Cosa ha detto Xi Jinping al ventesimo congresso del Partito comunista cinese
Xi Jinping prende la parola di fronte ai delegati del 20esimo congresso del partito comunista cinese Lintao Zhang/Getty Images)
Hong Kong, Taiwan, clima, pandemia e nuovo modello di sviluppo. Il discorso di Xi Jinping che lo porterà quasi certamente di nuovo alla guida della Cina.
Xi Jinping prende la parola di fronte ai delegati del 20esimo congresso del partito comunista cinese Lintao Zhang/Getty Images)
Il 20esimo congresso del Partito comunista cinese è stato aperto da un lungo discorso del presidente Xi Jinping, nella cornice dell’immenso Palazzo del popolo. Il leader asiatico, con ogni probabilità, otterrà una nuova elezione e guiderà la sua nazione per un terzo mandato, nel corso del quale si ripromette di farne “una potenza di primo piano nel mondo”.
La probabile nuova elezione di Xi Jinping prevista per il 23 ottobre
I 2.300 delegati riuniti a Pechino si dovrebbero esprimere il 23 ottobre, consegnando non soltanto di nuovo la Cina a Xi, ma quest’ultimo alla storia. Anche se, oggettivamente, i paragoni con Mao Tse-tung appaiano azzardati, non soltanto dal punto di vista quantitativo (il fondatore della Repubblica popolare restò al potere dal 1949 al 1976), ma anche e soprattutto per lo spessore culturale, filosofico, storico e l’influenza planetaria che il maoismo ebbe ben al di là dei confini cinesi.
Ciò nonostante, Xi Jinping ha tentato di sottolineare il suo ruolo di guida politica molto più che di amministratore pubblico. Nell’ora e cinquanta minuti di discorso non ha evocato né la guerra in Ucraina, né il rallentamento economico attuale del colosso asiatico. Né tantomeno le questioni della disoccupazione giovanile in crescita e dei diritti degli uiguri.
Un’ora e 50 minuti di discorso per delineare il futuro della Cina
Xi ha tentato al contrario di volare alto, sfiorando appena due temi di attualità, quello delle proteste a Hong Kong e quello della risposta alla pandemia, fortemente criticata in Cina da parte della popolazione, ma che il presidente ha difeso e lodato. Grazie alla strategia “zero-Covid” fatta di lockdown a ripetizione, secondo il presidente cinese “la vita e la saluta della nostra popolazione sono state protette al massimo e il coordinamento tra lotta contro la pandemia e sviluppo economico e sociale ha ottenuto risultati positivi e importanti”.
Su Hong Kong, Xi ha ribadito come a suo avviso nella regione amministrativa speciale della Cina sia stato “ristabilito l’ordine”, grazie “alla concretizzazione del principio di governo da parte dei patrioti”. E ha confermato la linea di Pechino di fronte alla proteste popolari: “Continueremo a reprimere con risolutezza le forze che cercano di destabilizzare Hong Kong con l’obiettivo di colpire la Cina”.
Xi duro su Hong Kong, più possibilista su Taiwan
Al contrario, il presidente della prima economia asiatica ha mostrato fermezza ma anche una certa prudenza sulla questione – altrettanto spinosa – di Taiwan. Le numerose incursioni dell’Esercito popolare di liberazione nel territorio dello stato insulare avevano fatto temere una nuova escalation verbale da parte di Xi. Che ha però preferito una posizione più interlocutoria: “Continueremo a fare tutto ciò che è possibile con l’obiettivo di realizzare una riunificazione pacifica. Tuttavia, non possiamo garantire che non dovremo mai ricorrere alla forza. Tutte le opzioni restano aperte”.
Chinese President Xi Jinping called for accelerating the building of a world-class military while touting the fight against COVID as he kicked off the 20th Communist Party Congress by focusing on security and reiterating policy priorities https://t.co/PKFiEIdH3Jpic.twitter.com/vEiGvj3OfJ
“Siamo dalla parte giusta della storia”, ha quindi aggiunto. Ricordando che “altre nazioni hanno realizzato la loro modernizzazione attraverso guerre, politiche coloniali e saccheggi di risorse”. Di qui la volontà di proseguire sulla “via cinese del socialismo”. Per assicurare “uno sviluppo di qualità, realizzare la democrazia popolare integrale, arricchire la popolazione da un punto di vista spirituale e realizzare la prosperità comune del popolo intero”.
“Una coesistenza armoniosa tra uomo e natura”. Ma niente addio al carbone
Il tutto, ha specificato Xi Jinping, “favorendo la coesistenza armoniosa tra l’uomo e la natura, promuovendo un destino comune per l’umanità e creando una nuova forma di civilizzazione umana”. L’obiettivo, dunque, è di fare della Cina un punto di riferimento. Anche dal punto di vista della battaglia contro i cambiamenti climatici. Le scelte, però, appaiono per lo meno criticabili.
Il presidente cinese ha infatti assicurato che il suo paese, uno dei più nocivi in termini di emissioni di gas ad effetto serra (anche se in termini assoluti, poiché i dati per abitante fanno emergere una distanza siderale con il mondo occidentale) “promuoverà attivamente” la transizione ecologica. “Parteciperemo alla governance mondiale sui cambiamenti climatici”, ha promesso Xi. Salvo poi parlare di “rafforzamento dell’uso pulito ed efficiente del carbone”.
Quest’ultimo rappresenta la fonte fossile in assoluto più dannosa per il clima, e la scienza ha da tempo sottolineato che qualsivoglia strumento di limitazione del suo impatto non è che un palliativo. Non esiste, in altre parole, un metodo per utilizzare il carbone in modo sostenibile.
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