Pur essendo responsabili solo in minima parte delle emissioni storiche di CO2, i paesi in via di sviluppo subiscono i disastri climatici più degli altri.
Il 97 per cento delle persone colpite dai disastri climatici vive nei paesi in via di sviluppo: in media, sono 189 milioni ogni anno.
Da trent’anni si parla di introdurre un meccanismo di risarcimento a loro favore, chiamato loss and damage, che finora non è mai stato approvato.
Era il 1991. Il presidente degli Stati Uniti era George Bush padre, l’Unione sovietica si stava dissolvendo e veniva pubblicato il primo sito internet. Era il 1991 quando le Vanuatu, 83 isole nel Pacifico abitate da 300mila persone, chiedevano per la prima volta alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Unfccc) di adottare uno schema per cui le nazioni industrializzate, storicamente responsabili delle emissioni di gas serra e quindi del riscaldamento globale, potessero coprire finanziariamente le perdite e i danni subiti dai paesi poveri. A più di trent’anni di distanza, quel meccanismo – chiamato loss and damage – non esiste ancora. Da allora ogni anno, in media, 189 milioni di abitanti dei paesi a basso reddito hanno subito in prima persona i disastri climatici. A dirlo è un nuovo rapporto pubblicato dalla Loss and damage collaboration, una coalizione di un centinaio di ricercatori, attivisti, decisori politici e ong, tra cui Oxfam.
Quante persone subiscono i disastri climatici senza avere colpe
Dalla rivoluzione industriale in poi, l’umanità ha emesso oltre 1.500 miliardi di tonnellate di gas serra. Tra i responsabili, al primo posto c’è il nord America con 457 miliardi di tonnellate, seguito dall’Europa (intesa come continente, includendo dunque anche Russia, Turchia e altri paesi al di furi dell’Unione) a quota 514 miliardi di tonnellate e dalla Cina a quota 200. Nel periodo 1990-2015, l’1 per cento più ricco della popolazione globale ha generato il 15 per cento delle emissioni cumulative di gas serra, il doppio rispetto alla metà più povera della popolazione globale. Si tratta di 63 milioni di persone, contro più di 3 miliardi e mezzo.
Eppure, a pagare i disastri climatici sono proprio coloro che hanno fatto poco o nulla per innescarli. Un esempio da manuale è l’Africa: produce meno del 4 per cento delle emissioni globali, ma brucia ogni anno una quota compresa tra il 5 e il 15 per cento del proprio pil a causa della crisi climatica. Dal 1991 in poi, si legge in questo nuovo report, il numero di disastri climatici nelle aree più povere del pianeta è più che raddoppiato. Il 97 per cento delle persone colpite vive nei paesi in via di sviluppo: la media è di 189 milioni ogni anno, più della popolazione dell’Italia e di quella del Giappone messe insieme. Sempre nei paesi in via di sviluppo, per questi eventi meteo estremi sono morte 676mila persone dal 1991 in poi, cioè il 79 per cento delle vittime registrate in tutto il mondo. Più degli abitanti di un comune come Palermo.
Alla Cop27 si riparlerà di loss and damage
L’idea di introdurre un meccanismo di loss and damage fa perno su due princìpi che di per sé sono ampiamente condivisi dalla comunità internazionale: il principio per cui “chi inquina paga” e quello del “no harm”, letteralmente “non nuocere”, per cui ogni stato ha l’obbligo di prevenire, ridurre e controllare il rischio di provocare danni ambientali ad altri paesi. Il report della Loss and damage collaboration ricostruisce la storia delle decine e decine di negoziati in cui è stato discusso, senza mai giungere a un accordo. L’ultimo “no” in ordine di tempo è arrivato nel 2021, alla Cop26 di Glasgow.
Eppure, le risorse finanziarie ci sono. Solo nella prima metà del 2022, sei colossi petroliferi (Bp, Shell, Chevron, Exxon Mobil, Total ed Eni) hanno registrato profitti che, sommati insieme, raggiungono la stratosferica cifra di 95 miliardi di dollari. Sarebbero più che sufficienti per pagare i danni provocati dai 119 disastri climatici che si sono abbattuti sui paesi in via di sviluppo nello stesso periodo; e avanzerebbero ancora 70 miliardi.
#Clima–#Oxfam:"nei paesi poveri 189 mln di persone ogni anno sono colpite da disastri climatici"-Nella prima metà del '22 i profitti di 6 "big" dei combustibili fossili superano il costo degli eventi climatici estremi nei #PVS -Appello per la #COP27 News👉https://t.co/8LmsTMtATSpic.twitter.com/xe3SKUNib3
L’auspicio della ong è che le cose cambino alla Cop27, i cui lavori prenderanno il via domenica 6 novembre a Sharm el-Sheikh, in Egitto. “Alla conferenza, i paesi in via di sviluppo chiederanno di agire dopo decenni di ritardi, rinvii e promesse non mantenute. Ci uniamo a questo appello perché senza un’azione immediata ed efficace ancora tantissime vite andranno perse”, conclude Francesco Petrelli, policy advisor di Oxfam Italia.
Finanza climatica, carbon credit, gender, mitigazione. La Cop29 si è chiusa risultati difficilmente catalogabili in maniera netta come positivi o negativi.
Si parla tanto di finanza climatica, di numeri, di cifre. Ma ogni dato ha un significato preciso, che non bisogna dimenticare in queste ore di negoziati cruciali alla Cop29 di Baku.
Basta con i “teatrini”. Qua si fa l’azione per il clima, o si muore. Dalla Cop29 arriva un chiaro messaggio a mettere da parte le strategie e gli individualismi.