Nella prima direttiva dell’Unione sulla violenza di genere non è incluso il reato di stupro. Escluse dalla tutela della norma le donne migranti.
La direttiva contro la violenza di genere è stata approvata dal Consiglio europeo, martedì 6 febbraio. Ma non senza polemiche: escluso il reato di stupro. Il testo finale criminalizza il cyber stalking, le molestie informatiche e l’incitamento all’odio online o alla violenza in tutto il territorio comunitario, ma non conterrà più l’articolo 5 che prevedeva il reato di stupro. La bozza originale del disegno di legge, presentata dalla Commissione europea nel marzo 2022, definiva lo stupro come sesso senza consenso – senza che le vittime dovessero fornire prove di forza, minacce o coercizione. Dopo la pressione di diversi stati, si è deciso di eliminare l’articolo. La sensazione è quella che si sia persa un’importante occasione per la lotta alla violenza di genere, soprattutto per le vittime. L’impatto della direttiva è deludente e non coglie i punti che avrebbero permesso un reale avanzamento alla lotta contro la violenza di genere. Ma non è la questione legata al reato di stupro non l’unico tema che ha causato le rimostranze della società civile e delle attiviste: sono state eliminate anche le tutele per le donne migranti.
La definizione di stupro divide l’Europa
Il Parlamento europeo e almeno una dozzina di paesi membri, tra cui Belgio, Grecia e Italia, nonostante gli eurodeputati della maggioranza di governo lo scorso maggio si sono astenuti dall’approvazione dell’adesione dell’Unione alla Convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne, volevano includere una definizione di stupro prevista dal testo originale. Ma dopo mesi di negoziati, quattordici stati membri hanno continuato a bloccare la definizione basata sul consenso. Tra questi, stati dell’Europa orientale come Bulgaria, Ungheria e Repubblica Ceca, ma anche Francia, Germania e Paesi Bassi, considerati tra i paesi più progressisti del blocco.
La Francia e la Germania sono state messe sotto accusa per aver mantenuto la minoranza di blocco. L’appoggio di uno dei due Paesi sarebbe sufficiente a garantire la maggioranza qualificata di quindici Stati membri, che rappresentano il 65 per cento della popolazione dell’Unione, necessaria per far passare la legge. Parigi, in particolare, ha sostenuto in questi mesi che lo stupro non è materia di diritto internazionale e comunitario, ma di diritto penale interno.
Ad aver suscitato critiche c’è anche la cancellazione delle molestie sul mondo del lavoro e aver eliminato la formazione contro la violenza di genere per i magistrati e le forze dell’ordine, tema, tra l’altro, già emerso in Italia lo scorso settembre con la modifica del Codice Rosso.
Cosa prevede la direttiva europea
Il disegno di legge finale criminalizza altre forme di violenza contro le donne, tra cui il matrimonio forzato e la mutilazione genitale femminile (Mgf). Inoltre, colma le lacune giuridiche esistenti in alcuni paesi dell’Unione in materia di violenza informatica, tra cui le molestie online e lo stalking. Anche il cyber flashing, in cui vengono inviate online immagini di nudo senza il consenso del destinatario, e la condivisione non consensuale di immagini intime, nota come revenge porn, diventeranno reati a livello europeo, ma anche in questo caso con delle criticità: la diffusione non consensuale di materiale intimo non sia considerata di per sé violenza, la lo diventerebbe solo ed esclusivamente se la vittima può provare di aver subito un grave danno.
Le regole si applicheranno anche alla condivisione di immagini sessualmente esplicite generate dall’intelligenza artificiale. Questo provvedimento arriva dopo che il mese scorso la popstar Taylor Swift è stata vittima di deepfake di nudo e in seguito alle preoccupanti notizie secondo cui le immagini esplicite generate dall’intelligenza artificiale sono in aumento tra i minori.
Le grandi escluse: le donne migranti
Una categoria di persone è stata esclusa dalle tutele previste dalla direttiva: le donne migranti. Secondo la Platform for undocumented migrants (Picum), una ong con base in Belgio che promuove il rispetto dei diritti umani dei migranti senza documenti in Europa, ha denunciato la cancellazione delle norme che avrebbero protetto le donne migranti, in particolare coloro senza documenti o con un permesso di soggiorno temporaneo.
Secondo la Picum, il Consiglio Europeo ha deciso di prioritizzare le politiche migratorie di controllo alla tutela delle donne vittime di violenza. Per consentire a queste donne di presentare denunce senza compromettere la loro sicurezza, la proposta iniziale della Commissione europea era di limitare il trasferimento dei loro dati personali tra le autorità competenti del Paese interessato. Il Parlamento voleva addirittura andare oltre, vietando completamente la condivisione di informazioni su queste donne.
Il Consiglio, che ricordiamo rappresenta i governi nazionali, ha deciso diversamente e ha respinto l’articolo 16.5 della bozza originale, sostituendolo con una norma non vincolante che invita gli stati membri a garantire che le vittime extracomunitarie “non siano scoraggiate dal denunciare e siano trattate in modo non discriminatorio”. Durante i negoziati, gli stati membri hanno giustificato la loro posizione spiegando che prima di tutto dovevano applicare la direttiva sul “rimpatrio”, risalente al 2008 e attualmente in fase di revisione, il testo che definisce le condizioni per l’espulsione di un richiedente asilo. Il rimpatrio è più importante della protezione delle donne. La posizione del Consiglio è anche in contraddizione con il Regolamento generale sulla protezione dei dati (Gdpr), che prevede diritti e garanzie applicabili a tutti senza discriminazioni.
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