Glossario del clima

La definizione di ecocidio, un crimine contro la pace che va fermato

È passato un anno dalla morte della visionaria Polly Higgins, avvocato scozzese che ha combattuto per una legge sull’ecocidio e per la tutela della Terra. Il suo lavoro è stato all’avanguardia a livello internazionale, eppure, ad oggi, ancora non c’è una legge efficace che impedisca ad individui, società o stati di danneggiare la Terra e

È passato un anno dalla morte della visionaria Polly Higgins, avvocato scozzese che ha combattuto per una legge sull’ecocidio e per la tutela della Terra. Il suo lavoro è stato all’avanguardia a livello internazionale, eppure, ad oggi, ancora non c’è una legge efficace che impedisca ad individui, società o stati di danneggiare la Terra e i suoi ecosistemi per il profitto o il potere. La loro impunità rivela una grande lacuna nel diritto internazionale.

Cos’è l’ecocidio? 

L’ecocidio è un crimine contro la Terra e, di conseguenza, contro gli esseri umani. La definizione di ecocidio è la decimazione degli ecosistemi, dell’umanità e della vita. Il termine copre i danni diretti causati alla terra, al mare, alla flora e alla fauna all’interno degli ecosistemi colpiti nonché l’impatto che ne deriva sul clima. L’ecocidio ha impatti negativi su più livelli. Il danno non è solo ambientale, può essere culturale, psicologico ed emotivo ed interessare le comunità stesse, specialmente quando lo stile di vita di una comunità è profondamente connesso all’ecosistema colpito.

Leggi anche: La distruzione dell’ambiente è un crimine contro l’umanità

In tutto il mondo le comunità in prima linea stanno lottando per difendere la loro terra, l’aria, l’acqua, le foreste e i loro mezzi di sussistenza dalle attività estrattive come il fracking e le miniere, e dalla deforestazione, con pesanti impatti ambientali e sociali. E poi il land grabbing, l’accaparramento di terre che sta distruggendo intere regioni. Spesso tutto questo avviene lontano dagli occhi del mondo.

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Una vista aerea della foresta pluviale disboscata a Merang, il 10 dicembre 2010 nel Distretto Musi Banyuasin, Palembang, Sud Sumatra, Indonesia.
©Ulet Ifansasti/Immagini di Getty

Il termine “ecocidio” esiste fin dagli anni Settanta, quando comparve per la prima volta nella Conferenza sulla guerra e la responsabilità nazionale a Washington.  Dagli anni Settanta in poi molti accademici e studiosi di diritto hanno sostenuto la criminalizzazione dell’ecocidio. La spinta a fare dell’ecocidio una dimensione legale di criminalità internazionale è il primo passo per stabilire un dovere, non solo morale ed etico, ma legale nei confronti di tutte le forme di vita sulla terra.

Il giornalista George Monbiot ha scritto sul Guardian in merito all’ecocidio come crimine internazionale: “Credo che questo possa cambiare tutto. Farebbe la differenza tra un pianeta abitabile e uno non abitabile”.

Perché abbiamo bisogno di una legge sull’ecocidio?

Ad oggi, non c’è una legge di protezione della Terra che sia giuridicamente vincolante a livello internazionale. Questo significa che gli individui, i gruppi e le aziende, per la sola ricerca del profitto, possono distruggere ecosistemi e comunità senza timore di essere perseguiti. I singoli paesi hanno leggi e regolamenti ambientali, locali e nazionali, ma questi vengono regolarmente violati.

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Balene spiaggiate nella città di Oura, sud-ovest del Giappone, 2002.
©Koichi Kamoshida/Getty Images

Inoltre, molto spesso, le sanzioni per i reati ambientali, che si limitano il più delle volte a compensazioni di tipo monetario, vengono dirette alle aziende piuttosto che ai singoli individui con potere decisionale all’interno di quelle aziende. Quello che manca, infatti, è la possibilità di addebitare una responsabilità personale per l’ecocidio e i crimini ambientali nei confronti dei vertici aziendali e degli stati. Istituire l’ecocidio come crimine internazionale porrebbe fine all’immunità e all’impunità di industrie e aziende colpevoli.

Per questi motivi è necessario introdurre il reato di ecocidio internazionale, sostiene Ecocide Law, la ong fondata da Polly Higgins e Jojo Mehta. L’ecocidio è da affiancare, in ambito legale, agli altri crimini internazionali sotto la giurisdizione della Corte penale internazionale (Cpi).

