La ricerca “Donne e denaro: una sfida per l’inclusione” dimostra che c’è ancora una lunga strada da percorrere prima di raggiungere la parità di genere.
Una donna su tre non ha alcuna fonte di reddito. Una donna su tre non si ritiene abbastanza competente in materia finanziaria, pur avendo ricevuto un’educazione comparabile a quella degli uomini. Le donne sono più restie a investire e, quando meditano di farlo, chiedono informazioni ad amici e parenti più che agli operatori professionali. E tutto questo avviene in Italia, un paese industrializzato nel quale, in teoria, ci si aspetta che un così profondo divario di genere sia uno sbiadito ricordo del passato. Il progetto di ricerca “Donne e denaro: una sfida per l’inclusione”, voluto da Banca Widiba insieme al dipartimento di Psicologia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, ci dimostra che c’è ancora una lunga strada da percorrere prima di raggiungere un’autentica parità.
Come funziona il progetto di ricerca su donne e denaro
Il progetto di ricerca, il primo nel suo genere in Italia, prende il via con una domanda: quali sono i fattori che ostacolano le donne nella gestione finanziaria? Per dare una risposta, il team dell’università Cattolica – guidato dalla professoressa Claudia Manzi – si è messo all’opera per un percorso articolato in quattro fasi, per una durata complessiva di un anno. Per cominciare, ha analizzato la letteratura per fare il punto sulle conoscenze attuali; dopodiché ha condotto diversi focus group, coinvolgendo campioni costituiti sia da donne, sia da consulenti finanziari; queste due fasi hanno gettato le basi per la terza, costituita da un questionario quantitativo. Il progetto si concluderà con una serie di laboratori volti a progettare soluzioni concrete per incentivare l’autonomia delle donne in ambito economico-finanziario.
Stereotipi e insicurezze contribuiscono al divario di genere
Stereotipi e insicurezze. Questi fattori, apparentemente intangibili, hanno conseguenze molto concrete sul persistente divario di genere in campo economico-finanziario. Senza quasi rendersene conto, infatti, le donne tendono a fare proprie alcune credenze stereotipiche ereditate dal passato: cioè che la gestione dei grandi patrimoni e investimenti sia prettamente maschile, mentre le piccole spese domestiche siano appannaggio di mogli e madri; o ancora, che per gli uomini il denaro rappresenti uno strumento per acquisire potere, sicurezza e prestigio, mentre per le donne sia funzionale a comprare casa, mettere su famiglia e far studiare i figli. Quando una donna è benestante, inoltre, si ha la tendenza a pensare che sia merito della fortuna, di un’eredità, del matrimonio con un uomo ricco; non delle sue capacità. Gli stereotipi arrivano addirittura a condizionare le relazioni: se non è l’uomo a guadagnare di più, le incomprensioni sono dietro l’angolo. Anche da qui derivano le insicurezze di fondo che le donne avvertono nel rapportarsi ai professionisti del settore bancario e finanziario.
Una sfida per l'#inclusione, questo è "Donne e denaro": una ricerca con l'obiettivo di favorire il coinvolgimento delle donne nell'ambito finanziario e permettere loro una gestione attiva e indipendente del proprio patrimonio. Qui il report completo https://t.co/QVDlqUMzVlpic.twitter.com/WW4vq6g4wY
Anche i consulenti finanziari rischiano di sottovalutare le donne
Visto che questi stereotipi sono parte integrante della cultura in cui siamo immersi, non c’è da stupirsi nello scoprire che anche i consulenti finanziari ne sono condizionati. Anche senza una volontà esplicita di trattare in maniera diversa le loro clienti donne, tendono a dare per scontato che siano i mariti a prendere le decisioni economiche di maggiore peso. Come se da un lato ci fosse sempre e comunque l’uomo deciso e spavaldo e, dall’altro lato, la donna timorosa, prudente e meno autonoma nella gestione del proprio denaro.
Sempre dallo studio dell’Università Cattolica si evince che le donne hanno meno propensione imprenditoriale proprio per la loro poca propensione al rischio. Infatti le donne imprenditrici tendono a gestire aziende con meno dipendenti.#donneedenaro
Una donna su tre, in Italia, non percepisce un reddito
Il sondaggio sottoposto a un campione rappresentativo di italiani (di entrambi i sessi) conferma che queste credenze hanno ripercussioni reali. Qualche esempio? Il 29,4 per cento delle donne non ha alcuna fonte di reddito, contro il 12,1 per cento degli uomini. All’interno di quella ridotta minoranza che ha anche una fonte di introiti aggiuntiva (il 5,2 per cento delle donne e il 10,4 per cento degli uomini), il divario di genere è ancora più netto: soltanto il 21,3 per cento delle donne infatti ha all’attivo investimenti finanziari, contro il 78,7 per cento degli uomini.
L’educazione che si riceve in famiglia sulla gestione del denaro è bene o male paritetica, ma tabù ed esitazioni subentrano dopo: è così che, nella maggior parte dei casi, le donne sottovalutano le proprie competenze finanziarie, mentre gli uomini si sentono più sicuri. E nemmeno l’aver intrapreso studi economici sposta granché questa situazione. Anche quando hanno la possibilità di investire, le donne tendono a evitare i rischi e si affidano ad amici e parenti, più che a consulenti qualificati.
“Questa ricerca ci mostra ancora una volta che il cambiamento culturale è uno dei fattori più importanti per promuovere la parità tra uomini e donne”, conclude Claudia Manzi, professoressa ordinaria di Psicologia sociale all’università Cattolica e responsabile scientifica del progetto.
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