La crisi climatica, di cui è figlia quella pandemica che sta sconvolgendo il mondo da mesi, è prima di tutto una crisi etica: senza una diversa antropologia non può esserci una ecologia integrale. Il nostro pianeta, perciò, non sta affrontando più crisi nello stesso momento, ma sta vivendo un’unica e complessa crisi socio-ambientale che richiede una tempestiva risposta globale: nell’epoca che stiamo attraversando – ribattezzata Antropocene proprio per la marcata impronta dell’uomo sulla vitalità e riproducibilità dei cicli naturali – tutto è connesso e tutto è in relazione. Pertanto, non si possono continuare a sprecare in modo infinito le risorse finite della Terra.
“La conversione ecologica che si richiede per creare un dinamismo di cambiamento duraturo è anche una conversione comunitaria”, LS, 219
Il nuovo documento a cinque anni dalla Laudato si’
A cinque anni dalla pubblicazione dell’enciclica Laudato si’ di papa Francesco, il tavolo inter-dicasteriale della Santa Sede sull’ecologia integrale ha presentato in conferenza stampa il documento In cammino per la cura della casa comune. Il testo ha l’obiettivo di rilanciare ancora una volta la centralità e la modernità della visione dell’ecologia integrale ed è organizzato in tre capitoli: nei primi due, di dodici brevi paragrafi ciascuno, sono enucleati i temi dell’enciclica, ma aggiornati alla nostra contemporaneità e ampliati da un’appendice in cui sono suggerite sia “buone prassi” sia “piste di azione”; nell’ultimo, invece, sono indicate le traiettorie seguite dallo stato della Città del Vaticano per conseguire gli obiettivi di sviluppo sostenibile.
Nella prima sezione “Educazione e conversione ecologica”, oltre a enfatizzare l’urgenza di una radicale e strutturale conversione ecologica da perseguire mediante un’essenziale rivisitazione etica dei nostri stili di vita, si sottolinea il ruolo strategico delle due principali agenzie educative della società odierna: la famiglia e la scuola. Entrambe, infatti, elevando gli istituti dell’ascolto proattivo e del racconto creativo a strumenti per plasmare nelle nuove generazioni una diversa “cittadinanza ecologica” costruita sui codici della sostenibilitàe della sussidiarietà, devono concorrere, inoltre, a far conoscere e osservare il “comandamento della cura”, in risposta al “peccato dello scarto”.
“L’educazione ambientale è andata allargando i suoi obiettivi. Se all’inizio era prevalentemente centrata sull’informazione scientifica e sulla presa di coscienza e prevenzione dei rischi ambientali, ora tende a includere una critica dei ‘miti’ della modernità basati sulla ragione strumentale e anche a recuperare i diversi livelli dell’equilibrio ecologico”, LS, 210
Nello specifico, i luoghi dell’educazione, della formazione e della specializzazione citati nel documento – dalle scuole primarie e secondarie fino all’università – devono acquisire una nuova centralità sociale e culturale perché non siano solo luoghi di trasmissione del sapere, ma diventino poli di promozione dello “sviluppo umano integrale” per far sì che gli studenti di oggi si cimentino in “professioni che facilitino cambiamenti ambientali positivi”. La prima parte dello studio si chiude con un focus sul valore pedagogico e democratico dell’informazione e, più in generale, della comunicazione. I giornalisti e gli operatori dell’informazione, infatti, dovrebbero essere più responsabili e mettere in atto “l’ecologia della parola” sia per contrastare “la pandemia delle fake news” che alterano la percezione del reale, sia per far conoscere la relazione intima, da tutelare e valorizzare, tra essere umano e natura.
Spreco alimentare e accesso all’acqua
Con il perentorio monito di papa Francesco sullo spreco alimentare – da intendersi come atto di ingiustizia (“Il cibo che si butta via è come se lo si rubasse ai poveri”, LS 50) – si apre “Ecologia integrale e sviluppo umano integrale”, la seconda parte del documento In cammino per la cura della casa comune – A cinque anni dalla Laudato si’. Il tema dell’alimentazione è particolarmente caro a Francesco perché, volgendo lo sguardo soprattutto ai paesi in via di sviluppo, rimanda al dramma del land grabbing, ossia il fenomeno dell’accaparramento delle terre che distrugge la biodiversità per aumentare i profitti dell’agribusiness, esasperando le condizioni di povertà e fragilità degli ultimi e degli invisibili.
“L’accesso all’acqua potabile e sicura è un diritto umano essenziale, fondamentale e universale, perché determina la sopravvivenza delle persone e per questo è condizione per l’esercizio degli altri diritti umani”, LS, 30
La relazione tra giustizia sociale e ambientale, tuttavia, è minacciata anche dal fenomeno del water grabbing: il diritto umano essenziale dell’accesso all’acqua, infatti, è a rischio sia per i tentativi di privatizzare una simile risorsa naturale sia per l’inquinamento delle falde acquifere e delle sorgenti con le plastiche usa e getta.
