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‘Divine. Tre modelle bambine’ in passerella
Emily, Rebecca, Lucrezia sono le protagoniste. Hanno tutte e tre lavorato, o meglio solo sfiorato (per il momento) l’ambiente dello show business come modelle degli stilisti per l’infanzia.
“Fammi essere di più di qualunque altra, sarò bellissima, e non credere che sia vero sorridere a chi ti giudica… e fa che le farfalle non sappiano mai niente dell’autunno”, si sussurra delicatamente nell’inedita canzone finale del docu-film ‘Divine: tre modelle bambine’.
“Sfilate, casting e copertine. Il mondo della moda vissuto da modelle bambine. Per la prima volta un racconto dietro le quinte: sogni, ansie e vite di tre piccole professioniste alle prese con il mondo degli adulti, in corsa per la celebrità”. La sfavillante opera della regista milanese Chiara Brambilla, 28 anni, è stata presentata in anteprima al Naba di Milano, poi in onda dal 29 aprile su Cult (Sky 319) e su Rai Tre il 14 luglio (23:30).
Emily, Rebecca, Lucrezia sono le protagoniste. Hanno tutte e tre lavorato, o meglio solo sfiorato (per il momento) l’ambiente dello show business come modelle degli stilisti per l’infanzia. Una ha due dentini larghi, adora Naomi Campbell e per lei sfilare è un modo per smettere d’essere presa in giro dai compagni di scuola.
Un’altra racconta, con il suo forte e simpatico accento romagnolo, l’attesa della chiamata per la nuova sfilata con molta meno ansia dei suoi genitori (la madre cassiera al supermarket e il padre poliziotto, ex calciatore: “Non ti hanno chiamata, la sfilata è fra due giorni” “Eh, e non ti arrabbiare con me!”). La terza ha la bellezza limpida e delicata di un gioiello che spicca tra le altre bimbe di Pitti a Firenze, e che incredibilmente non lascia trasparire il dramma personale: è la figlia del Tenente Giovanni Cavallaro, uno dei carabinieri uccisi a Nassirya nel 2003.
Divine. Tre modelle bambine è: femminile
Il primo pregio del film è che è molto, molto femminile – nella pienezza a tutto tondo del termine – dai protagonisti alla composizione dello staff. Dalla regista, giovane donna che non si sottrae dal prendere in spalla la telecamera, fino alla responsabile del montaggio, la visuale materna (dolce ma intransigente) su questo delicatissimo tema rimane salda. Un occhio maschile forse avrebbe indugiato su altri particolari. Qui invece nessuna speculazione, nessuna morbosità, nessuna indulgenza.
Divine. Tre modelle bambine è: rispettoso
Il secondo pregio è la genuina qualità della narrazione. Le tre storie si intersecano senza reticenze e si rispecchiano una nell’altra, come prendendosi per mano. La mano con cui si tracciano le storie è leggera, mai invadente. La trama è chiara, lineare, e nessuna conclusione, nessuna tesi viene indotta o suggerita da qualche ammiccante artificio.
Divine. Tre modelle bambine è: reale
Il terzo pregio è la piana, piatta, tesa corrispondenza alla realtà. Non s’intravedono manipolazioni. I genitori accettano di partecipare alle riprese, consapevoli dei rischi e dei commenti a cui si espongono. Le voci narranti sono quelle delle bambine. Nessun commento è aggiunto. Le location sono reali, nessuna ripresa su un set, in studio, in laboratorio. Quasi sempre il suono è in presa diretta.
Divine. Tre modelle bambine è: sorprendente
Il quarto pregio è che questa franchezza ci può sorprendere (piacevolmente) e disorientare. Molti pregiudizi o immagini stereotipate si stemperano, di fronte a queste riprese. Gioco o lavoro? Sogni infantili o frustrazioni degli adulti? Meccanismi spietati o professionalità responsabile? Ambizioni o illusioni? Il discrimine è evanescente e si aggancia alla sensibilità di ognuno.
Divine. Tre modelle bambine è: emozionante
Il quinto pregio di questo film è che emoziona. E’ coinvolgente, dall’inizio alla fine. Dalle scene con le stylist concitate ai commiati delle protagoniste – una che sorride, una che pattina sui rollerblade e l’altra in macchina verso un altro casting, fino alla tintinnante (e ancora introvabile) canzone finale, “E fa che le farfalle” di Marco Levi, cantata da Angela Leanza.
Così, finalmente abbiamo modo, qui in Italia, patria della moda e dei più grandi stilisti al mondo, di capire qualcosa in più senza accalorarci, di approfondire lo sguardo verso un mondo affascinante ma pericoloso senza pregiudizi, senza la caramellata patina del pur delizioso ‘Little Miss Sunshine’ (Jonathan Dayton e Valerie Faris, 2006), senza l’ironia di ‘Zoolander’ (Ben Stiller, 2002), senza i trucchi e le invenzioni del ‘Diavolo veste Prada’ (David Frankel, 2006), di ‘Sex and The City’ (Michael P. King, 2008), di ‘The Women’ (Diane English, 2009), di ‘I love shopping’ (‘Confessions of a Shopaholic’, P.J. Hogan 2009) o di ‘Coco avant Chanel’ (Anne Fontaine, 2009). Film con i quali può tranquillamente dividere lo spazio in videoteca.
