La seconda domenica del mese di maggio ricorre la festa della mamma. In un villaggio che non esiste più, la psicologa Alessandra Bortolotti ci spiega come normalizzare le brutte emozioni e svincolarci dai giudizi e pregiudizi altrui.
Donne, musica e quel divario di genere difficile da abbattere
Ricerche evidenziano che il gender gap nel mondo della musica è ancora molto elevato. Qual è lo stato dell’arte attuale e come invertire questa tendenza?
Da anni si parla di gender gap per definire, genericamente, una differenza di genere tra uomini e donne che può essere applicata a vari ambiti e che si ripercuote su condizioni economiche e sociali. Fino a pochissimo tempo fa si parlava di diversità di genere principalmente nell’ambito delle discipline Stem (science, technology, engineering and mathematics).
Solo negli ultimi anni, anche a causa dello scandalo Weinstein e alla nascita del movimento #MeToo, si è cominciato a parlare di parità di genere in ambiti dove le differenze sono forse meno evidenti, ma ancora più subdole e radicate come lo spettacolo, il cinema e la musica.
Le donne nel mondo della musica: i numeri
All’inizio del 2018, l’Annenberg Inclusion Initiative dell’University of Southern California, il principale think tank del mondo a studiare diversity e inclusion nell’intrattenimento, ha pubblicato uno studio che analizzava la situazione dell’industria musicale statunitense.
L’analisi prendeva in considerazione seicento brani di musica pop usciti sul mercato fra il 2012 e il 2017 ed evidenziava come il 2017 abbia segnato un minimo in sei anni per la presenza di brani di artiste femminili, che costituivano il 16,8% rispetto all’83,2% di quelli di artisti uomini.
Questi dati si riferivano ad interpreti e performer. Ma la presenza di donne era ancora più scarsa se si analizzava l’autorato musicale fino a diventare allarmante quando si parlava di produzione: su 2.767 cantautori accreditati, solo il 12,3% era di sesso femminile e degli oltre seicento produttori presi in analisi, il 98% era di sesso maschile e solo il 2% di sesso femminile.
In Italia la situazione non è certo migliore. Uno studio Nuovoimaie ha evidenziato, infatti, come la percentuale delle interpreti femminili nella fascia di età 18-34 anni è del 12,52%, in linea con quella degli Stati Uniti.
Le artiste denunciano il divario uomo/donna nella musica
La lista delle artiste che hanno denunciato questo gap è piuttosto lunga: da Madonna e Beyoncé, da Kesha a Lady Gaga, da St. Vincent a Dua Lipa.
In prima linea è di certo Bjork, che più di una volta ha rilasciato dichiarazioni sul sessismo che imperverserebbe nella discografia. Nel 2016 la cantante islandese ha scritto una lettera aperta indirizzata ai giornalisti, tacciandoli di scrivere e parlare di musica solo attraverso stereotipi di genere: “Gli uomini hanno il diritto di spaziare da un campo a un altro (…) ma non le donne. Le donne nella musica sono autorizzate a essere delle cantautrici che parlano solo dei loro fidanzati. Se scelgono un altro argomento (…) o di diventare qualsiasi altra cosa rispetto a performers che cantano dei loro amori, ricevono delle critiche… come se la nostra unica possibilità di espressione fosse l’emotività”.
Altra artista che da sempre dà voce al mondo femminista e porta avanti iniziative importanti riguardo alla parità di genere è St. Vincent, cantautrice, musicista, produttrice e regista. Nel 2014 ha ricevuto il primo Alternative Grammy vinto da una donna in 20 anni e, fra le altre cose, nel 2016 ha ideato la prima chitarra elettrica da donna, affermando: “Chitarre come la Fender Stratocaster o la Gibson Les Paul sono chitarre fantastiche, ma a causa del loro peso sono impraticabili e poco funzionali per una persona come me”, denunciando come lo sguardo degli uomini ancora permanga nella musica.
È recente, poi, il duetto di St. Vincent con la cantante Dua Lipa durante la cerimonia dei Grammy awards 2019, la quale ha ritirato l’ambìto premio come Best New Artist affermando: “È un onore essere nominata tra così tante donne: credo che quest’anno ci siamo fatte avanti davvero”, in una delle edizioni che ha visto vincere il numero più consistente di donne in assoluto.
Gender gap pay nel mondo musicale
Uno degli argomenti più discussi dell’ultimo periodo è sicuramente il gender gap pay, ovvero la differenza fra lo stipendio di una donna rispetto ad un collega uomo.
