La riconversione ecologica del paese è possibile con una profonda trasformazione di tutto il settore industriale. Costa: “Dobbiamo cambiare radicalmente il sistema produttivo ed emissivo del sistema Italia”.
È arrivato il momento di ripartire. Senza tentennamenti verso una transizione ecologica di tutto il paese, utilizzando le risorse messe a disposizione dal pacchetto Next generation Eu. Con misure mirate, che coinvolgano i settori energetici, dell’economia circolare, della mobilità urbana e del sistema agroalimentare. È questo l’appello principale uscito dagli Stati generali della green economy 2020, lanciato in occasione della prima giornata di Ecomondo digital edition. Un momento decisivo, non solo per l’economia ma anche per dare una risposta alla crisi climatica da parte di tutto il settore industriale.
Un pacchetto di proposte, approvate dal Consiglio nazionale della green economy, che puntano a dare un impulso sia dal punto legislativo che dal punto di vista finanziario e che spaziano dalle innovazioni tecnologiche per la produzione di idrogeno verde all’adozione di criteri stringenti per indirizzare gli investimenti; dagli incentivi per tecnologie di riciclo dei rifiuti plastici e del settore edile all’aumento fino al 30 per cento del territorio e del mare tutelato.
“Siamo in un momento storico unico, dato anche dal fatto che l’Europa ha da poco deciso di alzare il target per la riduzione delle emissioni climalteranti. E questo cambia di molto le cose”, ha detto Gianni Silvestrini, direttore scientifico di Key Energy durante il discorso inaugurale della fiera virtuale. “Si tratta di una straordinaria opportunità perché abbiamo alcuni segmenti industriali che dobbiamo assolutamente rinforzare. Dobbiamo sì capire come accelerare l’installazione delle rinnovabili, ma anche come fare un salto notevole dal punto di vista delle politiche industriali”.
Ecomondo 2020. Lo stato della green economy in Italia
Indubbiamente la crisi sanitaria ed economica non ha fatto altro che esacerbare i problemi che già si erano registrati nel 2019, in particolare nel settore delle rinnovabili – con un netto calo della nuova potenza installata -, e in quello della gestione dei rifiuti e del riciclo. “Rischiamo di sprecare questa crisi. La pandemia ha avuto effetti negativi anche sulla green economy”, ha detto Edo Ronchi presidente della Fondazione sviluppo sostenibile in apertura del suo intervento. Un caso emblematico è il calo di quasi il 40 per cento della nuova potenza installata per eolico e fotovoltaico registrato rispetto al 2019. Ma ad aver sofferto è stato anche il trasporto pubblico – come dimostrano le enormi difficoltà di queste settimane -, la sharing mobility, come pure tutta la filiera agroalimentare di qualità, soprattutto per il calo dell’export.
“Il green deal è una straordinaria spinta per la green economy italiana”, ha detto Ronchi. “La stessa iniziativa Next generation Eu è fondata sul green deal: l’obiettivo della neutralità 2050 e il target di riduzione del 55 per cento delle emissioni sono dei driver fondamentali se accompagnati da una strategia della decarbonizzazione del settore industriale”.
Secondo gli esperti del Consiglio nazionale della green economy sarà necessario intervenire su tutti i settori strategici del paese, a partire da quello energetico, passando per il settore dei trasporti, quello legato all’economia circolare e alla tutela del territorio. Si chiede ad esempio di estendere l’ecobonus 110 per cento fino al 2024 (oggi è previsto fino al 31 dicembre 2021), applicare criteri climatici stringenti per indirizzare gli investimenti, a introdurre una graduale carbon tax per i settori non coperti dal meccanismo europeo dell’Ets (Emission trading scheme).
O di sostenere, attraverso il credito d’imposta, investimenti destinati ad implementare i settori attivi nell’economia circolare quali, ad esempio, la progettazione di prodotti che durino più a lungo e siano concepiti per essere riutilizzati, riparati o sottoposti a procedimenti di riciclo. Anche la mobilità va radicalmente ripensata, in maniera piuttosto urgente: l’obiettivo sarebbe far scendere al 2030 il tasso di motorizzazione privato italiano al di sotto di 500 auto per 1.000 abitanti, potenziando il trasporto pubblico, la sharing mobility, le piste ciclabili, oltre che estendere gli incentivi all’elettrificazione.
Necessario rivedere il Piano energia e clima
A conferma di una certa apertura verso i nuovi target europei di riduzione delle emissioni sono anche le dichiarazioni del ministro dell’Ambiente Sergio Costa: “Il piano energia e clima deve essere rivisitato, dobbiamo adeguarci a nuovo target europeo di riduzione del 55 per cento di emissioni nel 2030. Lo riscriveremo insieme alle imprese. Dobbiamo cambiare radicalmente il sistema produttivo ed emissivo del sistema Italia. Se vinciamo la sfida noi lo possono fare anche gli altri”.
A supporto di Costa anche Ronchi che ha confermato che “c’è la possibilità di una svolta climatica”, perché “non siamo più ostaggio dei frenatori più arretrati. Sono le stesse imprese ad essere impegnate sulle politiche climatiche. Abbiamo capito che chi parte prima non solo può ridurre i costi e i danni del cambiamenti climatici, ma può acquisire vantaggi di mercato”. E guardando anche alle relazioni internazionali e ai possibili risvolti futuri ha sottolineato come “non dobbiamo più essere ostaggio del governo cinese o americano, ma anzi possiamo costringerli a seguire politiche climatiche avanzate, perché economicamente più competitive”.
Il momento di grave crisi che stiamo vivendo è doppiamente propizio: possiamo cambiare il sistema economico e produttivo in chiave sostenibile grazie a tutte le eccellenze nazionali, sia nel settore industriale che in quello di ricerca e sviluppo. E di pari passo possiamo raggiungere la neutralità climatica insieme al resto d’Europa.
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