“I genitori sono consapevoli che sono in molti a criticare la carriera delle figlie e come giustificazione ripetono che per loro è solo un gioco, Ma dopo aver trascorso molto tempo con loro, ho capito che non sono più di tanto interessate a un futuro nel cinema o agli alti compensi delle top model. La cosa più gratificante è l’esibizionismo, il momento della sfilata… In teoria, queste carriere potrebbero poi riprendere, se va bene, se cresci perfetta, intorno ai quindici anni. Ma io non ho conosciuto nessuna bambina o bambino che ci siano riusciti. Conosco solo carriere iniziate a 5 anni e terminate a 10. Genitori che fanno mestieri normali, disposti a tanti sacrifici, a perdere ore di sonno e a viaggiare molto, pur di vedere il proprio bimbo su una copertina, protagonista di una sfilata, al centro di un manifesto pubblicitario”.
Chiara Brambilla, regista di ‘Divine’
“Divine è innanzitutto un racconto intimo e delicato. La regista ha scelto di portare la telecamera ad altezza di bambino. Ha preferito avvicinarsi alle protagoniste in una maniera aperta e continuativa, cercando di cogliere emozioni, sogni, aspettative e talvolta le paure. Per raccontare con onestà ed evitare di sollevare pregiudizi nel pubblico – che spesso è moralista in tema di bambini e spettacolo – ha voluto dar loro uno spessore realistico, ha cercato di farle conoscere per quello che sono, illustrando spaccati del quotidiano, della vita famigliare, della loro attività come modelle. Ci sono momenti di grande intimità. Chiunque abbia visto il film si sarà accorto che raccontiamo il percorso per certi versi esaltante per altri difficile che compiono tre bambine, un percorso sul quale noi non esprimiamo mai un giudizio. né mi pare che abbiamo cercato effetti scandalistici o manipolazioni. Cerchiamo di cogliere la magia che loro sentono verso quel mondo, la fascinazione del sogno ed anche perfino la bellezza che queste ragazzine riescono ad esprimere. Si muovono in un mondo di adulti che a volte le sostengono, a volte le spingono, altre volte le giudicano. Non credo che abbiamo strumentalizzato nessuno. Semplicemente lo abbiamo rappresentato per come lo abbiamo visto. Della grande kermesse del Pitti abbiamo raccontato momenti ed emozioni diverse: ci sono i piccolini in lacrime è vero, ma c’è anche la bellezza, l’emozione e la sicurezza delle nostre protagoniste finalmente in passerella. Il nostro film può non piacere; questo non si discute ma credo che inviti tutti quanti a guardarsi con occhi diversi e sollevi domande cui ognuno è libero di rispondere come vuole. Sarebbe però un peccato evitare di farsele”.
Francesco Virga, il produttore del documentario, su Facebook 30 aprile 2010, alle ore 11.22
“Cosa accade, invece, quando al casting si inizia ad essere sottoposti in tenera età? Come vive una bimba abituata a sfilare, e sfidare, le luci dei fotografi, gli applausi del pubblico, i desideri degli stilisti e le chiacchiere – anche malevole – del mondo fashion? La regista getta uno sguardo ad altezza bambino con un lavoro, e un processo di conoscenza e immedesimazione, durato più di un anno. ‘Divine’ è uno spaccato dell’Italia dell’immagine, un documentario senza preconcetti. Emily, Rebecca e Lucrezia sognano la celebrità, e lavorano nel mondo della moda dove essere selezionate, giudicate, scelte e poi abbandonate è all’ordine del giorno. Baby carriere che raggiungono il top tra i 5 e i 10 anni, e che terminano al raggiungimento di 1 metro e 40 di altezza. Sembra, peraltro, che le bimbe modelle – un po’ come nel film statunitense ‘Little Miss Sunshine’ – non abbiano introiti così importanti. ‘Si fa perché è una grande soddisfazione per i genitori, che vedono proiettate aspettative, desideri, amore sui propri figli’ spiega la regista. Si fa perché siano piccole dive: ‘divine'”.
Cristina Tagliabue di Nova, IlSole24Ore
“Ciao a tutti, ieri con il mio piccolo Alli abbiamo ‘giocato’ a fare le ‘cioto’ con Jordan e… Lucrezia! La bimba del
film/documentario. L’ho riconosciuta subito… Mi ha fatto tenerezza, Lucrezia, mentre aspettavamo, era in braccio a sua mamma e si coccolavano. Io ho visto il film – non documentario! – ed effettivamente prima di conoscerle personalmente la mamma non mi era risultata molto simpatica, ma ieri ho visto altro. Perché la regista non l’ha documentato?… Mi piacerebbe dire grazie al destino che mi ha fatto conoscere una bimba spettacolare e una mamma speciale, che ieri da Asti l’ha portata a Milano solo perché il servizio era di pomeriggio altrimenti non le avrebbe fatto saltare la scuola per delle foto! In bocca al lupo piccole Divine, lo siete davvero e che il destino vi porti tanta felicità!”
Orietta Sestan, su Facebook, 5 maggio 2010 alle ore 10.00
‘Divine, tre modelle bambine’. Di Chiara Brambilla (Italia, 2010). Prod.
Susanna Sguera, Francesco Virga, Gianfilippo Pedote per MIR
Cinematografica. Con il Triennio di Media Design e Arti
Multimediali e il nuovo Biennio Film & New Media di Naba,
Milano.
Cult Tv: Divine, tre modelle bambine
Doc3/RaiTre, mercoledi 14 luglio alle 23:30
Naba: private screening ‘Divine, tre modelle bambine’
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