Il “doomscrolling” – leggere brutte notizie una dopo l’altra – è aumentato con la pandemia e ora continua con la guerra È all’origine di ansia e stress ma può avere ricadute anche sul benessere fisico Gli esperti spiegano come contenere questo comportamento dannoso Alle 8 del mattino suona la sveglia del cellulare. Il tempo di
Il “doomscrolling” – leggere brutte notizie una dopo l’altra – è aumentato con la pandemia e ora continua con la guerra
È all’origine di ansia e stress ma può avere ricadute anche sul benessere fisico
Gli esperti spiegano come contenere questo comportamento dannoso
Alle 8 del mattino suona la sveglia del cellulare. Il tempo di un caffè, e via con le notizie del giorno, quasi tutte sulla guerra in Ucraina. Su Twitter e Facebook, Instagram e siti di news, compulsiamo titoli, immagini e commenti per non perdere nemmeno un dettaglio della catastrofe. Pandemia e crisi climatica fanno da contrappunto. “È tutto terribile. Il mondo come lo ricordavamo è finito. Quando riemergi sono le 9. Non sei ancora uscito dalla tua fossa di disperazione per fare la doccia. Ripeti questo esercizio masochistico durante il pranzo, e poi ancora, fino all’ora di andare a dormire”, scrive Brian X. Chen sul New York Times. Leggere brutte notizie online una dietro l’altra, deprimendoci, è una pratica talmente comune da meritare un neologismo, “doomscrolling”. Consacrata dall’Oxford Dictionary tra le parole dell’anno 2020, ce la ritroviamo in punta di pollice mentre scorriamo istantanee dal mondo sullo schermo dello smartphone, nella speranza di capirci qualcosa. Il tentativo spasmodico di scrollarci di dosso incertezze e paure ottiene, però, l’effetto contrario.
È frequente, rilevano gli esperti, restare invischiati in una palude di negatività che alimenta ansia, stress e, nei casi più gravi, depressione. Alla lunga anche il corpo ne risente: dagli scompensi ormonali all’indebolimento del sistema immunitario, la letteratura scientifica ci mette in guardia da questo stato autoinflitto di tensione perenne, a conferma del legame tra corpo e spirito e della necessità di ritrovare una prospettiva più equilibrata. Selezionare con cura le fonti e dedicare all’informazione momenti circoscritti della giornata sono alcune delle soluzioni suggerite da psicologi e neuroscienziati per evitare abbuffate di news (il cosiddetto “binge-scrolling”). Perché la dieta funzioni, serve anche capire l’origine del problema. Una notizia tira l’altra, ma il meccanismo che le rende irresistibili nasconde qualcosa di profondamente umano e ancestrale, che vale la pena indagare.
Come funziona la dipendenza dalle notizie negative
L’istinto che oggi ci attira verso le cattive notizie è un retaggio cerebrale di ciò che ha permesso agli ominidi di sopravvivere ed evolversi. Quel bisogno primordiale di propendere per le novità e rilevare le minacce, che si tratti di bacche velenose o di tribù rivali. In condizioni normali è utile a proteggerci dal pericolo ma, come scrive sul Wall Street Journal la docente di psicologia clinica Mary McNaughton-Cassill, “può capitare anche quando non è utile, come quando il nostro capo è maleducato, o quando vediamo qualcosa in tv”. La dinamica è nota ai nuovi guru della tecnologia: non è un caso che algoritmi e bacheche sui social media siano stati disegnati per irretire la nostra attenzione (sempre più costante e superficiale) e tenerci incollati allo schermo, di notizia in notizia, di commento in commento.
Ed eccoci arrivati alla dipendenza. Parlando con il quotidiano Repubblica, la psichiatra Anna Lembke, direttrice del centro per la cura delle dipendenze della Stanford university school of medicine, ha spiegato che il cervello di fronte a un dolore intenso reagisce rilasciando una grande quantità di dopamina. Questo neurotrasmettitore viene rilevato dal centro cerebrale della ricompensa, che a sua volta stimola la corteccia prefrontale, sede dei processi che governano decisioni e azioni, affinché cerchi di replicare quell’esperienza per ottenere una nuova gratificazione. Ciò suggerisce che si possa generare un circolo vizioso, un “loop dopaminergico” che induce a ricercare ossessivamente un certo tipo di stimolo fino ad assumere un comportamento compulsivo, come la necessità di controllare sempre gli aggiornamenti online. “Quando poi le informazioni possono essere molto rilevanti, – come nel caso di grandi eventi drammatici come la guerra – la cosiddetta paura di perdersi qualcosa (detta Fomo, “fear of missing out”) amplifica questi effetti”, ha aggiunto Lembke. È facile intuire che a farne le spese sia il nostro benessere psicofisico.
Tristezza, paura e senso di impotenza sono alcune delle reazioni emotive più diffuse nel “doomscrolling”. Uno studio tedesco condotto su più di 6mila persone nella primavera del 2020 ha collegato l’esposizione alle notizie sulla covid-19 con un aumento di ansia, depressione e fobie. Rende l’idea il termine “disturbo da stress da titoli”, non ancora listato nella nosografia psichiatrica ufficiale ma sufficientemente evocativo: lo ha coniato nel 2016 il terapeuta statunitense Steven Stosny per descrivere condizioni di disagio in occasione delle elezioni presidenziali americane di quell’anno. Tempi e temi sono cambiati, il meccanismo neurobiologico è il medesimo. Alcuni soggetti sarebbero più predisposti di altri a “seguire il Bianconiglio” come un’Alice nel paese dei drammi. In particolare, si parla di bias di conferma nei pazienti ansiosi o depressi. In pratica, chi sta lottando con un disturbo depressivo, tende a focalizzarsi sui dettagli ambientali conformi alle proprie credenze.
