Popoli indigeni

Ecuador, vittoria dei nativi: il governo dovrà contenere la Covid-19 nel territorio dei Waorani

Dopo una battaglia legale contro il governo ecuadoriano, è stato finalmente riconosciuto il diritto dei Waorani alla salute.

L’Ecuador è diventato uno dei paesi più colpiti dal coronavirus in America Latina. L’emergenza sanitaria minaccia, soprattutto, i popoli indigeni e il governo dell’Ecuador sta facendo poco o nulla per proteggere le proprie comunità indigene. I nativi sono particolarmente vulnerabili al virus, sia per la mancanza dei servizi pubblici di base nei villaggi, sia perché l’attività estrattiva nella foresta prosegue imperterrita, a dispetto della pandemia, con i lavoratori che entrano ed escono dai territori indigeni senza controllo.

Tra le comunità più a rischio c’è quella dei Waorani, che conta circa cinquemila persone, che vivono in aree in cui sono presenti pozzi petroliferi attivi. Vista l’immobilità del governo, i leader Waorani hanno deciso di agire per vie legali per proteggere le loro comunità, compresi i popoli non contattati, dal rischio di etnocidio causato dall’arrivo della Covid-19 nel loro territorio.

La nazione Waorani, che conta circa cinquemila persone sparse su tre province amazzoniche, ha registrato almeno 188 casi confermati di Covid-19 e due persone sono già morte © USAID FAB Photo Contest 2010/Flickr

In difesa dei più deboli

Lo scorso 21 maggio i nativi hanno fatto causa al presidente ecuadoriano Lenín Moreno e al vicepresidente Otto Sonnenholzner, specificando che l’azione legale era volta, in primo luogo, a proteggere i pekinani, ovvero gli anziani, che nella comunità ricoprono un ruolo centrale in quanto custodi di saperi ancestrali, e i loro parenti incontattati che vivono in isolamento volontario all’interno del parco nazionale Yasuní.

La vittoria dei Waorani

La nazione indigena ha vinto la causa, il 17 giugno il giudice del tribunale di Pichincha si è infatti pronunciato a favore dei diritti dei Waorani alla salute, alla vita e all’autodeterminazione e, secondo quanto riportato dalla ong Amazon frontlines, “ha concesso misure cautelari parziali che impongono al governo ecuadoriano di intraprendere azioni urgenti per contenere il virus nel territorio dei Waorani”.

 

Più tutele per i nativi

Il ministero della Salute, in base alla sentenza del tribunale, dovrà effettuare test e tamponi, avvalendosi dell’assistenza di personale medico con esperienza interculturale, in undici comunità colpite dal virus in tre province (Pastaza, Napo, Orellana) nel territorio Waorani. Dovrà inoltre fornire medicinali e dispositivi di protezione individuale ai centri sanitari delle comunità locali e offrire informazioni adeguate per affrontare la pandemia.

Basta attività estrattive

Una delle principali richieste dei Waorani, ovvero una moratoria immediata su tutte le attività estrattive nel loro territorio, è rimasta invece inascoltata. Il giudice ha tuttavia chiesto al ministero dell’Ambiente di inviare, entro otto giorni, un rapporto che descriva dettagliatamente il monitoraggio delle attività di estrazione illegale, disboscamento e narcotraffico nel territorio dei Waorani.

Nonostante l’aumento del rischio di contagio, dall’inizio della pandemia le operazioni di estrazione petrolifera e di disboscamento nel territorio Waorani sono continuate © Fernando Sandoval/Asamblea Nacional/Flickr

La battaglia dei Waorani non è finita

Nonostante la mancata adozione della moratoria, i Waorani hanno accolto con favore la sentenza, seppur tardiva, poiché sottolinea l’obbligo di coordinare ciascuna delle azioni previste con le autorità indigene, ribadendo così l’importanza dell’autodeterminazione dei nativi.

“Abbiamo combattuto per migliaia di anni per difendere il nostro territorio e le nostre vite da molteplici minacce, come conquistatori, taglialegna e compagnie petrolifere – ha affermato il leader dei Waorani, Nemonte Nenquimo -. Ora, stiamo combattendo contro la minaccia della Covid-19 con la nostra antica saggezza, la nostra conoscenza delle piante medicinali e i nostri protocolli di salute. Ma lo stato sta mettendo a rischio la vita dei nostri pikenani e dei nostri parenti incontattati. La nostra richiesta di moratoria sulle operazioni petrolifere non è stata rispettata. Siamo felici di aver vinto questa battaglia legale, ma c’è ancora molto da fare per proteggere la nostra gente”.

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