Lo Statuto di Roma del 1998, che ha istituito la Corte penale internazionale, deve essere modificato per includere il crimine di ecocidio. La Cpi ha giurisdizione su quattro categorie di crimini, collettivamente noti come crimini contro la pace, che costituiscono “i più gravi crimini che preoccupano la comunità internazionale nel suo complesso”.

Attualmente, i quattro crimini internazionali sono il genocidio, i crimini contro l’umanità, i crimini di guerra e i crimini di aggressione – questi ultimi aggiunti allo Statuto solo nel 2017, e coprono strettamente le invasioni militari e le occupazioni in violazione della Carta delle Nazioni Unite.

Gli sforzi per riconoscere l’ecocidio come crimine internazionale aspirano a stabilire un nuovo crimine contro la pace. Introdurre l’ecocidio in una “categoria a sé stante” significa quindi riconoscere la decimazione degli ecosistemi, la distruzione delle comunità e delle popolazioni civili e la minaccia del cambiamento climatico per la vita sulla terra. L’ecocidio, infatti, può essere anche un crimine climatico poiché un’attività industriale, per esempio, può provocare un ecocidio climatico.

Il precedente

Le prime bozze dello Statuto di Roma includevano originariamente una legge sull’ecocidio. Dopo il 1996, però, la legge fu rimossa  per volere di tre Stati: Regno Unito, Francia e Paesi Bassi.

Nel 2016 la Cpi ha annunciato che avrebbe dato priorità anche ai crimini che portano alla “distruzione dell’ambiente”, allo “sfruttamento delle risorse naturali” e all'”espropriazione illegale” della terra. Secondo la dichiarazione, particolare attenzione sarebbe stata data ai casi di land-grabbing, come quello della Cambogia, nel quale il governo fu accusato di aver forzato 350mila persone ad abbandonare le proprie abitazioni e vivere in povertà. L’intenzione era quella di valutare questi reati come i crimini contro l’umanità. Ma la Cpi non ha mai formalmente esteso la giurisdizione a includere l’ecocidio come crimine internazionale.

 

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Un alluvione allaga e danneggia la strada al confine tra il Missouri e l’Illinois, il 30 maggio 2019.
©Scott Olson/Getty Images

Il lavoro di Polly Higgins

Polly Higgins, esperta di crimini ecocidi, è co-fondatrice di Ecological Defence Integrity (Edi) che ha la missione di sostenere l’affermazione dell’ecocidio come crimine internazionale, al fine di proibire e prevenire ulteriori devastazioni della vita sulla Terra. Edi è l’unica ong al mondo con questo obiettivo ed amministra Stop Ecocide una piattaforma di finanziamento globale senza precedenti, creata per finanziare la legge sull’ecocidio. Sulla base della sua esperienza giuridica e professionale in tribunale, nel 2010 Higgins ha presentato alle Nazioni Unite la sua proposta per far diventare l’ecocidio un crimine internazionale.

Un anno fa, lo scorso aprile, Higgins è morta all’età di 50 anni a causa di un cancro.

“Se questo è il mio momento di andare”, ha detto Higgins a Monbiot sul Guardian, “il mio team legale continuerà imperterrito.” La sua eredità è nell’impegno per ottenere la criminalizzazione dell’ecocidio.

Il caso della deforestazione: ecocidio e spillover

Nel 2019, la deforestazione in Amazzonia brasiliana ha raggiunto il livello più alto degli ultimi dieci anni (9.762 chilometri quadrati), riporta l’organizzazione d’informazione ambientale Mongabay. È importante notare che nelle riserve indigene protette è aumentata ancora più velocemente, espandendosi sotto Bolsonaro del 74 per cento nel 2019 rispetto al 2018. La foresta amazzonica viene abbattuta al ritmo di un campo da calcio al secondo. Senza contare i danni alle popolazioni indigene e alla flora e fauna che abitano quei territori.

Le attività estrattive e di deforestazione che piagano l’Amazzonia sono ecocidio. La deforestazione e gli altri crimini ambientali non possono continuare a rimanere impuniti. Una legge che rende l’ecocidio un crimine internazionale sarà un forte deterrente e potrebbe essere un catalizzatore per trovare nuovi modi sostenibili di operare.