Ovviamente l’industria musicale non poteva differenziarsi nella tendenza che vede le donne sottopagate. Nel Regno Unito, per esempio, dal 2017 le aziende con duecentocinquanta o più dipendenti sono costrette per legge a pubblicare i divari retributivi.
In seguito al nuovo regolamento, le sedi inglesi delle grandi major dell’industria musicale hanno dato una dimostrazione lampante della differenza di trattamento economico che esiste fra uomini e donne. Come rivelato da Music Business Worldwide, infatti, la differenza di stipendio è piuttosto evidente: le donne sono pagate in media il 33,8% in meno, il 29,8% alla Universal, il 22,7% alla Sony e il 49% alla Warner, senza considerare che i numeri della presenza di donne che lavorano nelle label sono molto bassi: in Universal le dipendenti sono il 30%, in Sony il 36.7% e in Warner il 26%.
La presenza di donne nei festival
Da tempo si è denunciata anche la mancanza di nomi femminili nelle line-up dei festival musicali internazionali.
Uno studio pubblicato dal network femminista musicale Female:Pressure nel 2017 ha evidenziato che la presenza delle donne nei festival è davvero ridotta: le artiste donne rappresentavano solo il 15,7% in molti dei maggiori festival alternativi di musica mista ed elettronica.
Significativo l’esperimento della musicista Lily Allen che ha pubblicato la locandina del Wireless festival cancellando i nomi degli artisti uomini. Il risultato è sconcertante, con solo quattro artiste donne rimaste in cartellone.
The struggle is real pic.twitter.com/R58zKuCaK2
— LILY ALLEN (@lilyallen) 23 gennaio 2018
Anche il profilo Instagram australiano @lineupswithoutmales pubblica le locandine dei festival musicali di tutto il Paese, cancellando i nomi di artisti maschili, ed alcuni (come questo) sono davvero indicativi. E se lo stesso esperimento lo si ripropone in l’Italia, la situazione è assolutamente invariata. Un dato curioso è che la scarsa presenza di artiste donne nei festival è assolutamente in contrasto con la presenza delle donne fra il pubblico: secondo dati Nielsen del 2015, il pubblico ai festival musicali, solo negli Stati Uniti, sfiorava i trentadue milioni e il 51% di questo era di sesso femminile.
Le donne nel mondo della musica: lontane da posizioni manageriali
Tornando alla ricerca di Annenberg Inclusion Initiative iniziale, probabilmente il punto focale dello studio e il dato a dover essere analizzato in profondità è quello che riguarda la scarsa presenza di producer donne. È opinione diffusa che le donne siano largamente presenti nell’industria musicale perché spesso le troviamo agli apici delle classifiche internazionali. Ma quando si analizzano i dati, la realtà è che al genere femminile non spetta ricoprire posizioni diverse da questa: le donne non sono autrici, compositrici o producer e, men che meno, ricoprono posizioni che potremmo definire decisionali.
La dottoressa Stacy L. Smith, regista e fondatrice della USC Annenberg Inclusion Initiative, in un’intervista a Billboard in relazione allo studio condotto, ha inoltre portato all’attenzione un altro dato importante. Ha affermato di aver scoperto che quasi un quinto di tutte le canzoni del campione analizzato erano state scritte unicamente da nove autori. Un dato sorprendente perché significa che nove uomini stanno fissando l’intera agenda del consumo musicale negli Stati Uniti.
Le iniziative per motivare le donne a fare musica
Da anni, ormai, non si parla più di motivazioni attitudinali per spiegare l’esigua presenza di donne in determinati ambiti, ma la mancanza di modelli femminili, anche in ruoli e in posizioni dirigenziali, è uno dei motivi principali. Per questo sono molto importanti le tante iniziative che si stanno mettendo in atto in tutto il mondo per motivare le ragazze a fare musica.
È un’organizzazione nata a Portland, Oregon, nel 2001 e che ora conta oltre ottanta membri che, in tutto il mondo, organizzano annualmente camp musicali per ragazze. Girls rock camp è nato con l’intento di “amplificare le voci a cui altrimenti è stato detto di tacere”. La musica, l’arte e l’espressione creativa sono gli strumenti per costruire l’intero movimento e lo scopo ultimo dei workshop è quello di aumentare l’autostima delle partecipanti e aiutarle a farsi spazio in un’industria dominata dagli uomini. Fra i testimonial di Girls rock camp troviamo Shirley Mason, cantante dei Garbage, mentre l’edizione irlandese del 2019 è stata sovvenzionata dalla band Chvrches, che ha donato un euro per ogni biglietto del concerto di Dublino venduto.
shesaid.so è una comunità di supporto per donne che lavorano in campo musicale così da aiutarle a superare gli stereotipi di genere. È una vera e propria rete di auto aiuto fra migliaia di membri in tutto il mondo. Londra, New York, San Francisco, Barcellona, Parigi, Mumbai e molte altre città, anche italiane: la divisione italiana conta quasi mille iscritte al gruppo Facebook.
