.
Il “social network delle foto”, come una volta era noto Instagram, si trova in una situazione intermedia: per il report è stato l’approdo delle generazioni più giovani dopo la prima perdita di influenza delle piattaforme della prima ondata, ma oggi soffre – come anche Snapchat – la concorrenza spietata di TikTok; il suo uso è cresciuto di due punti percentuali su base annua.
Considerando l’uso delle piattaforme per il reperimento e il commento di notizie, Instagram è al quarto posto, col 14 per cento del pubblico che lo utilizza a tal fine. Facebook, seppure in forte contrazione, è ancora primo col 28 per cento delle preferenze, seguito a ruota da Youtube, la cui crescita come fonte di news, scrive il Reuters, “è spesso meno sottolineata“. Eppure c’è, e testimonia ulteriormente il passaggio di portata epocale a network costruiti attorno ai video. La maggior parte delle notizie “visual” del mondo oggi viene consumata su YouTube e su Facebook.
La sfiducia nell’algoritmo (e nell’editore)
La maggior parte degli intervistati, però, non nutre grandi simpatie per i meccanismi di funzionamento delle piattaforme digitali: meno di un terzo (il 30 per cento dei partecipanti) crede che “vedere” news e storie raccomandate sulla base del consumo precedente sia un buon modo di informarsi. Ma il dato è pur sempre appena più alto di quello che rappresenta la scarsa fiducia del pubblico nella selezione di notizie operata dalle persone che lo fanno per mestiere: soltanto il 27 per cento ha dichiarato di fidarsi del lavoro di cernita informativa di redattori e giornalisti.
La fiducia generale nella fruizione di notizie è diminuita di altri due punti percentuali nell’ultimo anno, e solo il 40 per cento del campione statistico afferma di fidarsi di ciò che legge il più delle volte. La Finlandia resta il paese col dato più alto di fiducia complessiva (69 per cento), mentre la Grecia (col 19 per cento) è il fanalino di coda della classifica.
E l’Italia?
Nel capitolo dedicato al nostro Paese, il 2023 Digital news report 2023 dipinge uno scenario in rapido cambiamento, in cui “gli editori stanno vendendo gli asset tradizionali, come giornali e riviste, e acquisendo società digitali focalizzate sui social media per rivolgersi a un pubblico giovane”.
I ricavi della pubblicità online nel 2022 hanno raggiunto per la prima volta il primo posto nelle voci di ricavo finanziario dell’advertising, della pubblicità (col 54 per cento del totale della pubblicità annuale), ma la percentuale di persone disposte a pagare per leggere le notizie rimane molto bassa – il 12 per cento del campione, lo stesso dato di cinque anni fa – e, per tutta risposta, i grandi gruppi editoriali stanno ristrutturando le redazioni o investendo in business orientati ai social media. Mondadori ha appena acquistato Webboh, Gedi l’anno scorso ha acquisito il 30 per cento della società di influencer marketing Stardust.
Il cammino è iniziato e non sappiamo ancora dove porterà. La situazione è complessa, persino complicata, dice Reuters e per navigare questo mare abbiamo bisogno delle coordinate giuste.
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