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Un incendio brucia gli alberi nella foresta amazzonica il 22 novembre 2014 a Ze Doca, in Brasile. Gli incendi sono spesso appiccati dai proprietari dei ranch per abbattere foreste e fare spazio al pascolo.
©Mario Tama/Immagini di Getty

Inoltre, la deforestazione è una delle cause maggiori dello spillover – il salto di un virus dagli animali all’uomo. Secondo Mongabay, lo scoppio di Covid-19 è probabilmente legato al commercio di animali selvatici e alla distruzione della biodiversità da parte dell’umanità, e i ricercatori affermano che il crescente slancio della deforestazione amazzonica sta creando le condizioni per lo scoppio di future pandemie.

Ci sono sempre più prove, infatti, che i cambiamenti di uso del suolo – land-use change – sono una delle principali cause delle malattie infettive emergenti. L’analisi di un rapporto di Eco health alliance, infatti, dimostra che oltre il 30 per cento delle malattie infettive emergenti sono causalmente legate al cambiamento d’uso del suolo. La trasformazione di foreste o aree umide per uso artificiale, come l’edilizia, l’industria e le infrastrutture, determina la perdita permanente o irreversibile di suolo fertile. Inoltre, secondo l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), i cambiamento di uso del suolo causano ulteriori impatti negativi quali frammentazione del territorio, riduzione della biodiversità, alterazioni del ciclo idrogeologico e modificazioni microclimatiche.

Le miniere di nichel nella Svezia artica stanno avvelenando gli antichi pascoli della comunità Sami e minacciano i loro mezzi di sussistenza. Nella Papua occidentale, Mongabay riporta che un consorzio internazionale vuole abbattere una foresta pluviale incontaminata, con fauna e flora che non si trovano in nessun’altra parte del mondo, per piantare palme da olio, senza il consenso delle popolazioni indigene.

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Un orango di Sumatra in attesa di essere liberato allo stato brado in un centro di riabilitazione di Sumatra il 14 novembre 2016, in Indonesia. Gli oranghi in Indonesia sono sull’orlo dell’estinzione a causa della deforestazione e del bracconaggio.
©Ulet Ifansasti/Getty Images

L’incapacità di fermare le attività industriali più dannose e la combustione dei carburanti fossili è la causa principale del cambiamento climatico. Un’importante rapporto pubblicato nel 2017 da CDP Global, precedentemente noto come Carbon Disclosure Project, che opera per monitorare i dati ambientali globali in collaborazione con il Climate accountability institute, mostra che solo 100 aziende sono responsabili di oltre il 70 per cento delle emissioni industriali di gas serra dal 1988.

L’Atlante di giustizia ambientale

L’Atlante di giustizia ambientale raccoglie le storie di comunità che lottano per la giustizia ambientale in tutto il mondo. Il suo obiettivo è quello di rendere queste mobilitazioni più visibili, di evidenziare le rivendicazioni e le testimonianze e di far emergere le responsabilità delle aziende e degli stati per i loro reati ambientali. L’Atlante vuole anche essere uno spazio virtuale per coloro che lavorano sulle questioni di giustizia ambientale per ottenere informazioni, trovare altri gruppi che lavorano su questioni correlate e aumentare la visibilità dei conflitti ambientali.

L’Atlante mappa i conflitti socio-ambientali in 10 categorie principali: nucleare, minerali ed estrazioni edilizie, gestione dei rifiuti, biomasse e conflitti terrestri, combustibili fossili e giustizia climatica/energetica, gestione delle acque, infrastrutture, turismo ricreativo, conflitti per la conservazione della biodiversità, conflitti industriali e dei servizi pubblici.

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Il fumo esce da una grande acciaieria cinese, 2016.
©Kevin Frayer/Getty Images

Il database contiene informazioni sugli investitori, sui dettagli dei progetti, sulle fonti di conflitto e sugli impatti, riferimenti alla legislazione, ricerche accademiche, video e immagini.

Recentemente, anche molti attivisti hanno fatto pressione affinché l’ecocidio venga riconosciuto come un crimine internazionale, al pari dei crimini di guerra e del genocidio, e perseguibile dalla Corte penale internazionale. Secondo Monbiot, la criminalizzazione dell’ecocidio nell’ambito legale internazionale potrebbe diventare per la vita sulla Terra quello che la criminalizzazione del genocidio è diventato per le minoranze vulnerabili: fornire protezione laddove prima non esisteva.

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