Una campagna supportata dal Creative european program dell’Unione europea. Grazie all’iniziativa, quarantacinque festival in tutto il mondo (fra i quali The Great Escape di Brighton, Iceland Airwaves, Canadian Music Week e gli irlandesi Hard Working Class Heroes) si sono impegnati a portare una proporzione di 50:50 tra uomini e donne nelle loro line-up entro il 2022. A colpire nel segno dell’iniziativa sicuramente il Barcelona Primavera Sound che già per la sua edizione 2019 ha raggiunto l’obiettivo, affermando: “Se metà del nostro pubblico è di sesso femminile, perché non dovrebbe essere la metà della nostra line-up?”.
Hit like a girl è un contest per incoraggiare le ragazze a suonare la batteria, indipendentemente dall’età e dal livello. Il concorso, giunto nel 2019 alla sua ottava edizione, è stato pensato da David Levine, esperto e consulente marketing nel mondo delle percussioni, ed è diventato un fenomeno globale con partecipanti da oltre cinquanta Paesi e numerose categorie.
Women’s audio mission è un’organizzazione no profit con base a San Francisco che utilizza la musica per attirare oltre duemila donne e ragazze ogni anno verso lo studio delle discipline scientifiche tramite l’approfondimento degli strumenti di tecnologia creativa. L’organizzazione vanta il più grande studio di registrazione gestito interamente da donne del mondo e l’obiettivo principale è quello di colmare il divario di genere nella musica intrecciando arte e scienza, tecnologia e arte.
Always on
L’edizione 2018 del Moogfest, importante kermesse di musica, arte e tecnologia del North Carolina, ha ospitato Always on: un livestream di 50 ore con esibizioni continue di artiste donne, transgender e queer. Come dichiarato dalla dj e curatrice Kaltès, l’iniziativa aveva principalmente l’intento di portare alla luce un’importante problematica nel mondo dei festival musicali e non certo quella di essere una soluzione definitiva: un modo per dare voce a quelle artiste che troppo spesso non partecipano a eventi internazionali di questa portata.
Il futuro delle donne nella musica
Dunque la differenza fra uomini e donne è ancora considerevole anche nel mondo della musica. Alcune delle barriere che in passato hanno impedito alle donne di entrare nel mondo della discografia vengono abbattute seppur molto lentamente, fornendo alle ragazze maggiori modelli al quale ispirarsi, trasformando le regole nell’ambito delle professioni musicali, ispirando e incoraggiando le ragazze più giovani non solo ad imbracciare la chitarra o entrare in una band, ma anche a pensare di poter ricoprire incarichi manageriali senza perdere la propria identità.
Siamo anche su WhatsApp. Segui il canale ufficiale LifeGate per restare aggiornata, aggiornato sulle ultime notizie e sulle nostre attività.
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.
Ci sono voluti 100 anni dalla fondazione dell’Università degli studi di Milano per eleggere una donna come rettrice dell’ateneo.
Il rapporto “Le equilibriste: la maternità in Italia nel 2021” di Save the children fotografa la situazione delle donne e delle mamme italiane in un anno di pandemia.
Women&Tech ha consegnato il premio Tecnovisionarie® 2020 alle dieci donne che hanno meglio interpretato l’economia circolare attraverso l’innovazione.
L’imprenditrice italo-malgascia punta sulla sostenibilità con accessori in rafia realizzati in Madagascar da donne artigiane locali.
Ruth Bader Ginsburg, che ha lottato tutta la vita per l’emancipazione femminile, si è spenta a 87 anni. Resterà un simbolo per gli Stati Uniti e non solo.
Ferrari ha ottenuto la certificazione Equal salary che dimostra la parità di retribuzione tra uomini e donne con le stesse mansioni e qualifiche.
Effetto domino, l’ultimo film di Alessandro Rossetto, racconta la sequenza stringente di un fallimento economico planetario e il ritratto futuribile di una società di anziani, quella in cui, come spiega il regista, è “la morte ad avere le ore contate”.
Yola Fest è il festival tutto al femminile lanciato da Likke Li: una line up di sole artiste donne che vedrà anche la partecipazione di Courtney Love in un raro set acustico.