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No other land ha vinto l’Oscar come miglior documentario. Un film, doloroso ma necessario, che racconta la forza della resistenza palestinese.
Durante la celebre notte degli Oscar 2025, No other land è stato premiato come miglior film documentario. Si tratta di un film che parla della distruzione e degli spostamenti forzati da parte dei coloni israeliani nel sud della Cisgiordania. Realizzato da un collettivo israelo-palestinese, dalla sua distribuzione indipendente nel 2024 ha vinto numerosi premi, tra cui il festival del cinema di Berlino.
Il documentario No other land è stato girato dal 2019 al 2023 e vede come protagonisti due dei suoi quattro registi: Basel Adra, palestinese, e Yuval Abraham, israeliano (gli altri due sono l’iraniana Rachel Szor e il palestinese Hamdan Ballal).
Ho iniziato a fare riprese quando è iniziata la nostra fine.
Il documentario racconta la realtà di Masafer Yatta, dove Basel vive, fatta di distruzione e violenze sistematiche da parte dei coloni israeliani, dove la vita dei palestinesi è sconvolta dai trasferimenti forzati, dall’abbattimento delle proprie case e dall’occupazione delle proprie terre.
Fin dall’inizio del documentario siamo infatti spettatori di ruspe e carrarmati che arrivano nei villaggi di Massafer Yatta, sulle colline a sud di Hebron, per radere al suolo le case palestinesi, appropriarsi delle terre, versare cemento nelle fonti d’acqua, tranciare i cavi dell’elettricità, per farne un campo di addestramento militare israeliano. Vediamo queste scene attraverso gli occhi di Basel, con la sua telecamera che mai abbandona, e di Yuval che, con la sua “penna” da giornalista, non vuole smettere di raccontare le violenze del suo paese.
Penso che le persone debbano capire come fare la differenza.
Grazie al rapporto dei due scopriamo i loro pensieri su quello che accade e potrebbe accadere in futuro, ma anche della storia che si ripete da decenni. Basel sembra infatti “ereditare” dai genitori lo spirito attivista, trasformando la rabbia in azione per far sentire la voce del popolo palestinese contro i soprusi e le violenze sistematiche israeliane. Assistiamo infatti a proteste per i diritti sulle proprie terre, al rischio di essere arrestati, o di perdere la vita per essersi opposti.
La lotta più dura è rimanere nella propria terra.
No other land, però, è anche un film che parla di resistenza, del legame profondo del popolo palestinese con la propria terra, dell’aggrapparsi alla vita, celebrandola. Vediamo persone che osservano la propria casa venire distrutta davanti ai propri occhi, e che trovano la forza di costruirne un’altra, magari di notte, o di ricrearla all’interno delle grotte delle colline. Persone che rivendicano il diritto sulle proprie terre, perché sono loro “da sempre”, da generazioni, e che urlano la propria rabbia, per restare. Perché “non c’è altra terra”.
Masafer Yatta esiste per una ragione. Siamo persone che si aggrappano alla vita.
Le riprese del film terminano poco prima del 7 ottobre. Da allora la situazione è peggiorata: secondo un comunicato di Amnesty international di fine febbraio 2025, Masafer Yatta è a rischio imminente di essere trasferita forzatamente.
No other land è un documentario che descrive senza filtri ciò che sta accadendo non solo a Masafer Yatta. È doloroso, fa provare rabbia, e proprio per questo è necessario.
I registi, Rachel Szor, Hamdan Ballal, Basel Adra, Yuval Abraham, hanno accettato il premio nella notte degli Oscar, ricordando che c’è un’altra strada, un’altra possibilità, senza supremazia etnica, senza distruzione, perché un popolo non può essere sicuro se anche l’altro non è libero.
Il documentario è ancora proiettato nelle sale dei cinema in tutta Italia. In streaming
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