Grazie alle nuove tecnologie, Atelier Riforma ha creato un marketplace B2B per far incontrare domanda e offerta di abiti usati. La moda circolare è tech.
Le “Donne in campo” portano in passerella una sfilata di Agritessuti
L’associazione Donne in campo ha lanciato il marchio Agritessuti con una sfilata di abiti in tessuti naturali, tinti con prodotti e scarti agricoli.
In concomitanza con la fashion week milanese, a Roma lo scorso 24 settembre si è tenuta un’altra sfilata all’insegna della moda sostenibile. Protagonisti della passerella sono stati degli abiti di stoffe bio colorate con ortaggi, frutta, radici, foglie e fiori messi a punto dalla ecostilista Eleonora Riccio. L’idea è stata dell’associazione al femminile di Cia-Agricoltori italiani, Donne in campo, che riunisce imprenditrici e donne dell’agricoltura con il compito di ristabilire un equilibrato rapporto con l’ambiente tramandando le culture locali alle nuove generazioni e la valorizzazione di processi agricoli ecocompatibili.
Donne in campo promuove la filiera degli agritessuti
La sfilata è stata organizzata da Donne in campo per il lancio del marchio appena registrato, Agritessuti, il cui intento è quello di creare una filiera tessile ecologica di tessuti da fibre vegetali e animali tinti con prodotti e scarti agricoli. Una filiera che dimostra già un grande potenziale.
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Secondo i dati in possesso di Cia-Agricoltori italiani, la produzione di lino, canapa e gelso da seta coinvolge circa duemila aziende agricole in Italia, per un fatturato di quasi trenta milioni di euro se si considerano le attività connesse. E gli attori coinvolti nel mercato degli agritessuti potrebbero essere ancora di più se si contano tutte le tremila imprese produttrici di piante officinali con caratteristiche tintorie, come lavanda e camomilla, o la tintura dagli scarti dell’agricoltura come le foglie dei carciofi, le scorze del melograno, le bucce della cipolla, i residui di potatura di olivi e ciliegi e i ricci del castagno.
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“Per questo ribadiamo la necessità di dare vita a tavoli di filiera dedicati – ha dichiarato la presidente nazionale di Donne in campo-Cia Pina Terenzi -, a sostegno della produzione di fibre naturali a cui andrà affiancata la creazione di impianti di trasformazione diffusi sul territorio per mettere a disposizione dell’industria e dell’artigianato un prodotto di qualità, certificato, tracciato e sostenibile”.
Anche i consumatori sono diventati più consapevoli
Donne in campo ha fornito dati anche in merito al consumo di abbigliamento: la domanda di abiti sostenibili in Italia è aumentata del 78 per cento negli ultimi due anni, tanto che oggi il 55 per cento dei consumatori è disposto a pagare di più per capi ecologici. Con queste prerogative, il fatturato generato dalla filiera degli agritessuti potrebbe triplicare già nel prossimo triennio.
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I metodi alternativi per produrre e lavorare i tessuti senza sprecare miriadi di risorse prime o contaminando i corsi d’acqua con sostanze chimiche pericolose esistono già. Ora tocca alle istituzioni e alla grande industria della moda passare all’azione.
Immagine di copertina: le modelle indossano gli abiti realizzati dalla ecostilista Eleonora Riccio © Donne in campo
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