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Il 2020 sarà ricordato per la pandemia, ma anche per i disastri naturali figli del clima impazzito. La conta dei danni, seppur parziale, arriva a cifre colossali.
Anche se la sua agenda mediatica è stata dominata dalla pandemia da coronavirus, il 2020 ha dato l’ennesima conferma di quanto i cambiamenti climatici siano una realtà. Una realtà che si manifesta da un capo all’altro del Pianeta con conseguenze drammatiche. Un nuovo report dell’organizzazione no profit Christian aid seleziona dieci disastri naturali che si sono susseguiti negli ultimi dodici mesi, provocando danni economici superiori al miliardo di dollari ciascuno; un computo che per giunta va ritenuto parziale perché si basa solo sui beni assicurati. Sommando questi dieci episodi, si arriva a un totale stratosferico: 145,4 miliardi di dollari, pari a circa 118 miliardi di euro. Per non parlare dell’ancor più doloroso bilancio in termini di vite umane.
L’anno è cominciato nel pieno della devastante stagione degli incendi in Australia. I roghi hanno interessato oltre 18 milioni di ettari, con 34 vittime tra gli esseri umani e circa un miliardo tra gli animali, oltre a 65mila persone che sono state costrette ad abbandonare le loro case. Da soli, i problemi di salute legati al fumo hanno un costo superiore al miliardo di euro, a cui bisogna aggiungere i quasi 3 miliardi di valore dei beni assicurati. Ma secondo alcune analisi, che prendono in considerazione anche altri fattori, il totale supera i 57 miliardi di euro. Quel che è certo è che gli incendi non possono essere liquidati come una sfortunata casualità: secondo il World weather attribution group, il rischio aumenta del 30 per cento a causa del riscaldamento globale.
A febbraio giganteschi sciami di cavallette si sono abbattuti su Eritrea, Etiopia, Kenya, Somalia e Uganda, distruggendo pascoli, coltivazioni e vegetazione. Tutto questo in territori dove le condizioni di vita di una larga fascia della popolazione sono già molto critiche. La Banca mondiale valuta in poco meno di 7 miliardi di euro le perdite economiche.
Poco prima che il traffico aereo fosse paralizzato per il lockdown, ci ha pensato la tempesta Ciara a portare alla cancellazione di centinaia di voli tra Regno Unito, Francia, Irlanda e Germania, con i forti venti accompagnati da raffiche di pioggia e neve. 14 i morti, oltre 2,2 miliardi di euro i danni. A ottobre è stato il turno della tempesta Alex che ha flagellato le Alpi Marittime, Piemonte compreso, portando alla morte di 16 persone e distruggendo infrastrutture per un valore di 2,6 miliardi.
Originatosi nel golfo del Bengala, il ciclone Amphan si è abbattuto sulle coste di India e Bangladesh il 20 maggio con venti fino a 270 chilometri orari. Almeno 128 persone sono rimaste uccise e migliaia di case sono state distrutte, con perdite economiche superiori ai 10,6 miliardi di euro. Per la sua particolare conformazione, la regione del Bengala è particolarmente esposta ai disastri naturali; e l’elevata densità di popolazione amplifica le probabilità che essi provochino ingenti danni.
Quella del 2020 è stata una stagione da record per gli uragani nell’oceano Atlantico. Ne sono stati catalogati addirittura trenta, due in più rispetto al precedente record del 2015; e questo conteggio include solo quelli a cui è stato attribuito un nome perché i loro venti superano i 62 chilometri orari. Sommandoli, il report arriva a sostenere che abbiano provocato almeno 400 morti e oltre 33 miliardi di euro di danni.
Era il mese di giugno quando diverse aree della Cina, tra cui le province del Sichuan e del Guizhou e la città di Chongqing, si sono trovate alle prese con piogge torrenziali che hanno causato estese inondazioni. Tra i disastri naturali censiti dal report, sono tra i più gravi in termini umani (con almeno 278 morti e dispersi) ed economici (con 26 miliardi di euro di danni). Secondo uno studio pubblicato nel 2016, la Cina è in assoluto il paese più esposto al rischio di inondazioni; una fragilità che sarà ulteriormente esacerbata dal riscaldamento globale.
Il 2020 è stato il secondo anno consecutivo in cui le piogge monsoniche hanno colpito l’India con un’intensità molto superiore rispetto alla norma. Negli ultimi 65 anni la frequenza delle precipitazioni estreme è triplicata. Tra giugno e ottobre di quest’anno sono state superate le 2mila vittime, con oltre 8 miliardi di euro di danni. Uno degli episodi più tragici arriva dal Kerala, dove 49 persone sono rimaste uccide da una frana in una piantagione di alberi.
Le precipitazioni torrenziali non hanno risparmiato nemmeno il Giappone. A giugno hanno scatenato inondazioni e frane nell’isola di Kyushu, costringendo 250mila persone ad abbandonare le proprie abitazioni e provocando danni pari a circa 7 miliardi di euro. 82 le vittime. Per avere un’idea dell’eccezionalità di tali eventi, nelle città di Kuma e Kanoya sono caduti rispettivamente 80 e 100 millimetri di pioggia nell’arco di appena un’ora.
Tra i bilanci più gravi in termini di vite umane c’è quello registrato in Pakistan, con 410 morti a causa di frane e inondazioni dovute alle forti piogge monsoniche. “Come molti altri paesi della regione, il Pakistan ha contribuito poco ai cambiamenti climatici, ma è estremamente vulnerabile agli eventi estremi causati dal riscaldamento globale”, sottolinea il report, ricordando come – nonostante l’impegno a ridurre le emissioni di gas serra – il carbone abbia ancora un ruolo di primo piano nel mix energetico.
Era settembre quando decine di roghi sono scoppiati lungo la costa occidentale degli Stati Uniti, dallo stato di Washington, al confine con il Canada, fino all’Oregon, non lontano dal Messico. Catastrofica la situazione in California. Complessivamente si segnalano almeno 42 morti e 16 miliardi di euro di danni. I fumi prodotti dagli incendi hanno addirittura attraversato l’Atlantico, arrivando a toccare il nord Europa.
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