Un tempo le acque della Drina, in Bosnia-Erzegovina, erano cristalline. Ora nel fiume navigano gigantesche isole di rifiuti che minacciano l’intero ecosistema.
Siamo nella penisola balcanica, nel sudest dell’Europa. Quello che una volta era il paradiso per gli amanti del rafting e delle passeggiate, con acque color smeraldo e scenari mozzafiato lungo le sue sponde, ora si è trasformato in una discarica. La Drina, fra i cinque maggiori fiumi della Bosnia ed Erzegovina, è piena di rifiuti: sacchetti e bottiglie di plastica, barili arrugginiti, assi di legno, persino computer e vecchie lavatrici. Vere e proprie isole galleggianti di immondizia.
Un incidente a gennaio ha peggiorato una situazione già compromessa
Difficilmente l’anno poteva cominciare peggio. Una barriera costruita per proteggere il corso d’acqua dai rifiuti che le discariche illegali vi depositano si è rotta, così circa 4mila metri cubi di spazzatura l’hanno invaso arrivando fino alla diga della centrale idroelettrica nei pressi della città di Višegrad, e mettendone a rischio le operazioni. Sebbene si tratti di una situazione d’emergenza, le cose non vanno tanto meglio solitamente. Nonostante le barriere contribuiscano a impedire la dispersione dei detriti, ogni anno se ne raccoglie una quantità pari a 6-8mila metri cubi. Lo stesso problema riguarda gli affluenti della Drina, alcuni dei quali in Serbia e Montenegro, e il lago Potpecko.
“Ci hanno lasciati soli”
“È da decenni che la nostra società deve affrontare questa crisi. Considerati l’ultima ruota del carro, siamo lasciati soli”, rivela Nedeljko Perisic, direttore della centrale idroelettrica. “Le nostre previsioni non sono ottimistiche. Nella parte superiore della Drina, così come nei suoi affluenti, la situazione è molto grave. In base alle nostre stime, si parla di decine di migliaia di metri cubi di spazzatura, che da sola non sappiamo davvero come poter gestire. Ci serve l’aiuto delle istituzioni e dei paesi dai quali questi rifiuti provengono”, conclude Perisic, aggiungendo che la rottura è stata riparata dagli operai che lavorano alla diga.
Ci troviamo di fronte a un’emergenza ambientale che ha forti ripercussioni sulla biodiversità locale, ricca di uccelli acquatici e pesci come il salmone del Danubio (Hucho hucho), specie in pericolo di estinzione. A pagare le spese della pessima gestione dei rifiuti e della scarsa tutela del territorio sono anche le popolazioni autoctone. Quando l’immondizia viene raccolta, viene portata in una discarica dove spesso scoppiano incendi che immettono fumi tossici nell’aria, mentre gli scarichi nocivi finiscono per riversarsi nuovamente nel fiume. A denunciarlo è Dejan Furtula, attivista del gruppo Eko centar: “Siamo tutti in pericolo qui, l’intero ecosistema”.
Bosnia, Serbia e Montenegro ancora lontani dagli standard europei
Nonostante vogliano entrare nell’Unione europea, i governi di Bosnia, Serbia e Montenegro non avrebbero agito in maniera efficace per risolvere la crisi, stando al sito d’informazione Euronews. Tra il 1991 e il 2001 le guerre iugoslave hanno messo in ginocchio la penisola balcanica, che tuttora “si trova in condizioni di arretratezza rispetto al resto d’Europa, sia dal punto di vista economico che ambientale”.
Nel 2019, la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo ha concesso un finanziamento di cinque milioni di euro alla Bosnia per la costruzione di un centro di riciclaggio e di una nuova discarica a ridotto impatto ambientale; anche l’Unione europea ha stanziato fondi per la realizzazione del progetto, che si inserisce in una più ampia strategia nazionale per il raggiungimento degli standard previsti dall’Ue nell’ambito della gestione dei rifiuti.
Un pomeriggio di confronto sui temi della biodiversità in occasione della presentazione del primo Bilancio di sostenibilità territoriale della Sardegna.