“È una delle situazioni più devastanti che la nostra comunità ha dovuto affrontare negli ultimi decenni”. Così Kim Carr, sindaco della città di Huntington Beach, in California, commenta il disastro ambientale scatenatosi sabato 2 ottobre, quando la rottura di un oleodotto nell’oceano Pacifico ha riversato in mare 470mila litri di petrolio.
Cosa sappiamo del disastro petrolifero in California
Per motivi ancora non chiari, nella giornata del 2 ottobre si è danneggiato un oleodotto lungo circa 28 chilometri, connesso a una piattaforma petrolifera in mare – chiamata Elly – gestita dalla società Beta offshore. Si è così creata una gigantesca chiazza nera estesa su 33 chilometri quadrati che nelle ore successive ha raggiunto le coste della contea di Orange, in California. Sono già stati rinvenuti pesci e volatili morti. Non c’è ancora certezza sull’entità dello sversamento di petrolio, ma l’amministratore delegato di Amplify energy (la capogruppo di Beta offshore) fa sapere che l’intero oleodotto ha una capacità di circa 470mila litri.
In corso l’intervento della guardia costiera
La guardia costiera americana ha immediatamente dato il via a un’operazione congiunta per ripulire le acque dal petrolio. Stando all’ultimo bollettino ufficiale diffuso domenica 3 ottobre, nella zona sono entrate in azione 14 imbarcazioni diverse, oltre a quattro velivoli di ricognizione. Finora sono stati recuperati circa 12mila litri di greggio.
Officials and cleanup crews are trying to limit the damage from a major oil spill off the Southern California coast. The oil has spoiled beaches, killed wildlife and threatens local wetlands. https://t.co/denI1Ai4Kbpic.twitter.com/ODLP22cdZE
Le autorità hanno disposto la chiusura delle spiagge di Huntington Beach, dove fino al giorno prima 1,5 milioni di persone si erano ritrovate per il Pacific Airshow, poi cancellato. Sembra che il petrolio abbia intaccato anche la riserva ecologica di Talbert marsh, un ecosistema paludoso che è stato ripristinato negli anni Ottanta e che ora è abitato da un’ottantina di specie di uccelli.
Gli uccelli ne pagheranno le conseguenze ancora a lungo
Ad oggi non sono ancora stati pubblicati rapporti ufficiali sui danni ambientali né sul numero di animali coinvolti, ma sembra assodato che inizialmente a pagare le conseguenze più pesanti saranno proprio gli uccelli e i mammiferi marini che si radunano lungo le isole al largo della California meridionale o attraversano le paludi costiere. Fin dalle prime ore dell’incidente ne sono stati trovati alcuni senza vita lungo la costa e, nei giorni successivi, i soccorritori hanno portato in salvo diversi volatili ricoperti di petrolio.
Il quotidiano Guardian ha interpellato alcuni esperti, tra cui Steve Murawski, biologo ed ecologo marino dell’università della Florida meridionale che ha dedicato anni allo studio del disastro della Deepwater Horizon nel Golfo del Messico, il più grave della storia americana. Le creature più piccole che hanno un ciclo di vita più breve, spiega, presumibilmente si riprenderanno in fretta. La situazione si fa più difficile per animali dalla crescita più lenta e impossibilitati a spostarsi per lunghe distanze, come l’abalone, un mollusco marino che si aggrappa alle rocce.
E non è detto che le operazioni di pulizia siano sufficienti. Il petrolio infatti può accumularsi nei sedimenti marini e nei banchi di sabbia, continuando a contaminare le paludi dove fanno tappa gli uccelli migratori, comprese alcune specie in via di estinzione.
Articolo pubblicato il 4 ottobre 2021 e aggiornato il 7 ottobre 2021
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