Nella consapevolezza e nell’urgenza, pertanto, che occorra “ascoltare tanto il grido della terra quanto il grido dei poveri” evitando che i territori di questi ultimi siano ancora sfruttati come “discariche per i rifiuti tossici”, si chiede con forza che venga ammainata finalmente la bandiera di un modello globalizzato e turbo-capitalista di produzione di beni e servizi alimentato dai combustibili fossili per issare il vessillo dell’ecologia integrale sospinto dalle energie rinnovabili e dall’uso razionale delle risorse naturali.
Per sostenere una simile “conversione ecologica” socialmente desiderabile ed economicamente possibile si suggerisce, quindi, la riforma delle sovvenzioni ai combustibili fossili e soprattutto la tassazione delle emissioni di CO2, la carbon-tax); nonché si esortano tutti gli stakeholder locali, nazionali e internazionali, a promuovere e ad attuare, diffusamente, i principi dell’economia circolare. Una simile innovazione, trasformando il rifiuto in risorsa, permetterebbe di riciclare le materie prime seconde con indubbi vantaggi sociali e culturali, economici ed ecologici.
“Oggi riscontriamo la smisurata e disordinata crescita di molte città che sono diventate invivibili dal punto di vista della salute, non solo per l’inquinamento originato dalle emissioni tossiche, ma anche per il caos urbano, i problemi di trasporto e l’inquinamento visivo e acustico. Molte città sono grandi strutture inefficienti che consumano in eccesso acqua ed energia. Ci sono quartieri che, sebbene siano stati costruiti di recente, sono congestionati e disordinati, senza spazi verdi sufficienti”, LS, 44
Anche la città è un punto centrale
Una ulteriore riflessione è rivolta alle città. Le aree urbane, pur occupando appena il 3 per cento della superficie terrestre e producendo almeno il 70 per cento della CO2, potrebbero ospitare entro il 2050 quasi dieci miliardi di persone con la contestuale crescita di disuguaglianze sociali, ambientali, intergenerazionali. E con il potenziale aumento del rischio climatico, ove non fossero assunti dispositivi di prevenzione e mitigazione, nonché di rigenerazione territoriale tali da rendere resilienti i metabolismi urbani che si attivano nelle singole comunità. Tra le buone prassi da osservare e le azioni da intraprendere sono suggerite le soluzioni basate sulla natura per ridurre fenomeni gravi come le isole di calore, quanto la trasformazione del trasporto pubblico locale che dovrà prevedere servizi integrati per la mobilità sostenibile.
“Il clima è un bene comune, di tutti e per tutti […] I cambiamenti climatici sono un problema globale con gravi implicazioni ambientali, sociali, economiche, distributive e politiche, e costituiscono una delle principali sfide attuali per l’umanità”, LS 23, 25
La crisi climatica è declinata – come per le altre “questioni socio-ambientali” – avendo sempre al centro la dignità dell’uomo e la necessità che siano preservate e valorizzate le condizioni per una prosperità inclusiva e generativa, nella saldatura tra ecologia integrale ed economia civile. Per questo, anche per evitare che le conseguenze dei cambiamenti climatici siano pagate paradossalmente dai più poveri – ossia “i meno responsabili del riscaldamento globale” – il documento, quasi recependo le prescrizioni e le ambizioni del green deal europeo, auspica che anche i fondi di investimento e la finanza, per il benessere della nostra “casa comune”, si lascino permeare dalla “conversione ecologica” per una radicale e strutturale trasformazione della nostra società, nella responsabilità di consegnarla migliore alle prossime generazioni.
“L’economia assume ogni sviluppo tecnologico in funzione del profitto, senza prestare attenzione a eventuali conseguenze negative per l’essere umano. La finanza soffoca l’economia reale. Non si è imparata la lezione della crisi finanziaria mondiale e con molta lentezza si impara quella del deterioramento ambientale”, LS, 109
Il terzo ed ultimo capitolo del volume è dedicato all’impegno dello stato della Città del Vaticano nel perseguire gli Obiettivi di sviluppo sostenibile e i suggerimenti presenti nella Laudato si’. Quattro gli ambiti individuati su cui si è avviato negli ultimi anni un percorso innovativo e trasformativo: la tutela dell’ambiente; la tutela delle risorse idriche; la cura delle aree verdi; il consumo delle risorse energetiche.
“Il modo migliore per predire il futuro – ha detto l’informatico americano Alan Kay – è inventarlo”. In un tempo nel quale il diritto al futuro è quotidianamente aggredito da coloro che iniettano nel corpo sano della società il virus letale della paura, l’enciclica papale Laudato si’ e questo nuovo documento a cinque anni di distanza rappresentano il vaccino ideale per la nostra società contemporanea. Per ritrovare nella natura e nella cultura i palinsesti ideali e reali del cambiamento da costruire, innervandolo dal basso del pragmatismo delle generazioni più giovani e delle comunità locali. Per raggiungere un livello di vita più alto e un benessere duraturo.
Il 29 ottobre 2018, le raffiche di vento della tempesta Vaia hanno raso al suolo 40 milioni di alberi in Triveneto. Una distruzione a cui si sono aggiunti gli effetti del bostrico, che però hanno trovato una comunità resiliente.