La pandemia ha fatto lievitare le forme di povertà in Italia: i nuovi poveri sono soprattutto famiglie con minori, donne e giovani. È quanto emerge dal rapporto 2020 su povertà ed esclusione di Caritas Italiana che scatta una fotografia degli effetti economici e sociali della pandemia.
Le misure emergenziali introdotte dal governo per contrastare la crescente povertà sono servite, “ma non sono state sufficienti”, spiega la dottoressa Federica De Lauso, sociologa e curatrice del rapporto, e per via della scarsa chiarezza e della “farraginosità delle procedure amministrative”, hanno fatto ricadere ancora una volta il peso del supporto alle marginalità sulla solidarietà privata e sul terzo settore.
Tra i nuovi poveri ci sono alcuni esclusi dagli aiuti
Nel periodo che va da maggio – ovvero dopo la fine del lockdown – a settembre 2020, il 45 per cento delle persone che si sono rivolte alle strutture di aiuto dell’organismo della Cei, come le mense dei poveri, lo ha fatto per la prima volta. Negli stessi mesi del 2019 la percentuale di “nuovi poveri” si fermava invece al 31 per cento. Nell’Italia pre-pandemia, su una popolazione di 60 milioni c’erano già oltre 4 milioni di persone in povertà assoluta: “la situazione conseguente all’avvento della Covid-19 si innesta quindi su un terreno sociale già fragile per una buona parte della popolazione”, analizza la dottoressa De Lauso.
Il picco di richieste è arrivato alle Caritas nelle grandi città ma anche nelle provincie nel periodo primaverile, “quando siamo andati incontro a oltre 450mila richieste di aiuto causate da nuove forme di povertà”, continua De Lauso. Ma se consideriamo che spesso dietro ad un grido d’aiuto non c’è solo una persona ma un nucleo familiare “ecco che i bisogni raddoppiano. Almeno”.
Aumentano le donne in povertà, così come giovani
Le donne che hanno chiesto aiuto ai servizi Caritas subito dopo il lockdown sono state il 54,4 per cento contro il 50,5 del 2019. In aumento, quindi. “Tra i nuovi poveri crescono le donne, ma anche le famiglie, soprattutto italiane. Famiglie con minori. E questo apre anche il tema della povertà educativa che arriverà con il ritorno della didattica a distanza”. Resta stabile invece la grave marginalizzazione, quella dei senza dimora. Con la pandemia si sta verificando un uovo fenomeno, continua la curatrice del rapporto: “Una sorta di normalizzazione, e soprattutto di diffusione, della povertà di persone e famiglie che a inizio anno mai sarebbero state considera povere da qualsiasi tipo di analisi”.
Non è finita qui, il numero dei giovani tra 18 e 34 anni sotto la soglia di povertà è passato dal 20 per cento del 2019 all’attuale 22,7 per cento. La povertà non guarda certo il passaporto: gli italiani sono ad oggi il 52 per cento dei poveri del paese, contro il 47,9 per cento dell’anno passato che hanno dunque superato gli stranieri.
Nell’identikit dei nuovi poveri anche i liberi professionisti e i minori
Tra i motivi principali del crollo del reddito di così tante persone finite in questi mesi in povertà c’è la perdita del lavoro. Quasi l’80 per cento dei lavoratori indipendenti – il popolo della partita Iva – che si sono rivolti ai centri di ascolto della Caritas durante il lockdown ha subito un calo nel reddito. A volte fino all’annullamento. E per il 36 per cento la caduta è di oltre la metà del reddito familiare. In totale sono stati 2.073 i piccoli commercianti e lavoratori autonomi seguiti in quel periodo dalla Caritas. I lavoratori autonomi sono e ancora saranno i più esposti alla povertà per la mancanza di lavoro, “considerata l’assenza di un regime di tutela stabile in loro favore”, spiega il rapporto. In molti casi queste persone si sono avvalse solo dell’aiuto della Caritas.
Ci saranno molte oscillazioni “dentro-fuori” per chi si trova – suo malgrado – nella grande categoria aridosso della soglia di povertà. Tra loro anche moltissimi minori che subiranno un doppio colpo: le difficoltà del presente, dove ragazzi in famiglie povere accedono a intermittenza i percorsi di istruzione, e un futuro pregiudicato perché per loro sarà quasi impossibile uscire dalla condizione di povertà e di incertezza per accedere a percorsi di istruzione solidi, stabili e duraturi.
Reddito di cittadinanza e quello di emergenza hanno funzionato?
Il rapporto ha dimostrato che uno strumento come il reddito di emergenza abbia protetto efficacemente solo alcune fasce, escludendone però troppe. “Chi è rimasto fuori ha visto peggiorare la sua situazione. E sono in molti”, chiosa De Lauso. Originariamente il reddito di emergenza mirava ad aiutare chi non aveva diritto a nessun altro sussidio. Stando all’analisi Caritas, però, è andato alla stessa platea di beneficiari del reddito di cittadinanza: prevalentemente nuclei composti da adulti over 50, soprattutto single e monogenitori con figli maggiorenni, con un reddito fino a 800 euro e bassi tassi di attività lavorativa. Si tratta di “un profilo del tutto sovrapponibile a quello di coloro che percepiscono il reddito di cittadinanza”, commenta De Lauso. “L’effetto perverso scaturito dalla scarsa chiarezza delle misure e dalla farraginosità delle procedure amministrative è di aver generato una frattura fra coloro che già godevano di forme di protezione e assistenza pubblica e coloro che, invece, non avevano mai avuto prima di questo periodo accesso al sistema di sostegno”.
Abbiamo bisogno di far crescere la consapevolezza che oggi o ci salviamo tutti o nessuno si salva: la #povertà, il degrado, le sofferenze di una zona della terra sono terreno di coltura di problemi che alla fine toccheranno tutto il pianeta. #FratelliTutti#EndPoverty
Il rapporto di Caritas Italiana analizza i dati raccolti fino a settembre, ma da ottobre i contagi sono di nuovo in crescita e si prospettano sempre più chiusure, anche a tempo indefinito. Se anche Bankitalia ha rilevato che durante il lockdown di questa primavera un italiano su due ha contratto il suo reddito rispetto a prima della pandemia, non c’è da guardare sereni ai mesi autunnali e a quelli invernali. Anche perché hanno subìto una diminuzione del reddito anche coloro che hanno usufruito della cassa integrazione che copre solo l’80 per cento dello stipendio. “In caso di nuovo lockdown o di chiusure localizzate territorialmente bisogna pensare a strumenti di sostegno che fungano da paracadute sociale ed economico immediato per le persone e le famiglie – conclude De Lauso – ed evitare che le nuove povertà siano presto ‘vecchie. La preoccupazione che questo però accada resta troppo alta”.
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