A Pechino 2022, la politica e le rivalità fra stati hanno dominato il dibattito. Il trattamento di Eileen Gu, sciatrice cinese nata negli Stati Uniti, lo dimostra.
Le Olimpiadi invernali di Pechino 2022 hanno assunto connotati politici, mettendo in luce le tensioni fra la Cina e l’Occidente.
Anche gli atleti sono rimasti coinvolti. La sciatrice Eileen Gu, in particolare, si è trasformata nel simbolo della discordia fra Cina e Stati Uniti.
È davvero compito degli sportivi farsi portavoce delle questioni sociali e ambientali che interessano il proprio paese?
Le Olimpiadi sono spesso vissute come un momento in cui ci si concentra sullo sport, celebrando l’unione simbolica di tutti i paesi su un palcoscenico neutrale. Ma non è sempre stato così. Ci sono molti esempi di casi in cui i Giochi olimpici sono stati intensamente politicizzati, dalle Olimpiadi estive del 1936 a Berlino, tenutesi alla vigilia della Seconda guerra mondiale, ai boicottaggi durante la Guerra fredda dei Giochi di Mosca nel 1980 e di Los Angeles nel 1984, quando gruppi di nazioni, seguendo rispettivamente l’esempio degli Stati Uniti e dell’Unione Sovietica, si rifiutarono di mandare i propri atleti. Non mancano, insomma, dei precedenti in cui i Giochi sono diventati un’arena dove dare sfogo alle tensioni internazionali.
La politicizzazione dei Giochi olimpici invernali
Nei mesi precedenti ai Giochi di Pechino 2022, svariati paesi occidentali hanno annunciato dei boicottaggi diplomatici, sostanzialmente simbolici. I funzionari governativi di tali paesi non sono stati inviati ai Giochi a causa “del genocidio e dei crimini contro l’umanità in atto a Xinjiang e di altre violazioni dei diritti umani”. Inoltre, l’interpretazione mediatica di Pechino 2022 è stata prevalentemente negativa, concentrandosi sugli innegabili problemi ambientali, politici e sociali attualmente in corso nella Repubblica Popolare.
D’altra parte, invece, la Cina ha colto l’occasione per “mostrare i muscoli” e far notare la crescita del proprio potere e della propria influenza a livello globale: ha invitato il presidente russo Vladimir Putin come ospite d’onore alla cerimonia d’apertura tenutasi a Pechino e ha sfidato apertamente le critiche ricevute in merito al trattamento della minoranza etnica dei musulmani uiguri scegliendo un’atleta uigura relativamente sconosciuta, Dinigeer Yilamujiang, per accendere il calderone olimpico insieme a un compagno di squadra appartenente all’etnia Han, di maggioranza.
Le ripercussioni di queste scelte sono state tangibili. Nbc, la rete televisiva che possedeva i diritti di trasmissione negli Stati Uniti, ha rivelato che gli ascolti sono scesi a un minimo storico, calando del 43 per cento rispetto all’ultima edizione di PyeongChang nel 2018. Per di più, gli stessi atleti sono stati coinvolti nella politicizzazione dell’evento: lo si è visto chiaramente nel trattamento di una delle star di queste Olimpiadi invernali: Eileen Ailing Gu, sciatrice freestyle cinese nata negli Stati Uniti.
Chi è Eileen Gu?
Dall’età di nove anni fino alla sua prima medaglia d’oro nella Coppa del mondo di freeski slopestyle sulle piste italiane a Seiser Alm, Gu è stata considerata un’atleta statunitense: si allenava con la squadra nazionale, partecipando a eventi in tutto il mondo con la divisa a stelle e strisce. Dopo la sua vittoria in Italia, però, mentre si preparava per Pechino 2022 Gu ha preso la decisione controversa di cambiare squadra, affiliandosi al team cinese per onorare le proprie radici e aiutare nella promozione degli sport invernali in Cina, ispirando una nuova generazione di sciatrici e sciatori.
Il 6 giugno 2019, Gu ha postato questo messaggio sulla piattaforma social Weibo, dove ha quasi cinque milioni di follower: “Sono orgogliosa di rappresentare la Cina alle Olimpiadi invernali di Pechino 2022. Spero che gli sport estremi possano permettere alle persone in Cina e negli Stati Uniti di potenziare la loro comunicazione, intesa e amicizia… Pechino, sto arrivando!”.
Da quando ha preso quella decisione, Eileen Gu è progressivamente diventata una figura dominante nello sci freestyle femminile, finendo sul podio una dozzina di volte in eventi di Coppa del mondo – nelle discipline di halfpipe, slopestyle, e big air – e arrivando a Pechino 2022 tra le favorite per la medaglia d’oro in tutte e tre le competizioni. E il suo successo non si limita soltanto alle piste da sci. Gu si è guadagnata un posto alla prestigiosa università di Stanford e ha ottenuto sponsorizzazioni molto redditizie da marchi come Adidas, Tiffany e Louis Vuitton, fino ad apparire sulla copertina di Vogue, Elle e Marie Claire. Cose non da poco, insomma, per un’atleta emergente in uno sport relativamente nuovo e di nicchia come il freeski.
A Pechino 2022 Gu ha vinto due ori e un argento negli eventi big air, halfpipe, e slopestyle, attirando l’attenzione dei media internazionali e diventando, di fatto, il simbolo del team olimpico cinese, con la sua immagine tappezzata sui poster in tutte le strutture olimpiche. Ha persino causato un sovraccarico ai server di Weibo quando milioni di utenti hanno cercato di usare la piattaforma social per celebrare la sua medaglia d’oro l’8 febbraio.
