Dal mischiglio della Basilicata alla zucca malon del Friuli al cappero di Selargius, in Sardegna: i presìdi Slow Food che valorizzano prodotti dimenticati, ma di fondamentale valore per la biodiversità, il territorio e le comunità.
L’Italia vieta i cibi sintetici. Commenti e punti di vista per capire di più sulla carne coltivata
Con la presentazione del disegno di legge che sbarra la strada al cibo sintetico in Italia, si riaccende il dibattito sulla carne coltivata. E anche anime che prima viaggiavano insieme, su questo tema si sono divise.
- Un disegno di legge presentato dal ministro dell’Agricoltura Lollobrigida vuole vietare il cibo sintetico in Italia.
- Il testo si basa sul principio di precauzione e punta a “tutelare la salute, l’ambiente, la produzione italiana”.
- Il provvedimento ha riacceso il dibattito sul controverso tema della carne coltivata in laboratorio. L’opinione di scienziati, animalisti, ambientalisti, produttori.
L’Italia è la prima nazione al mondo che vieta il cibo sintetico. Lo fa con un disegno di legge presentato nel Consiglio dei ministri lo scorso 28 marzo dal ministro dell’Agricoltura e della sovranità alimentare e delle foreste Francesco Lollobrigida. Il testo vieta agli operatori del settore agroalimentare e della mangimistica di impiegare nella preparazione degli alimenti, bevande e mangimi alimenti o mangimi costituiti, isolati o prodotti a partire da colture cellulari o da tessuti derivanti da animali vertebrati, ma anche di venderli, importarli, produrli per esportarli e somministrarli. Per i trasgressori sono previste sanzioni da 10 a 60mila euro, oppure fino al 10 per cento del fatturato totale annuo dell’azienda.
Il disegno di legge del governo che vieta il cibo sintetico
“Si tratta del primo provvedimento di questa natura a livello internazionale”, ha detto in conferenza stampa Lollobrigida. “La norma parte da alcune considerazioni di natura sanitaria sulla base del diritto di precauzione previsto dall’Unione europea quando non si ha certezza degli effetti sulla salute di alcuni prodotti”. Il ministro ha poi continuato: “Il cibo prodotto in laboratorio non garantisce la qualità, il benessere e non tutela la nostra produzione. Presenta rischi per la biodiversità, poiché sarebbe meno conveniente investire sull’allevamento, un rischio di ingiustizia sociale per cui i ricchi mangiano bene e i poveri mangiano cibo di pessima qualità risentendone in termini di salute. È un intervento normativo che tutela la salute, la nostra produzione, il nostro ambiente e un modo di vivere che connette la produzione del cibo nel rapporto tra uomo, lavoro, territorio e allevamento”.
La raccolta firme di Coldiretti contro il cibo sintetico
Il disegno di legge italiano vieta qualcosa che in realtà non è stato ancora autorizzato. Nell’Unione europea il cibo sintetico rientra nei cosiddetti novel food che per essere sdoganati necessitano, prima di tutto, di un’autorizzazione da parte dell’Efsa, l’autorità europea per la sicurezza alimentare, che accerti come sicuro il loro consumo. Le valutazioni dell’Efsa in termini di sicurezza sono una tappa necessaria nella regolamentazione dei nuovi alimenti poiché su tale consulenza scientifica si basa il lavoro degli enti decisionali europei e nazionali che autorizzano tali prodotti sul mercato europeo. L’iter di valutazione viene avviato normalmente quando un’azienda fa richiesta all’Ue per poter commercializzare i nuovi alimenti (come avvenuto per gli insetti), richiesta che al momento non esiste, secondo quanto affermato qualche giorno fa dal portavoce della Commissione Ue responsabile di sanità Stefan de Keersmaecker.
Nell’ipotesi però che l’Unione europea potesse sdoganare in un futuro prossimo il cibo sintetico, lo scorso novembre Coldiretti aveva lanciato una petizione per promuovere una legge per vietare la produzione, l’uso e la commercializzazione del cibo sintetico in Italia. A fronte del mezzo milione di firme raccolte, è arrivata quindi la proposta di disegno di legge del governo. A seguito della presentazione del ddl, Coldiretti ha ringraziato l’esecutivo “per aver contribuito a fermare una pericolosa deriva che mette a rischio il futuro della cultura alimentare nazionale, delle campagne e dei pascoli e dell’intera filiera del cibo Made in Italy e la stessa democrazia economica”. “La verità è che non si tratta di carne ma di un prodotto sintetico e ingegnerizzato – ha detto il presidente Ettore Prandini – che non salva l’ambiente perché consuma più acqua ed energia di molti allevamenti tradizionali, non aiuta la salute perché non c’è garanzia che i prodotti chimici usati siano sicuri per il consumo alimentare e, inoltre, non è accessibile a tutti poiché è nelle mani di grandi multinazionali”.
