Un po’ di chiarezza sulla questione dei dossier su Trump e sulla Russia

Cosa dice il dossier su Trump e sulla Russia fatto trapelare in concomitanza con l’ultimo discorso di Obama da presidente. Lo scandalo, però, è tutt’altro che confermato.

A Washington è guerra senza quartiere tra il presidente eletto Donald Trump e il mondo dei servizi segreti. Ultimo colpo della saga di scontri sull’intervento russo nelle elezioni americane, minimizzato da Trump e invece fonte di preoccupazione per la Cia (Central intelligence agency), sarebbe la pubblicazione di un memorandum consegnato al presidente uscente Barack Obama e a Trump stesso. L’accusa delle barbe finte americane è pesante: la Russia sarebbe intervenuta per delegittimare la candidata democratica Hillary Clinton e avrebbe materiale per ricattare Trump, ragione che spiegherebbe la vicinanza con il presidente russo Vladimir Putin espressa dal presidente eletto.

Tutto il materiale è contenuto all’interno del dossier presentato al presidente e pubblicato da Buzzfeed (ma sulla cui autenticità si sta verificando). Nelle pagine si legge che “Trump avrebbe partecipato a festini sexy in un hotel a San Pietroburgo” (pag 27) di cui un businessman azero, Araz Aglarov, sarebbe a conoscenza nei dettagli. Quasi un ‘bunga bunga’ in salsa ‘stelle e strisce’. Non solo: esponenti del team elettorale repubblicano si sarebbero recati più volte a Mosca per cercare di tenere sotto controllo o nascondere i dettagli delle relazione tra Trump, il Cremlino e l’oligarchia russa, in particolare in relazione ad una serie di affari particolarmente favorevoli per il magnate newyorkese, che, sempre secondo il report, sarebbero stati orchestrati per avvicinarlo all’orbita di Mosca.

Da dove arriva questa notizia del dossier su Trump

È guerra sull’autenticità delle fonti. “Una notizia completamente falsa. Questa è una caccia alle streghe politica”, ha tuonato Trump attraverso il suo account Twitter.

“La Russia non ha nessuna leva su di me. NON HO NULLA A CHE FARE CON LA RUSSIA – NIENTE ACCORDI, PRESTITI, NULLA!” ha strillato (il maiuscolo sui social network equivale a urlare) in un altro tweet, sottolineando la sua rabbia contro chi ha divulgato il documento alla stampa. Anche il Cremlino nega qualsiasi dossieraggio e ribadisce che la notizia è parte di una caccia alle streghe contro la Russia. “Questo è un chiaro tentativo di danneggiare le nostre relazioni bilaterali”, ha dichiarato il portavoce di Putin, Dmitry Peskov.

Nel documento non sono menzionate le fonti di intelligence – per ovvie ragioni, ma secondo i media americani (che anche in questo caso citano fonti anonime del mondo dell’intelligence) dietro la scoperta di queste informazioni – ci sarebbe un agente dei servizi britannici, il MI6. Per il New York Times la notizia è infondata (ma la pubblica lo stesso).

“La decisione dei vertici dei servizi – scrive il quotidiano americano – di consegnare al presidente, al presidente eletto e alla cosiddetta ‘gang of eight’ – i leader repubblicani e democratici del congresso americano e dei comitati d’intelligence – materiale non verificato e diffamatorio è stata una rottura del protocollo grave”.

La guerra tra Langley e Washington

Le dichiarazioni a Cnn lasciate dal direttore uscente della Cia John Brennan riguardo l’ostilità nei confronti delle agenzie di intelligence (17 in totale, incluse Fbi, Cia, Nsa) da parte di “The Donald” danno la chiara misura dello strappo in corso. “Ignorare l’intelligence metterebbe il paese a rischio”, ha tuonato Brennan, uomo molto vicino a Obama. Dietro queste parole ci sarebbe il timore per un ingente cambio della guardia ai vertici delle agenzie più importanti, dando accesso a outsider alla stanza dei bottoni, che sta suscitando fortissime resistenze.

Da tenere da conto poi le crescenti tensioni tra Pentagono e Cia (che è un agenzia civile, slegata dai militari). Il nuovo consigliere per la sicurezza di Trump, il generale Michael Flynn, sarebbe a favore di un ridimensionamento dell’agenzia di intelligence, meno uomini e un maggiore ruolo militare, in particolari sui fronti caldi (Siria, Iraq, Afghanistan), e una riduzione dei poteri della Odni, ovvero la poco nota direzione dell’intelligence nazionale che coordina gli sforzi degli agenti segreti e di fatto detta la spesa dei servizi. Fatto che piace poco a Cia e Nsa che contano una forza di oltre 20mila agenti e ben – secondo il Washington Post – 800mila addetti ai lavori, tra consulenti e private-contractors, il cui budget rimane sconosciuto, poiché protetto dal segreto istituzionale. Se la notizia del dossieraggio venisse confermata in via ufficiale sarebbe una bomba per Trump. Un altro colpo in una guerra intestina a cui Washington è abituata fin dai tempi del potentissimo direttore dell’Fbi, John Edgar Hoover e di cui per anni sapremo poco.

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