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— Jason Lanier
Resta da dimostrare la ricaduta di questo avvitamento negativo sul corpo, anche se ad oggi le premesse indicano già una direzione verosimile. Ogni volta che proviamo un’emozione negativa o un sentimento conflittuale, si scatena quella che Hans Seyle – l’endocrinologo con cui a inizio Novecento è cominciata la comprensione del fenomeno – ha definito “risposta allo stress”, un modo che il nostro corpo ha di adattarsi alle minacce provenienti dall’esterno. Questo comporta due reazioni simultanee: una nervosa e una ormonale. Da un lato, si assiste all’aumento di produzione di adrenalina, dall’altro a quella di cortisolo. Entrambi i fattori, ciascuno a suo modo, a lungo andare intervengono nell’alterazione del sistema immunitario e possono dare origine a malattie della pelle, bocca secca e vuoti di memoria, o, nei casi più gravi, anche problemi cardiaci”, si legge sul sito dell’Istituto auxologico italiano. Come se ne esce? La risposta arriva dagli specialisti.
Dieta digitale
Le notizie sono come il cibo. Nutrimento indispensabile per vivere, può diventare un nemico quando consumato in eccesso. Preoccupa anche il polo opposto, cioè il “rifiuto delle notizie”. Gli ultimi a indagare il fenomeno sono i ricercatori di un team multidisciplinare dell’Università di Jyvaskyla in Finlandia, insieme all’Università ebraica di Gerusalemme in Israele e alla Northwestern University negli Stati Uniti e hanno rilevato come l’elusione informativa sia sempre più diffusa, specialmente tra i giovani adulti di età compresa tra 18 e 34 anni. Ritrovare il proprio equilibrio tra la cosiddetta “infoxication” (intossicazione da notizie negative) e un sano bisogno di scoprire e comprendere la realtà quotidiana, è possibile. Ecco i consigli degli esperti.
Limitare il tempo passato online
Secondo Adam Gazzaley, neuroscienziato e coautore del libro “The Distracted Mind: Ancient Brains in a High-Tech World”, è bene ritagliare tra le attività quotidiane determinati momenti per leggere le notizie, prestando attenzione a mantenerli isolati e ben definiti. All’inizio, impostare un timer di dieci minuti può essere utile per ricordarci di smettere di scrollare. Un po’ alla volta, l’autocontrollo diventerà un’abitudine. “Ne consegue che va anche evitato di controllare le notizie prima di dormire”, aggiunge su Il Sole24Ore Angelo Picardi, psichiatra e psicoterapeuta, ricercatore presso il Centro di riferimento per le scienze comportamentali e la salute mentale dell’Istituto superiore di sanità. “Farsi un giro sui media è inutile e rischia solo di provocare una brutta nottata e toglierci un riposo che è fondamentale per sostenere lo stress di questo periodo”.
Proteggersi dalle fake news
Sui social media e nelle app di messaggistica è facile incappare in video e notizie di dubbia provenienza. Spesso si tratta di contenuti “urlati” o costruiti apposta per accaparrarsi il nostro clic puntando su reazioni emotive quasi mai edificanti. Meglio fare a monte una cernita delle fonti affidabili: risparmieremo tempo e preoccupazioni poi. In questo senso, anche cambiare mezzo di informazione gioca a nostro favore: online vige la regola della velocità, talvolta a scapito dell’attendibilità. Sfogliando giornali e magazine non è raro trovare resoconti più strutturati, maturi e meno ansiogeni.
Mantenere un contatto con le persone
Cosa faresti se non scrollassi? Domanda lecita, visto che in media un italiano dedica quasi due ore al giorno a quest’attività, salvo poi lamentare di non avere mai tempo per sé. Leggere, fare sport, praticare yoga ma soprattutto restare in contatto con gli altri sono alternative salvifiche. Come sottolinea il dottor Vivek Murthy nel suo libro “Together: The Healing Power of Human Connection in a Sometimes Lonely World” bastano quindici minuti al giorno da dedicare alle persone che riteniamo più importanti nella nostra vita per farci sentire meno soli e tenerci lontani dal “doomscrolling”.
Mentre il mondo come lo conoscevamo sembra cadere, spostarsi un po’ più in là non è la soluzione. La lista di profili “allegri” popolati di meme e gattini pubblicata sul Guardian come antidoto alla tristezza fa alzare il sopracciglio. Convince, invece, quanto dice il duo di filosofi romani Tlon: “È fondamentale imparare il decluttering digitale, ossia l’arte di fare ordine e sbarazzarsi di tutto ciò che è superfluo nella tua vita online, per una sana ecologia della mente. Come se fossi un giardiniere digitale, devi disfarti di tutte le erbacce virtuali che impediscono la fioritura, personale e collettiva”. Nel panottico digitale in cui a volte ci sentiamo prigionieri, la chiave per uscire dalla cella è nelle nostre tasche. Finalmente una buona notizia.
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