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Un gruppo di 40 donne afgane appassionate di ciclismo e che fanno parte della nazionale femminile (Afghanistan’s women’s national cycling team) sta cercando di infrangere le barriere entro cui sono costrette dalle tradizioni del loro paese. Il loro obiettivo è riuscire a far passare il messaggio che anche le donne possono fare sport liberamente, un’attività
Un gruppo di 40 donne afgane appassionate di ciclismo e che fanno parte della nazionale femminile (Afghanistan’s women’s national cycling team) sta cercando di infrangere le barriere entro cui sono costrette dalle tradizioni del loro paese. Il loro obiettivo è riuscire a far passare il messaggio che anche le donne possono fare sport liberamente, un’attività considerata non adatta per una società conservatrice come quella dell’Afghanistan.
Masooma Alizada, Malika Yousufi e le altre compagne di squadra si allenano regolarmente lontano dalle vie della capitale Kabul, su strade deserte e spesso polverose, al riparo dagli occhi minacciosi degli uomini. Le biciclette vengono caricate su furgoncini messi a disposizione della Federazione ciclistica afgana e portate in periferia, pronte per essere cavalcate da donne che indossano uniformi nere che coprono braccia e gambe, così da passare inosservate.
La nazionale ha già gareggiato in diverse competizioni internazionali e sta andando avanti verso le Olimpiadi di Tokyo del 2020 nonostante nessuna riceva un solo centesimo da mesi, un problema condiviso da molti sportivi afgani. Negli anni Novanta, le donne erano completamente escluse dalla vita pubblica e non potevano andare a scuola o camminare per strada se non accompagnate da un uomo della famiglia. Dopo il rovesciamento del regime nel 2001, le cose stanno gradualmente migliorando, ma episodi di violenza rischiano di minacciare il cammino verso un aumento dei diritti.
Non è raro che alcuni automobilisti si fermino a insultare le cicliste e il loro allenatore, nonché presidente della Federazione, Abdul Sadiq Sadiqi, si sta riprendendo dopo un infortunio, o meglio un incidente, causato da un motociclista che lo ha fatto cadere mentre “scortava” le atlete. Ma Abdul non si scompone: “Questa è gente che non lascia andare a scuola i loro figli”.
La stima delle cicliste nei confronti del loro allenatore è enorme e lo si capisce dalle loro parole: “Per noi è uno scudo. Senza di lui non potremmo correre”. L’obiettivo di Malika è chiaro, vuole diventare la prima ciclista afgana a partecipare al Tour de France. “Niente ci fermerà”.
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