Cosa si intende per cibo sintetico e cos’è la carne sintetica
A questo punto capiamo meglio cos’è il cibo sintetico. Per cibo sintetico si intende principalmente la carne coltivata in laboratorio a partire da cellule staminali estratte da cellule di animali vivi o da carne fresca e fatte sviluppare in bioreattori, oltre che il pesce prodotto allo stesso modo. Esiste anche il latte sintetico prodotto con fermentazione di precisione basata sull’inserimento nei lieviti dei geni delle proteine del latte. La carne e i cibi sintetici non sono da confondere con la carne vegetale industriale e con i prodotti plant-based che sono a base di verdure e legumi.
I primi esperimenti sulla carne sintetica risalgono al 1912, i primi brevetti sono stati depositati negli anni ’90, mentre il primo burger sintetico “è stato servito” nel 2013, ma finora questo prodotto ha avuto il via libera per la commercializzazione solo a Singapore, mentre gli Stati Uniti hanno dichiarato il pollo coltivato in laboratorio sicuro per il consumo umano. In Israele una startup che sviluppa carne sintetica ha aperto una sorta di ristorante dove è possibile gustare il pollo coltivato in cellule assumendosi però la responsabilità del consumo. Sono un centinaio le aziende e start up nel mondo che stanno lavorando allo sviluppo del prodotto contando sull’appoggio di investimenti milionari anche da parte di personalità come Leonardo DiCaprio e Bill Gates e degli stessi produttori di carne tradizionale. La ricerca punta a migliorare il gusto della carne sintetica e il sui costo, che dalle centinaia di migliaia di dollari iniziali per un pezzo di carne è già sceso a qualche decina di dollari. Secondo le previsioni degli analisti di McKinsey, la carne sintetica diventerà un affare da 25 miliardi di dollari entro il 2030, per Barclays, invece, il mercato globale raggiungerà addirittura i 140 miliardi di dollari.
Il dibattito sulla carne sintetica
La carne sintetica viene presentata come alternativa alla produzione di carne tradizionale: coltivando carne in laboratorio si eviterebbe l’uccisione di migliaia di animali in quanto basterebbero poche cellule per produrre tonnellate di carne, si risparmierebbero risorse come acqua e suolo e si ridurrebbe l’inquinamento degli allevamenti intensivi. Secondo uno studio del 2013 pubblicato sul sito della Commissione europea, se tutta la carne prodotta in Europa venisse sostituita dalla carne coltivata, le emissioni di gas serra e il consumo di suolo e acqua diminuirebbero rispettivamente del 98,8 per cento, 99,7 per cento e 94 per cento. La riduzione sarebbe maggiore nel caso di allevamenti di bovini, mentre sarebbe meno evidente nel caso degli allevamenti di polli.
Per quanto riguarda l’energia elettrica si risparmierebbe il 50 per cento perché i bioreattori consumano elettricità. C’è poi la questione salutistica tra chi sostiene la possibilità di produrre carne in un ambiente protetto e quindi senza bisogno di ricorrere ad antibiotici e chi si interroga sulla presenza/assenza di vitamina B12 nella carne coltivata o di additivi aggiunti per renderla più simile a quella tradizionale. Gli aspetti da considerare riguardanti la carne sintetica sono molti e la questione crea dibattito tra ambientalisti, animalisti, scienziati, produttori.
Gli scienziati: “Scorretto il termine ‘sintetico’, è cibo coltivato”
Il termine “sintetico”, intanto, non piace agli scienziati. Come ha spiegato Roberto Defez, dell’Istituto di bioscienze e biorisorse del Cnr di Napoli e membro del comitato etico della Fondazione Umberto Veronesi, la parola corretta sarebbe “coltivato”, in quanto questi prodotti non sono il risultato di processi e reazioni chimici, ma della coltivazione di cellule. Secondo Defez, inoltre, vietare a priori il cibo sintetico è un errore in quanto bisogna ancora esaminare molti dati e le sue potenzialità sono molte, dal benessere animale al risparmio di risorse naturali.
Gli animalisti: “Favorevoli alla carne coltivata contro gli allevamenti intensivi”
Per Essere Animali, organizzazione per i diritti animali, il ddl che vieta il cibo sintetico è una scelta a sfavore di animali e ambiente che tutela invece gli allevamenti intensivi: “Posto che non esiste la carne ‘sintetica’, ma che il termine è volutamente utilizzato per demonizzarla, nell’ipotesi di un via libera della carne coltivata da parte dell’Unione europea, noi saremmo favorevoli”, spiega Claudio Pomo, responsabile sviluppo di Essere Animali. “Come organizzazione in primis sosteniamo una transizione proteica che segni un passaggio dal consumo di proteine animali a quello di proteine vegetali. Detto questo, la carne sintetica più che un’alternativa per animalisti e vegani etici – alcuni non la mangerebbero comunque, altri forse la proverebbero – è quantomeno un’alternativa agli allevamenti intensivi per chi vuole continuare a mangiare carne, che esclude l’uccisione e la sofferenza animale e che è anche più sicura e sostenibile. È vero che la tecnologia della coltura prevede ancora l’utilizzo degli animali, per il prelievo di cellule, ma continuando a fare ricerca si possono apportare miglioramenti: ad esempio, si sono fatti sforzi importanti per escludere l’utilizzo di siero fetale bovino nel processo di produzione. Per questo è importante consentire la crescita di questo settore”.
