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Donne nell’energia, quando la parità di genere non c’è
Solo il 5 per cento dei dirigenti dell’energia è donna. Il paradosso? Nella transizione sostenibile mancano le quote rosa, maggiori nelle imprese tradizionali e in Paesi come la Russia.
- L’ultimo rapporto dell’Agenzia internazionale dell’energia mostra che le quote rosa nel settore dell’energia sono ancora la minoranza
- La forza lavoro femminile globale in ambito energetico si ferma al 22 per cento e solo il 13,9 per cento siede al tavolo dei consigli d’amministrazione o ricopre ruoli quadro
- Guardando al futuro, la volontà è di ampliare la raccolta e la disponibilità di dati disaggregati sul genere e sull’occupazione femminile nell’energia per portare soluzioni data driven ai tavoli di discussione internazionale
Parità di genere? Non per quanto riguarda il lavoro nel settore dell’energia. Nonostante le donne siano il motore dell’innovazione e dell’inclusività al pari degli uomini, restano ai margini della crescita professionale. Eppure l’imprenditore, ambientalista e scrittore statunitense Paul Hawken, nel suo Drawdown. il piano più completo mai proposto per invertire il corso del riscaldamento globale, cita l’emancipazione e l’educazione femminile tra i sei piani più efficienti per contrastare i cambiamenti climatici. Eppure le donne necessitano di un capitolo a parte, di dati a parte, per capire come e perché le quote rosa siano ancora una minoranza.
La rivoluzione più grande è, in un paese, quella che cambia le donne e il loro sistema di vita. Non si può fare la rivoluzione senza le donne. Forse le donne sono fisicamente più deboli ma moralmente hanno una forza cento volte più grande.
Settore energetico, solo il 22 per cento è composto da donne
L’ultimo capitolo sul tema si intitola Energy and gender. A critical issue in energy sector employment and energy access ed è prodotto dall’Agenzia internazionale dell’energia, organizzazione internazionale intergovernativa per la cooperazione e lo sviluppo economico. L’Aie ha aggiornato l’analisi effettuata nel 2019 su un campione di oltre 2.500 aziende, operanti non solo nel settore energetico, e 38mila lavoratori. Ne è emerso che se in media la forza lavoro femminile globale arriva a quota 48 per cento, in ambito energetico si ferma a meno della metà: il 22 per cento.
Quadro peggiore se si alza l’asticella. Solo il 13,9 per cento dei senior manager, ossia di coloro che siede al tavolo dei consigli d’amministrazione o ricopre ruoli quadro, è donna. Nelle società che non operano o non sono legate al settore energetico la percentuale è maggiore, seppure in generale bassa, e tocca il 15,5 per cento.
Il tasso di occupazione femminile aumenta nelle utility
Interessante osservare dove sono collocate maggiormente: è il comparto delle utility quello più ricco, con un picco del 17,1 per cento. In particolare le multiutility toccano quota 20,3 per cento e quelle del gas il 18 per cento. Strano, forse meglio dire paradossale, che il settore più promettente della transizione energetica faccia fatica a stare al passo: nel campo delle fonti rinnovabili la percentuale di donne dirigenti si ferma al 10,8. Peggio solo il carbone, con lo 0,6 per cento. Numeri che stridono con soluzioni e modelli di business sempre più innovativi richiesti per centrare gli obiettivi comunitari di sostenibilità.
La leadership femminile spicca nelle multinazionali, molte delle quali hanno messo in atto politiche aziendali incentrate sulla diversità e l’inclusione alla luce, soprattutto, della maggiore attenzione da parte degli investitori all’adozione di pratiche occupazionali per la parità di genere.
Brevetti? Sì, ma solo se trattano di salute e chimica
Tra le domande di brevetti del settore energetico – apparecchi di combustione, motori, pompe – quelle fatte dalle donne sfiorano l’11 per cento del totale. Quattro punti percentuali in meno della media, in meno anche dei dispositivi pensati per contrastare i cambiamenti climatici. I settori di maggior interesse? Quelli della salute e della chimica. Nota stonata se si pensa alla trasversalità di competenze necessaria in questo periodo di rivoluzione del sistema energetico.
Nel confronto, meglio la Russia
Nel confronto tra Paesi, i dati del Corporate governance factbook – 2021 redatto dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico mostrano che la Russia vanta il 23,1 per cento di lavoratrici nel settore energetico e nelle utility, in particolare in cariche direttive. Di contro, lontanissimi, l’Australia con il 15,5 per cento e il Giappone, ultimo della fila, con il 3,1. L’Italia è citata principalmente per l’impegno assunto nell’accrescere le quote rosa all’interno delle politiche aziendali.
Le differenze sono dovuti alle disparità socio culturali dei singoli Paesi e si riflettono nel possesso dei titoli accademici: a una donna si chiede di più e servono titoli accademici di maggior prestigio per ricoprire determinati ruoli.
Più dati per raggiungere la parità di genere
Gli sforzi per centrare la parità di genere stanno crescendo rapidamente e vedono i primi risultati nel miglioramento delle condizioni delle millennial rispetto alle generazioni precedenti, evidenzia l’Aie. Per avere un quadro più chiaro del gender gap i dati sono fondamentali, eppure insufficienti o vecchi – come abbiamo visto risalgono in media al 2019.
Per questo l’Agenzia ha deciso di ricoprire il ruolo di coordinatore dell’Iniziativa internazionale per l’energia pulita, l’istruzione e l’empowerment (C3E international) e di ampliare la disponibilità di dati, nel tentativo di accelerare il processo di inclusione. Nel 2020 i promotori dell’Iniziativa hanno cominciato a lavorare per portare soluzioni data driven al tavolo di discussione, grazie alla raccolta di dati disaggregati sul genere e sull’occupazione femminile nell’energia. Parte di un percorso più ampio di sensibilizzazione che non può che stimolare, non solo le donne, a fare di più e meglio ogni giorno. Anche nell’energia.
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