Invischiata nel deterioramento delle relazioni Usa-Cina
Mentre in Cina Gu è stata messa su un piedistallo e adorata, negli Stati Uniti è stata oggetto di critiche da parte dei media e degli utenti social, offesi dalla sua decisione di lasciare la squadra nazionale del suo paese natale. Essendo cresciuta a San Francisco – dove ha vissuto e si è allenata con altri atleti statunitensi durante la sua infanzia e prima adolescenza – Eileen Gu è stata accusata di aver tradito le proprie radici e di aver scelto di competere per la Cina guardando ai proficui accordi di sponsorizzazione che avrebbe potuto ottenere grazie all’esposizione al mercato cinese.
Inoltre, molta dell’attenzione mediatica è stata riposta sul fatto che Gu non abbia condannato gli abusi dei diritti umani e della censura governativa in Cina, sostenendo che la sua scelta servisse soltanto a legittimare il governo cinese. È indiscutibile che Gu abbia deciso di tacere su questioni come il trattamento della minoranza etnica musulmana degli uiguri, l’oppressione delle libertà civili a Hong Kong e la repressione della libertà di parola tramite la detenzione dei giornalisti e la sorveglianza sul web.
Tuttavia, è altresì innegabile che abbia usato la propria piattaforma per attirare innumerevoli nuovi fan verso il suo sport, specialmente in Cina dove gli sport invernali hanno ancora una popolarità molto ridotta. Questo successo non è da sottovalutare o banalizzare, visto che Gu rimane prima di tutto un’atleta. Inoltre, la giovane ha sfruttato i propri account social – incluso Instagram che è proibito in Cina – per difendere la collega Zhu Yi, una pattinatrice artistica, anche lei nata in America ma membro della squadra cinese, che è stata vittima di cyberbullismo dopo essere caduta due volte nella gara a squadre, penalizzando il suo team che ha perso così l’occasione di finire sul podio, chiudendo invece in quinta posizione.
Parlando ai giornalisti l’8 febbraio, Gu ha offerto sostegno alla compagna di squadra: “Penso che sia eccezionale. Chiunque ce la faccia ad arrivare ai Giochi olimpici invernali è già eccezionale. Gli errori e la tensione fanno parte dello sport. Credo che molti atleti siano caduti oggi, come avete visto, quindi dovremmo mostrare un po’ di sportività […]. Certo, tutti vogliono che lei ottenga buoni risultati, ma lei è la prima a volerlo fare per se stessa. È per questo che spero che la gente provi a capire meglio la sua situazione. Credo che abbia fatto del suo meglio”.
Eileen Gu ha usato la propria influenza anche per difendere i diritti delle donne e condannare il razzismo negli Stati Uniti durante le manifestazioni del movimento Black lives matter, scrivendo su Instagram: “Vedere tutte queste persone impiegare i propri profili per richiamare l’attenzione su questi problemi mi rincuora. Tuttavia, non è abbastanza. Questo movimento è molto più di una semplice tendenza […]. Scrivete ai vostri rappresentanti locali o senatori, prendete parte a una manifestazione pacifica”.
Un’altra questione che sta molto a cuore ad Eileen Gu, essendo lei stessa una persona di origine asiatica che ha vissuto negli Stati Uniti, sono i crimini d’odio contro le persone di origine asiatica. In una storia su Instagram, ha scritto che: “L’idea che la mia stessa nonna, cinese, avrebbe potuto essere vittima di un crimine d’odio […] veramente mi terrorizza”.
Il ruolo dell’atleta
Dai giocatori di football americano che si inginocchiano durante l’inno, ispirati dal collega Colin Kaepernick e dal movimento Black lives matter, alle accuse mosse nei confronti degli organizzatori dei mondiali di calcio del 2022 in Qatar, viene da domandarsi se gli atleti debbano usare la loro influenza e partecipare attivamente nei dibattiti politici, una questione che rimane fortemente controversa.
Da una parte, gli atleti hanno una grande visibilità. Dall’altra, ce l’hanno grazie alle loro prestazioni sportive, non alle competenze in materie politiche o sociali. Se decidono di esprimersi è nostro dovere giudicarli per ciò che dicono. Ma, se non lo fanno, è giusto che siano condannati per non aver espresso un’opinione o non aver preso posizione su una questione che non sta loro a cuore o della quale non sanno abbastanza?
Durante una conferenza stampa a Pechino 2022, dopo aver vinto la sua prima medaglia d’oro, Eileen Gu ha risposto alle critiche dicendo che sta usando la propria voce per portare quanto più cambiamento positivo possibile in un ambito che la riguarda personalmente. A questa donna, di soli 18 anni, finita nel mezzo dell’attenzione mediatica globale e trascinata in dibattiti politici sul deterioramento delle relazioni tra Stati Uniti e Cina, è sembrato prudente attenersi alle questioni sulle quali si sente più sicura. Sembra inoltre opportunistico criticare lei, e non altri, per non aver assunto atteggiamenti più rigidi.
Guardando Gu ricevere le sue medaglie, avvolta nella bandiera cinese con un sorriso raggiante, è impossibile non rendersi conto di quanto la sua decisione sia importante per ispirare innumerevoli giovani nella Repubblica Popolare a provare uno sport invernale, puntando al successo olimpico. Non c’è dubbio che ci siano questioni sociali, ambientali e politiche che vanno discusse e non si possono ignorare, ma forse dovremmo trattare tutti gli atleti allo stesso modo, giudicandoli per le loro prestazioni sportive – ed eventualmente per ciò che dicono, ma non per ciò che non dicono.
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