E l’allevamento sostenibile può essere un’alternativa agli allevamenti intensivi? “Dal punto di vista etico per noi non esiste un allevamento davvero sostenibile perché comporta sempre l’uccisione di animali, ma sicuramente l’allevamento estensivo è un miglioramento di quello intensivo. Al mondo ideale ci si arriva passo dopo passo, e il primo da fare urgentemente come società è la riduzione sostanziale dei consumi di carne”.
I produttori biologici di Federbio: “No alla carne coltivata, la soluzione è l’approccio agroecologico”
A proposito di allevamenti estensivi, la carne coltivata non convince invece i produttori biologici di Federbio che lo scorso novembre hanno firmato la petizione di Coldiretti: “Per noi la carne prodotta in laboratorio non può essere il futuro e siamo contrari a questa deriva tecnologica”, ha spiegato Maria Grazia Mammuccini, presidente Federbio. “È indubbio che il sistema degli allevamenti intensivi vada superato perché è insostenibile da tutti i punti di vista, etico e ambientale, e che si debbano cambiare le abitudini di consumo, riducendo il consumo di carne a favore di proteine vegetali; come abbiamo spiegato nel quaderno “Allevamenti. Sostenibile non basta: il modello è quello del bio”, la nostra prospettiva si fonda sul riavvicinamento tra l’allevamento e la terra: questo legame tutela il benessere degli animali che si nutrono di cibo sano e possono pascolare ed è utile per l’ambiente perché le deiezioni degli animali aumentano la fertilità del suolo. Per noi il progresso è una dimensione in cui il centro non sono la tecnologia e le multinazionali, ma l’uomo: le tecnologie possono essere comprese all’interno di un approccio basato sull’agroecologia nella quale sono gli agricoltori e le comunità locali con le loro conoscenze e il loro legame con il territorio i protagonisti della produzione di cibo”.
Slow Food: “La carne sintetica non corrisponde alla nostra idea di cibo, urgente affrontare crisi alimentare nella sua complessità”
Lo stesso legame è sostenuto da Slow Food. “Non abbiamo una posizione di contrarietà assoluta al cibo sintetico, al momento facciamo prevalere il principio di precauzione”, ha dichiarato Barbara Nappini, presidente Slow Food Italia. “Certamente, però, la carne sintetica per noi non è cibo di qualità rispetto all’idea che abbiamo del cibo, al valore che gli attribuiamo nel legame con le comunità, il territorio, l’ambiente. Il vero problema da affrontare in questo momento sono i 24 miliardi di capi allevati sul pianeta, un record storico, e le 340 milioni di tonnellate di carne prodotte, uno squilibrio enorme che rischia di spostarsi dagli allevamenti intensivi di carne ai laboratori di carne sintetica. Noi abbiamo promosso una campagna sulla transizione proteica per una diminuzione del consumo di proteine animali e un aumento del consumo di quelle vegetali; non possiamo non considerare anche però che esiste un tipo di allevamento sostenibile che rispetta il benessere degli animali, che contribuisce alla tutela del suolo e della biodiversità, che ha ricadute positive sulle comunità e che conferisce un valore paesaggistico e culturale ai territori”.
Recenti analisi svolte da un’agenzia di valutazioni ambientali (Indaco2) su alcuni progetti di Slow Food hanno dimostrato che allevare bovini da carne e da latte in modo estensivo produce, a confronto con analoghi numeri di capi allevati in modo convenzionale in stalla, un risparmio significativo (fino all’83 per cento) di emissioni di CO2, senza contare il carbon uptake, cioè la possibilità data dai sistemi vegetali delle aziende dotate di copertura vegetale adeguata di stoccare carbonio nel suolo. “Personalmente sono vegetariana per questioni etiche perché faccio davvero fatica a tollerare la sofferenza animale, ma non pretendo che tutti lo siano. Penso che anziché dividerci e schierarsi, dovremmo fare fronte comune e portare avanti insieme le battaglie importanti senza respingere la complessità della realtà, ma accogliendola. Si fa tanta polemica, ma non si centra il vero punto, ovvero la crisi climatica e ambientale con tutte le conseguenze che ne derivano: la siccità, l’insicurezza alimentare, i flussi migratori, tutte questioni che devono essere affrontate con radicalità, cioè comprendendo le questioni alla radice”.
Vandana Shiva: “No al cibo fake”
Citiamo infine l’attivista indiana Vandana Shiva che si è sempre detta contraria al cibo “fake” creato in laboratorio che, a suo parere, velocizzerebbe il collasso del Pianeta e della salute, mentre la soluzione alla crisi dei sistemi alimentari andrebbe ricercata nel rapporto con la natura e nella tutela della biodiversità.
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